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[SPECIALE] [RULE] Cosa pensano di noi all’estero: mini-sondaggio tra i corrispondenti stranieri
DAL VOSTRO INVIATO IN PADANIA, ITALY
[RULE]
[DIEWELT]Non può mancare, sul tema della secessione, il parere degli "altri". Nel senso di chi osserva le cose italiane dall’Italia ma senza esserne parte in causa. Un’opinione, quella dei giornalisti della stampa e televisione estera che lavorano tra Roma e Milano, che serve a capire meglio chi siamo senza il peso degli schieramenti politici e delle divisioni storiche. Insomma non la bibbia, ma un’occhio un po’ più neutrale. E a volte più esperto: come quello di chi (ex Jugoslavia, ex Urss) ha vissuto la secessione nella sua faccia drammatica o di chi (Svizzera, Germania, Usa) conosce da tempo luci ed ombre del federalismo. Allora, gli inviati del Times e della Cnn dovranno forse concludere i loro servizi con"... John Smith from Padania, Italy"?

[GUARDIAN][NEWYORKTIMES]

Andrea Mantineo (America Oggi-New York): il nostro giornale si rivolge agli italiani emigrati. E la lontananza si sa che acuisce il patriottismo. Senza contare che la maggioranza di loro è del Sud, quindi la Lega è mal vista. Tanto che sulla secessione riceviamo lettere infuocate, non ci crede nessuno. Tra l’altro non è vero che l’emigrato è sempre di destra: abbiamo fatto un sondaggio pre-elettorale ed è risultato che il 55 per cento era per il Polo e il 45 per l’Ulivo.

Teresa Bistello (Diario 16-Madrid): il Nord est è ricco, ma il livello di istruzione è basso. C’è la cultura del lavoro ma poca solidarietà. I giovani lasciano presto la scuola e vanno a lavorare in famiglia. Questo porta a non vedere la differenza tra il federalismo (buono) e la secessione (sbagliata). Il rischio per il Nord-est è di diventare una colonia della Germania, altro che indipendenza. La verità è che ci sono tante fabbriche e poco amore per la terra e per i problemi ecologici.

Philip Willan (European-Londra e Usa Today-Washington): Bisogna vedere se quello di Bossi è un bluff. Penso che voglia solo ottenere concessioni. Sempre che sia una persona sensata e intelligente. Certo è strano che in una regione così vicina alla ex Jugoslavia si faccia una proposta simile. Anche là nessuno immaginava cosa sarebbe successo poi. Cosa ne penserebbe l’amministrazione Clinton di una secessione? Non bene di sicuro. E poi dicono che uomini della Cia sono entrati nella Lega già anni fa...

Klaus Brill (Suddeutsche Zeitung-Monaco): Credo sia solo un gioco politico di Bossi, un manganello politico insomma. Non ha la maggioranza al Nord nè ha l’appoggio dei Paesi europei. A lui serve spingere sul federalismo. E l’Italia è un paese per tradizione adattissimo al federalismo. ma senza copiare dall’estero, deve sceglierne uno suo. Il pericolo piuttosto è che le parole troppo forti sveglino cani che dormono.

Vito Racanelli (Ap Dow Jones-New York): mi occupo solo di cose economiche, e non posso parlare di quello che ancora non è successo. Però chissà, in un prossimo futuro forse dovrò scrivere di due economie italiane...

Paul Bompard (ex corrispondente del Times-Londra): Nella secessione non ci trovo nulla di mostruoso. Così come è stata unificata 100 anni fa, l’Italia può essere cambiata. Non c’è nulla di sacro nei confini dell’Italia.

Marc Anthony Messina (Sun, People-Gran Bretagna): che un italiano veneto, lombardo, ligure o piemontese si sia stufato della burocrazia è normale. Se metti su un’azienda scopri che devi rispettare 1 e 400 regole, ho vissuto anni nel Veneto e ne so qualcosa. Bossi? E’ pericoloso, parla ma non sa che per attuare certe cose servono idee. Eppure ho amici che sono andati a Pontida e sembrano convinti.

Andrew Hill (Financial Times-Londra): quello che succede è il sintomo di qualcosa meno radicale, la secessione è l’espressione di questo sentimento. Ma non credo che a Nord tutti sarebbero d’accordo con la separazione. Il federalismo forse basterebbe. Ma il governo dovrà fare in modo che chi paga le tasse deve anche vedere il ritorno sul suo territorio.

Dimitri Polunin (agenzia Itar Tass-Mosca): per me la secessione è impossibile. Comunque ci sono i mezzi costituzionali per evitare lo scontro sul problema. In fondo anche l’Alto Adige ha risolto con l’autonomia regionale le sue esigenze. Certo pensavo che la secessione fosse solo un argomento per raccogliere voti, ora l’insistenza di Bossi mi inquieta.

Lyupka Milovanovic (agenzia Tanjug-Belgrado): beh, noi di queste cose ne sappiamo abbastanza. Infatti quello che fa Bossi è molto pericoloso. L’ex Jugoslavia? Dietro all’indipendenza di Slovenia e Croazia c’erano ragioni più importanti. Bossi dice che sarà una secessione passiva. Ma è aggressivo, insiste. L’unica differenza è che in Italia c’è un popolo solo, non tante etnie. Il vostro è solo un problema di ricchezza.

Rudolf Stamm (Neue Zurcher Zeitung-Zurigo): gli italiani sono italiani e non vogliono la secessione. Adesso si esagera a parole perché se non si esagera non si ottiene niente, si vuole dare più peso alle richieste. Comunque ho sentito dappertutto, nel Veneto, il bisogno di autonomia locale e regionale. E che questo sia un bene ne sono convinto. Ci saranno però gravi problemi di organizzazione. Il fatto è che il federalismo, e noi svizzeri lo sappiamo bene, parte dal basso: decretarlo dall’alto invece è difficile. Quello che serve al Nord è un’autonomia un po’ più spinta dello statuto speciale. Insomma se una città del Veneto vuole organizzarsi diversamente da una della Campania, lo trovo giusto. Ora però Bossi e il governo devono trovare il modo di parlarsi.

Rose Marie Borngasser (Die Welt-Bonn): la rivendicazione separatista, evidentemente esagerata, è solo la punta estrema, l’argomento più polemico della richiesta di un’autonomia avanzata e di un ordinamento autenticamente federalista. Soprattutto per la questione fiscale e per la gestione autonoma delle risorse prodotte.

Burke Gregg (Time-Stati Uniti): sulla situazione politica italiana non ho un idea netta, però mi sembra che il problema della secessione sia di quelli seri. All’esordio di Bossi, lui e il fenomeno Lega vennero classificato come folkloristici. Ora il Carroccio non può essere snobbato, si è portato a casa il suo pacchetto di voti, oltre ogni previsione. Ciò non è poco. Questi sono fatti. Quello che più mi ha colpito in questi mesi è stato un dibattito al quale partecipavano Fini, Berlusconi, D’Alema e lo stesso Bossi. Bene, sia il segretario del Pds, Massimo D’Alema, sia il leader di Alleanza Nazionale sottolineavano quanto sia importante sostenere lo sviluppo del Sud. Umberto Bossi, con quel suo stile rozzo, ma efficace rivolto alla destra e alla sinistra: «Voi siete sempre gli stessi - diceva - ma chi paga per lo sviluppo del Sud?». Già, chi paga, ha ragione Bossi, qualcuno deve pur pagare. Il suo ragionamento fila, però resta quella prima impressione che ti fa dire «ma questo qui è pazzo». Le ragioni dell’economia? Quando vado a Treviso vedo che c’è un’altra Italia, capisco che la gente è stufa di pagare. La secessione? Non credo sia un evento possibile, ma se il governo ed i palazzi della politica continueranno in questo atteggiamento di indifferenza o di sufficienza rispetto ai disagi suscitati dall’eccessivo prelievo fiscale e dal mancato federalismo, il Nord potrebbe anche stancarsi. Da noi, negli Stati Uniti, ogni Stato ha un grande potere, non vedo perché non si possa arrivare anche in Italia ad un forte processo di decentramento.

Yinlin Juan (agenzia Nuova Cina-Pechino): la secessione? Mah! Vorrei chiederlo a voi cosa sta succedendo in Italia. E’ veramente difficile capire la politica italiana. Il Paese non può separarsi, non è una parola facile secessione anche perché le sue conseguenze non sarebbero, a mio parere, indolori. Un processo di questo tipo potrebbe innescare più gravi problemi. Certo l’economia del Nord e quella del Sud sono talvolta agli antipodi, ma un intervento del governo può essere determinante. La soluzione? Stabilità politica, programmazione decisionale. Se l’esecutivo Prodi durerà 5 anni forse l’Italia ce la farà. Giudizio positivo sulla coalizione di centrosinistra? Per il momento preferisco essere prudente. Un consiglio? Ridurre al più presto la pressione fiscale».

Mauro Carrer e Alessandro Mognon

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