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[SPECIALE] [RULE] L'economista Gurisatti esamina i rischi del separatismo
I vantaggi competitivi
della Padania

[RULE]
La prima analisi scientifica, sia nel breve che nel lungo periodo, delle conseguenze economiche della separazione tra Nord e Sud ipotizzata dal leader della Lega, Umberto Bossi...

[GURISATI2] Nell'economia globale, secondo Ohmae, sono visibili quattro fenomeni che rendono la mediazione del governo nazionale sempre meno importante per lo sviluppo di un territorio:
- i consumatori, nelle diverse parti del mondo, tendono ad essere relativamente indifferenti alla "nazionalità" dei prodotti che consumano e ad assumere comportamenti omogenei anche dal punto di vista culturale;
- i capitali si muovono ormai con grande rapidità in tutti i continenti per sfruttare le migliori opportunità senza tener conto delle strategie macroeconomiche di singoli stati (e sono persino in grado di contrastare gli interventi delle autorità monetarie nel breve termine);
- le moderne multinazionali si muovono alla ricerca degli ambienti locali più favorevoli allo sviluppo dei propri business e sono sempre meno influenzate dai vantaggi offerti dalla nazione in cui hanno avuto origine;
- le informazioni si muovono con grandissima rapidità e le reti telematiche consentono di separare il luogo fisico in cui si prendono le decisioni dalla sede in cui vengono materialmente svolte le attività produttive.
In un contesto di questo genere non ha grande rilevanza porsi il problema di cosa potrebbe succedere all'Italia, se quest’ultima invece di essere una e indivisibile, fosse composta di diversi stati-regione della dimensione della Padania.
La capacità di governare i processi di sviluppo a lungo termine è sempre più limitata per le grandi nazioni ed è quasi nulla per i paesi piccoli. È il ruolo stesso degli stati nazionali che cambia nel nuovo contesto internazionale, diventa sempre più una funzione di mediazione "modesta" tra le forze dell'economia globale e le risorse locali.
Si può essere più o meno d'accordo con queste tesi sostenute da Ohmae, ma si deve convenire che la prospettiva di una secessione economica della Padania non conduce automaticamente alla conclusione che sia possibile avere subito un governo forte capace di pianificare lo sviluppo.
In un'epoca in cui il Nord Italia gode già di fatto di una elevata indipendenza economica, i fattori che intervengono a determinarne il vantaggio competitivo continuano ad essere quelli indicati da M.Porter nel suo libro del 1990 ("Il vantaggio Competitivo delle Nazioni, pubblicato in Italia da Comunità).
Porter afferma che la capacità di competere di una nazione (sia questa uno stato-nazione o una regione-nazione), l’abilità che consente di ottenere quote elevate di commercio internazionale e un buon valore aggiunto per addetto, dipende da fattori strutturali che in larga misura sfuggono al controllo dei governi e degli stati. Essi sono:
- il sistema delle regole che presiede al processo produttivo e concorre a determinare le strategie delle imprese e degli altri soggetti del territorio (esso trova le proprie radici più nella tradizione delle singole comunità locali che nei valori astratti di una carta costituzionale nazionale);
- il meccanismo della creazione dei fattori, che è tanto più efficace quanto più garantisce alle imprese forza lavoro sofisticata e capitali di rischio a lungo termine (anche questo trova sostanza nel tessuto delle istituzioni locali di formazione e trasferimento tecnologico, nella qualità del sistema bancario e delle altre strutture di servizio locali);
- l'organizzazione della domanda, vale a dire quel sistema di relazioni tra produttori e consumatori che può spingere le imprese a innovare, ad anticipare tendenze generali del mercato globale (anche questa trova fondamento nella cultura e nelle consuetudini sociali di ciascun territorio, oltrechè nella modernità delle strutture distributive);
- la specializzazione del sistema industriale (effetto rete), che è tanto più favorevole al vantaggio competitivo quanto più riesce a sostenere nel tempo relazioni virtuose tra settori industriali e di servizio (essa è molto forte soltanto in alcune concentrazioni geografiche particolari la cui sedimentazione è frutto di processi lunghi e complessi che raramente possono essere pianificati).
A ben vedere tutti questi fattori sono il prodotto della specifica storia e cultura di ogni regione e solo in parte sono modificati dall'intervento dei governi nazionali. In relazione ad essi la stessa Padania è tutt'altro che omogenea: essa comprende un triangolo industriale in declino ad ovest e un triangolo in sviluppo ad est, sistemi di grande impresa e terziario fordista nell'area di Milano e Torino, distretti industriali post-fordisti nella fascia pedemontana del Nordest.
Su questi fattori la costituzione di una nuova entità statuale non è detto che sia capace di intervenire meglio di quelle che sostituisce. A questo proposito si deve osservare tra l'altro che, nonostante il nemico sia spesso identificato con Roma, l'origine di molte inefficienze è chiaramente locale anche a Nord.
La strada pedemontana del Veneto non si realizza per le mille lotte di campanile e non per una opposizione dello stato centrale; l'autostrada Valdastico non prosegue da Vicenza verso Trento per l'opposizione della comunità locale di Trento; la TAV non si costruisce, perchè tanti piccoli comuni non si sentono interessati e non sono motivati a sacrificarsi per il successo della nazione neanche se questa si chiama Padania. Molto spesso non esiste consenso sulle strategie di sviluppo neppure tra i cittadini e i piccoli imprenditori che parlano lo stesso dialetto.
In questo quadro, per quanto nuovo ed efficiente possa essere un nuovo stato o una nuova banca centrale, le condizioni strutturali del tessuto sociale ed economico, quelle che producono la qualità dello sviluppo, non sono destinate a mutare.
Il futuro della Padania con la "P" maiuscola potrebbe essere dunque molto simile a quello della padania con la "p" minuscola. Con qualche preoccupazione in più, poichè la "P" maiuscola potrebbe portare a una moneta forte prima che sia definita la lista degli interventi necessari a sostenere i distretti del Nordest nella competizione con i paesi emergenti oppure gli aiuti che Fiat, Olivetti, Alpi Eagles comunque necessitano per sopravvivere nelle guerre in corso sui mercati mondiali di grande dimensione, controllati da oligopoli.
La questione centrale è allora cercare di comprendere in che modo un ipotetico governo della Padania (che non farebbe più parte dei G7) possa elaborare una politica economica coerente con lo sviluppo di lungo termine dello specifico sistema ereditato dalla secessione.
Da qualche tempo i giornali economici pubblicano indiscrezioni sui risultati raggiunti con modelli econometrici applicati al Nord indipendente. Il dato più significativo è l'andamento previsto per il tasso di cambio. I dubbi sulla correttezza delle simulazioni di cui si parla sono molti; ciò nonostante è chiaro che una rivalutazione della Lira Nord, a parità di altre condizioni, tenderebbe a penalizzare in modo significativo la capacità esportativa delle minori imprese, che si regge ancora oggi soprattutto su elementi di costo.
Tutti sanno che anche nel Nord Est, dove pure il trend delle esportazioni è stato positivo fino alla fine degli anni '80, senza la svalutazione del 1992 non si sarebbero ottenuti i risultati attuali, i livelli della disoccupazione sarebbero più alti e i proventi delle vendite all'estero meno abbondanti.
Date le carenze strutturali in termini di servizi e organizzazione del territorio il governo della Padania sarebbe in grave difficoltà ad impostare una politica di innovazione coerente con aspettative di forte rivalutazione della moneta.
In conclusione, proprio perchè risulta fin troppo evidente la necessità di riformare le istituzioni dello stato nazionale e l'esigenza di introdurre nuovi e più efficaci strumenti locali di governo, l'ipotesi indipendentista assume il sapore di una semplificazione pericolosa, che allontana dai problemi reali di lungo termine dell'area padana.
Se a questo aggiungiamo che non è stata ancora calcolata l'eventuale perdita in conto capitale delle imprese e famiglie del Nord che oggi posseggono BOT c'è da pensare che un futuro indipendente, dal punto di vista economico, sia meno interessante di una seria rivisitazione, sia pure in una nuova chiave territoriale, del patto nazionale.

Paolo Gurisatti (*Presidente dell’istituto di ricerca Poster)

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