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[RULE] Le ricette mediterranee della World Bank [RULE]

La Banca mondiale punta ad un mercato di 270 milioni di persone tra il Medio Oriente e il Nord Africa. I modelli di sviluppo vincenti in Italia coinvolti nel progetto per acquisire più di mille aziende nei paesi poveri.

BORSA L'economia mondiale punta ai paesi dell'area del Mediterraneo, tanto che World bank, l'istituto che concede prestiti per 200 miliardi di dollari ai governi sparsi ai cinque angoli del mondo, ha deciso di concentrare i suoi investimenti e le sue strategie finanziarie tra il Medio Oriente e il Sud Africa con aperture di credito, alle aziende interessate, anche alla piccola e media industria. Un segnale che segna una forte volontà di ristrutturazione della stessa Banca mondiale: le multinazionali, le grandi realtà produttive, le concentrazioni industriali segnano il passo a scapito dell'economia diffusa, dei distretti locomotiva. E allora sotto la lente d'ingrandimento ci finiscono, oltre alle zone a più alto contenuto di innovazione e ricerca scientifica della Germania e della Francia, anche alcune aree italiane che in questi ultimi due tre anni sono esplose come modelli industriali. Alla World bank interessa non solo quel Nord est celebrato come l'ombelico d'Italia, ma anche il modello emiliano e marchigiano, con le sue micro imprese e gli exploit in tema di esportazioni. La Banca mondiale, strutturata in aree operative, ha deciso dunque di ampliare la sua presenza nel bacino del Mediterraneo con lo scopo dichiarato di saldare le forti capacità di alcuni distretti alle necessità di sostenere lo sviluppo di aree in crescita.

Per ora World bank, attraverso il suo braccio operativo dedicato alle piccole e medie imprese, oltre ad aprire alcuni sportelli telematici che via internet forniscono informazioni alle imprese, ha deciso attraverso la sua sede di Washington, di valutare e finanziare progetti che viaggiano tra gli 8 e i 10 miliardi di lire. Progetti d'importo inferiore passeranno invece per le sedi di Londra e Parigi. Previste aperture nei fondi d'investimento e linee di credito anche ai consorzi d'impresa o di istituti di credito.

Così la World bank ha già messo in bilancio cinque miliardi di dollari per finanziare progetti industriali in Marocco, Algeria, Tunisia, Libano, Turchia, Siria ed Egitto, Emirati Arabi, Yemen, Kuwait ed Arabia Saudita.

C'è un mercato di 270 milioni di persone, due terzi dell'Europa, una economia che vale 600 miliardi di dollari èla valutazione di Daniel Ritchie , vice presidente della World bank per il Medio Oriente e il Nord Africa - Per dare il senso di quanto poco sia esplorato il mercato in questa vasta area basti sottolineare che incide solo per il 3 per cento negli scambi commerciali a livello mondiale e che gli investimenti internazionali contano una quota che finora è intorno all'1 per cento. Indicatori che segnalano sia le possibilità offerte da quest'area in termini di sviluppo, sia la forte richiesta di progetti economici in grado di garantire stabilità ai processi di pace.

La Banca mondiale non nasconde che tale strategia parte da analisi politiche, da richieste che vengono dai governi locali (il prestigioso istituto finanziario mondiale consulente, tra l'altro, del re del Marocco, del presidente dell'Algeria e dello stato della Giordania), da grandi progetti già avviati. In -vendita- ci sarebbero più di un migliaio di aziende che operano nei settori chimico, tessile, pelli e concia. Società create per la realizzazione di infrastrutture di base: dalle autostrade, alle reti telefoniche e telematiche nazionali, fino alle centrali elettriche. Uno dei settori particolarmente interessanti è quello turistico dove vi _ più di una possibilità per creare joint venture. Le richieste di investimenti, l'ultimo dato disponibile si riferisce al 1995, toccavano i 2 miliardi di dollari.

E le garanzie? World bank opera attraverso un braccio finanziario, si chiama Ifc, che si muove nel settore privato: offre assistenza, consulenza tecnica, prodotti specifici, partecipa ai rischi d impresa nel sostenere progetti a medio termine, punta sui fondi equity a capitale misto, favorisce società di leasing. Nel gruppo ci sono anche i servizi di Mida, società che copre con polizze assicurative i rischi di natura -politica-: eventuali colpi di stato o repentine svolte di politica economica. Quindi c'è Ixit, un tribunale internazionale al quale far appello nel caso di controversie. Il servizio più qualificato è certamente quella consulenza a tutto campo che valuta sia il singolo investimento, sia la possibilità di pressioni rispetto ai governi locali per favorire particolari modelli di sviluppo. Tra i progetti già avviati Ifc offre 40 fondi d'investimento nell'area dei Paesi del Mediterraneo per un totale di 1 miliardo e mezzo di dollari. Si tratta di sottoscrizioni riferite a società che offrirebbero prospettive di rendimenti non inferiori al 18-20 per cento.

Qualche altro esempio? In Libano Ifc ha aperto linee di credito a medio termine per 48 milioni di dollari, divisi in quattro banche. In Tunisia il gruppo mondiale ha un fondo equity al quale partecipano governo e privati. Per dare il senso di quanto il mercato del Medio Oriente e del Nord Africa sia nel mirino degli investitori internazionali basti dire che una banca privata americana ha in sottoscrizione un fondo di 250 milioni di dollari, una cifra da capogiro, per in vestimenti di capitali in Tunisia, Marocco ed Egitto. All'ombra delle Piramidi è nata anche la prima società di leasing a partecipazione estera. In Palestina è avviata invece la creazione di una banca d'investimento che vede la partecipazione azionaria di Ifc, del gruppo World bank.

Il Mediterraneo dunque piace. Non solo per la dieta a base di cereali e pomodoro. L'invidia non si ferma ai piatti di cous-cous, agli spaghetti con le cozze e peperoncino. Chi maneggia dollari 24 ore al giorno ha scoperto che un po' di America sta tra le Piramidi e il fiume Po.

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