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[RULE] Gli intellettuali su Schuster: «La Chiesa assolve se stessa»
Beata fu la mediazione
[RULE]
[SCHUSTER] La figura affascinante
e contraddittoria dell'arcivescovo
di Milano, «facchino della chiesa ambrosiana» venerato come
un santo per i suoi miracoli, criticato ancora oggi per la sua vicinanza al fascismo.


Si rifiutò di benedire la stazione di Milano e i gagliardetti fascisti, ma si ritagliò un importante ruolo di mediatore e di diplomatico chiamato più volte a trattare con il regime fascista. Qualcuno lo accusa di atteggiamento troppo accondiscendente, ai limiti dell’ambiguità, molti rivalutano invece il suo ruolo civile oltre che religioso. Per altri la sua beatificazione sarebbe il segnale che la Chiesa chiude una pagina di storia «assolvendo se stessa» - è la tesi di Carlo Bonini de "Il Manifesto". Per lo storico Mario Isnenghi il cardinale beatificato, è «tra gli amici del fascismo uno dei più esposti ed indifendibili».

Resta incontestabile che la figura di Ildefonso Schuster è una figura affascinante che nella storia ci ha lasciato una impronta leggera, ma indelebile, controversa, discussa e rivalutata più volte nel corso di questi ultimi cinquant’anni. Beato per la Chiesa, che il 12 maggio scorso lo ha proclamato tale, ma personaggio «scomodo» per più d'una voce della cultura laica. Il cardinale nero, l'abate di Dio, per 25 anni vescovo di Milano e «facchino della chiesa ambrosiana» per le sue asburgiche abitudini di iniziare a lavorare alle 3,30 del mattino, è ancor oggi capace di suscitare convinte adesioni, ma anche taglienti giudizi e «inquietanti interrogativi». Nella causa di beatificazione, che peraltro è stata caratterizzata da una prudenza distillata da qualche decennio, il lato lucente con testimonianze di guarigioni, miracoli, ed intercessioni che hanno salvato più d'una vita. Tra le molte grazie attribuite a Schuster, una riconosciuta miracolosa dalla Santa Sede, è quella della suora orsolina Maria Emilia Brusati, affetta da glaucoma bilaterale che la condannava alla cecità. Il 10 settembre 1956, chiese di essere accompagnata sulla tomba del cardinale in Duomo. Qui pregò a lungo ed ottenne la perfetta guarigione, continuando a vedere per oltre vent'anni, fino alla morte.

[MONTANELLI] Anche Indro Montanelli ha ammesso di essere nella lista dei miracolati. Il cardinale nel 1940 regalò al giornalista una medaglietta con l'immagine della Madonna. Prigioniero delle Ss a Gallarate, condannato a morte, Montanelli fece pervenire a Schuster una richiesta di aiuto accompagnata dalla medaglietta. Cinquant'anni dopo, tra i documenti inseriti dai postulanti nella causa di beatificazione, anche l'inedito scritto di Montanelli e i riscontri dell'intervento del cardinale. «La Chiesa ci ha messo decenni per esaminare e chiarire ogni minimo dubbio nel rapporto Schuster col regime fascista - dice Ennio Apeciti, sacerdote della Curia milanese che ha seguito la causa di beatificazione - due studiosi di opposte tendenze, Carlo Marcora e Paolino Beltrame Quattrocchi, hanno consultato gli archivi storici proprio per verificare eventuali appoggi o giustificazioni che, secondo le voci più ideologiche della cultura laica, il cardinale Schuster avrebbe fornito al regime. Il fatto che lui giudicasse interessanti certi valori, senza peraltro mai compromettersi, è stato scambiato per un atteggiamento eccessivamente benevolo. L’interesse di Schuster non fu mai per i simboli del fascismo, ma seppe sempre valorizzare ed intuire l’aspetto personale, i valori della fratellanza».

A pronunciare solo tre giorni dopo la beatificazione, un tranciante giudizio è lo storico Mario Isnenghi, infastidito in prima istanza «dall' imperante luogo comune per cui Schuster, il mistico del fascismo, oltre alla beatificazione religiosa, stabilita nell'ordine dei suoi valori dalla chiesa cattolica per uno dei suoi gerarchi, viene chissà perché gratificato dalla maggioranza della stampa da una analoga beatificazione di carattere politico e civile».

[PIVETTI] L’attualizzazione del dibattito intorno a Schuster ha provocato da un lato la sincera rivalutazione del cardinale da parte di quel vasto mondo cattolico che acclama la sua canonizzazione con pellegrini che scendono in massa a piazza san Pietro e l'ex presidente della Camera, Irene Pivetti, che prega sulla sua tomba; d'altro canto c'è stato anche il riconoscimento da parte della maggioranza della stampa laica di un ruolo non confinato alla sola rappresentanza religiosa. Marco Garzonio, giornalista de "Il Corriere della Sera", sottolinea la «capacità dell'arcivescovo di rappresentare un elemento di coagulo attorno ad alcuni principi essenziali umani e civili, prima che religiosi».
Più provocanti altre connessioni, che tirano in ballo l’aria di pacificazione nazionale e il discorso alla Camera del neopresidente Violante. Oltre il rigo delle interpretazioni resta l’attraente candore delle biografie su Alfredo Ludovico Ildefonso Schuster, vescovo di Milano dal 1929 al 1954, nato da Giovanni, zuavo pontificio e sarto, e da Anna Maria Tutzer, bolzanina che aveva 30 anni meno del marito. Ildefonso, gracile e ammalato, passa l’infanzia a giocare alla messa, si fingeva scopritore di catacombe; a 11 anni accompagnato dal suo benefattore il barone Pfiffer d’Althishofen, varca la soglia del monastero benedettino di San Paolo fuori le Mura. I suoi compagni lo descrivono «sempre con un libro in mano», nel suo diario lui si propone di evitare la tristezza perché è «il tarlo della vita contemplativa». Prende i voti solenni nel 1902, dopo aver conseguito studi filosofici e di teologia. La sua carriera ecclesiastica lo porta in poco tempo ai vertici della sua congregazione e sempre più «consulente» della Santa Sede come presidente della Commissione di arte sacra e Visitatore apostolico dei seminari. Il 1929 papa Pio XII lo nomina arcivescovo di Milano e subito dopo cardinale «insigne per pietà e multiforme dottrina». A norma del Concordato appena firmato fu il primo vescovo che giurò nelle mani del re. Il suo atteggiamento verso il fascismo fu considerato oscillante tra il consenso ai limiti dell’apologia e la critica, ma lo stesso regime ebbe su di lui contrastanti opinioni: porporato degnissimo e simpatizzante del regime - secondo il ministro Rocco - nemico convinto ed inconciliabile del fascismo - secondo i rapporti della polizia segreta. Per i milanesi merita la fama di beato anche per aver salvato la città dalla distruzione, per i critici resta il cardinale che benediceva le camicie nere. La contraddizione e il dubbio, ancora una volta, accompagnano la santità.

Mauro Carrer

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