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[RULE] Torino ripensa a Felice Casorati nell'anniversario della sua nascita [RULE]
[FANTASMI1] L'interessante mostra che espone alla Fondazione di Palazzo Bricherasio fino al 30 giugno le opere prodotte da Casorati dal 1920 al 1940, ripropone al pubblico una delle più significative figure d'artista ma anche di intellettuale degli anni italiani tra il secondo dopoguerra e le prime avvisaglie postmoderne.

Anni importanti in cui si assemblano o si ritagliano le tendenze del nostro Paese con quelle europee più avanzate, dopo la lunga sonnolenta pausa primottocentesca in cui la cultura figurativa italiana non era riuscita, malgrado la presenza di qualche vivacissima figura isolata, a saldare i suoi sistemi espressivi con quelli europei.

[CASORATI02] foto 2

Anche nell'ambito della carriera artistica di Casorati si tratta di un ventennio di grande interesse per verificare il suo sviluppo artistico. Egli, infatti, esordisce nella pittura nel 1907, esponendo alla Biennale di Venezia e le opere di quegli anni risentono moltissimo delle suggestioni simbolico decorative della Secessione Viennese, in modo particolare di quelle di Gustav Klimt, come è evidente nei dipinti "Ritratto della sorella Elvira" (1907) [foto1], "Primavera", "Mattina" (1913) o "La via lattea" (1914).

Il trasferimento a Verona, città in cui risiederà fino al 1915, la sua frequentazione con l'ambiente artistico più avanzato di Ca' Pesaro a Venezia (dove espone su invito, nel 1913) e con artisti Arturo Martini, Gino Rossi, Pio Semeghini, segna una svolta importante nella sua pittura che annuncia quella, oggetto della mostra, degli anni torinesi.

[CASORATI03]foto 3

Trasferitosi a Torino negli ultimi anni della guerra, egli diventa una figura di punta nell'avanguardia artistica: amico di P.Gobetti e di L.Venturi, è consapevole di avere una responsabilità intellettuale, ugualmente interessato dalle soluzioni proposte dal Surrealismo di De Chirico e di Carrà, dal movimento Novecento, riesce tuttavia a superarle. Espone con con Oppi, Funi, Sironi, Morandi e il grande successo delle sue opere alla Biennale di Venezia del 1924, conferma l'alta qualità espressiva del suo lavoro. Sono di questo periodo dipinti come "Giovinetta" (1922) o "Bambino vestito di bianco" (1923). In modo particolare Casorati sembra essere attratto dalla funzione misteriosa delle figure silenziose disposte in uno spazio simile a quello della Metafisica, con dei caratteri espressivi che vanno sotto il nome di Realismo Magico; in questa tendenza espressiva, che è perfettamente interpretata da "Meriggio" (1923) [foto 2], l'artificiosità irreale, magica appunto, della posa delle figure e degli oggetti si coniuga con il realismo quasi fotografico dello spazio e dell'uso della luce.

[CASORATI01]

foto 4

Tuttavia c'è sempre nell'artista un margine di distacco che gli impedisce di aderire incondizionatamente a questa o a quella definizione poetica: fin dal 1919, a contatto con la pittura metafisica, gli era venuta la conferma della necessità di un "classicismo" che aveva dato l'avvio alla costruzione di grandi forme statiche, estremamente semplici e severe, disposte in uno spazio prospettico rigoroso, come testimonia l'emblematica "Attesa" (1921) [foto 3]. Non si tratta di un richiamo all'ordine come quello praticato negli Anni Venti dal movimento di Valori Plastici, nazionalista e fondamentalmente astorico, ma di una ricerca condotta rigorosamente a conseguire il controllo razionale della forma e la solidità plastico-volumetrica.

Dagli inizi degli anni '30 la sua situazione si ridefinisce in modo sostanziale. Casorati diviene più intimista e poeticamente si isola, pur rimanendo sempre coinvolto nei dibattiti artistici di quegli anni, esponendo in mostre collettive a livello internazionale e anzi approfondendo il suo interesse per altri e rinnovati temi, quali il design e le arti applicate ed entrando nel vivo di originali iniziative: progettando il Piccolo Teatro di Casa Gualino a Torino, la "strada commerciale" alla Biennale di arti decorative di Monza (1927), l'atrio della mostra dell'architettura alla Triennale di Milano (1933). Tuttavia l'interpretazione quasi simbolica della solitudine si evidenzia in tutta la sua opera di questi anni, sia che si tratti di figura, come nei gauguiniani olii "Ragazza nuda" (1937) [foto 4] o "Nudo nello studio" del 1939, ma anche nella rappresentazione di un tema tradizionale e apparentemente senz'anima come la natura morta.

Giovanna Grossato

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