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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Dicembre 1999


Intervista a Harrison Ford

All’età di cinquantasette anni Harrison Ford conserva intatto il suo fascino, che sembra quasi risultare scolpito e impreziosito dal tempo. Una virtù “di famiglia” quella che sembrerebbe avere idealmente ereditato dal suo padre cinematografico Sean Connery, con cui condivise innumerevoli diverbi e divertentissime avventure in Indiana Jones e l’ultima crociata, terza puntata della serie basata sulla vita dell’affascinante archeologo. Saga che manca dagli schermi da dieci anni e di cui Spielberg starebbe pensando di realizzare per il 2001 un seguito. E qualora ci fosse l’occasione Harrison Ford accetterebbe subito di indossare ancora il cappello di Indiana Jones, visto che lui ama molto lavorare fianco a fianco con Steven Spielberg e il creatore della serie, quel George Lucas che nel 1973 affidò a lui ancora semi sconosciuto un ruolo nel film generazionale di quell’epoca: American Graffiti. Ford, falegname di professione, iniziò così a compiere i suoi primi timidi passi a Hollywood lungo un sentiero che avrebbe attraversato gli ultimi trenta anni del cinema americano. Mai eppoi mai avrebbe pensato di partecipare a tanti film importanti, lui che ancora oggi quando è pagato circa venti milioni di dollari a pellicola, ricorda di non avere mai neppure lontanamente sospettato di avere – un giorno – un ruolo da protagonista in qualche mega produzione hollywoodiana. Uno strano caso della vita se pensiamo che l’Harrison Ford che nel Duemila gira per il mondo con tanto di guardia del corpo ed è sempre attento a misurare le parole di ogni affermazione che fa, ha addirittura partecipato – senza venire mai citato – a una pellicola d’autore come quel Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni simbolo di un’intera epoca ormai conclusasi da molto tempo. Il suo grande amore per la moglie e per i figli è fuori discussione, visto che da sempre rinuncia a una carriera da regista per non dovere lavorare oltre i sei mesi all’anno che trascorre girando film che quasi sempre stazionano per settimane ai vertici delle classifiche di incasso di tutto il mondo. Come l’ultimo Destini Incrociati diretto da Sidney Pollack e interpretato in coppia con l’affascinante Kristin Scott Thomas che ha guadagnato in soli tre giorni, ben quattordici milioni di dollari andandosi a piazzare direttamente al secondo posto della classifica americana. Un altro ruolo in cui Ford sfrutta la personalissima vena di duro dal cuore buono e a tratti ingenuo, capace di stabilire una stretta sintonia con il suo pubblico, principalmente femminile che lo ha amato e seguito in tutti i film che l’attore ha fatto. Partendo proprio da quella trilogia di Guerre Stellari di cui va molto fiero e che – con una semplice espressione del viso – ci fa capire che considera ancora imbattibile, soprattutto in confronto con il primo deludente episodio della nuova serie, iniziata con La minaccia fantasma. Ripercorrendo a ritroso la sua carriera, troviamo innumerevoli sue interpretazioni che hanno in qualche maniera segnato la storia del cinema: da Il testimone di Peter Weir a Blade Runner di Ridley Scott, da Frantic di Roman Polanski a Presunto innocente del recentemente scomparso Alan Pakula l’attore ha sempre incarnato l’eroe determinato a scoprire la verità, approfondendo un carattere a metà tra il romantico e il pragmatico. Quanto lui assomigli nella sua vita privata ai personaggi che interpreta è difficile dirlo. Molti addetti ai lavori lo considerano uno degli attori di Hollywood più odioso e scostante, leggermente ammorbiditosi con il passare degli anni, fatto sta che la sua simpatia artistica rimane fuori discussione.

Mr. Ford, in Destini incrociati lei finisce per riunire in un unico personaggio le principali caratteristiche dei suoi ruoli precedenti: è contemporaneamente un duro e un romantico. C’è uno dei due aspetti cui si sente idealmente più vicino?

Il piacere del mio lavoro sta proprio nell’interpretare tipi e personaggi differenti in pellicole diverse tra loro. Ed è stata sempre la mia ambizione più grande esplorare i confini del personaggio principale. Francamente, non avrei mai pensato di riuscire a diventare un attore importante al punto di essere il principale protagonista di produzioni hollywoodiane. Quando ero giovane e pensavo alla mia carriera, immaginavo che avrei avuto ruoli da caratterista o da attore ricorrente e che quindi mi sarebbe stato possibile un numero davvero esteso di parti diverse. In questo senso – guardando indietro alla mia carriera – sono contento di avere interpretato dei personaggi più semplici per poi passare a ruoli sempre più complessi.

Un elemento che distingue i suoi ruoli d’azione da quelli dei suoi colleghi è il fatto che nei suoi film riesce sempre a creare un legame con il pubblico. Di contro ad attori come Arnold Schwarzenegger, Sylvester Stallone e altri, i suoi personaggi non sono così sicuri di se stessi e scoprono le cose insieme agli spettatori. E’ un caso oppure una caratteristica precisa dei ruoli che sceglie?

E’ un concetto molto interessante e non ci avevo mai pensato. Credo che abbia ragione. Nei miei film io prendo sempre in considerazione il pubblico. Non tanto per le sue aspettative, quanto piuttosto per la sua intelligenza. Penso di dovere allo spettatore il diritto di farlo sentire vicino al personaggio che io interpreto. Non mi interessa vedere raccontare le storie da prospettive differenti e distanti. Questo ha anche una maggiore riuscita dal punto di vista della drammatizzazione narrativa rispetto a qualsiasi altra alternativa. Mettere un personaggio più avanti del suo pubblico non ha senso. Io preferisco trovare questi elementi ben strutturati in una sceneggiatura articolata ed è possibile che io graviti inconsciamente intorno a ruoli e film che offrono sempre questo tipo di implicito rapporto di collaborazione tra me e il pubblico.

Il successo di quest’estate de La mummia è una riprova – qualora ce ne fosse bisogno – del desiderio del pubblico di assistere a un certo tipo di film di avventura. Pensa che la rivedremo mai nei panni di Indiana Jones?

Il metodo che abbiamo sempre usato fino ad ora è quello che George Lucas si fa venire un’idea traccia un trattamento della sceneggiatura che affida a uno scrittore. Questo fa pervenire il suo lavoro a Spielberg e a me, poi, decidiamo insieme che cosa va e che cosa non va. Al momento non c’è una sceneggiatura.

C’è forse un ‘trattamento’ allora

Non lo so.

Eppure un paio di anni fa si era parlato di un possibile Indiana Jones 4 e il continente perduto. Una storia basata sulla ricerca di Atlantide e – si era detto – che la famiglia Jones dopo lei  e Sean Connery sarebbe stata allargata a Kevin Costner nei panni del fratello di Indiana…

Mi giunge come una cosa un po’ nuova…

Le piacerebbe?

Non so cosa dirle, a me piace molto quel genere di film con o senza Kevin Costner.

Come considera i suoi personaggi: degli eroi, forse?

Non credo di avere mai firmato un contratto per girare un film pensando che mi venisse proposta la parte dell’eroe. Credo, piuttosto che mi sia stato chiesto di interpretare un archeologo, uno studioso, un poliziotto, un avvocato e così via. L’unica cosa che li rende ‘eroici’ è che accettano di affrontare la sfida che la sceneggiatura pone sul loro cammino. Non ho mai pensato a loro come a degli eroi. Sarebbe molto dannoso affrontare un personaggio con questa idea preconcetta, anche se molti miei colleghi si sentono degli eroi nei loro film.

Ma lei crede agli eroi?

No, ma vedo molte persone che si comportano in maniera eroica. Cosa significa poi essere degli eroi? Secondo me vuol dire agire senza pensare a se stessi, anteponendo a tutto i bisogni e gli interessi di qualcun altro.

Lei è un appassionato del volo come pilota di piccoli di aerei. Da dove nasce questo amore?

La cosa che mi ha portato a volare era l’idea di sviluppare un’abilità, imparando in un’età non più giovane a confrontarmi con una disciplina importante. Era parecchio tempo che non mi applicavo a qualcosa dal punto di vista di imparare a farlo. Amo molto le macchine e i loro rumori. Mi piacciono le persone che incontro nell’ambiente aeronautico: il ragazzo che ti riempie il serbatoio, il metereologo, i meccanici e gli altri piloti che io incontro non come star di Hollywood, ma come un altro pilota. Volare mi fornisce un’altra identità ‘vivibile’. Non c’è niente di più noioso di spendere le proprie giornate come ‘un famoso attore’. Una giornata da pilota per me è magica, invece.

Questo conferma che lei era la scelta migliore di Spielberg per il film su Charles Lindbergh, il primo trasvolatore atlantico…

Ecco, quello che lei ha citato era un ruolo davvero interessante sia per i suoi aspetti positivi che per quelli negativi. Poi Steven ha preferito non fare un film su un noto antisemita e quindi non mi sono più posto il problema di come dovere interpretarlo.

Le dispiace che il personaggio di Han Solo non abbia un suo antenato nella nuova trilogia di Star Wars?

Questo è l’ultimo dei miei problemi, anche se capisco che il suo è un modo carino per chiedermi cosa penso di Episodio I.

Allora, visto che ha smascherato il trucco: cosa pensa de La minaccia fantasma

La mia risposta precedente è da considerare una replica diplomatica a tale riguardo.

Lei è stato dopo Alec Baldwin il protagonista della trilogia di Jack Ryan, personaggio tratto dai libri di Tom Clancy. Ha mai pensato di girare un altro film nei panni di questo personaggio dopo Giochi di potere e Sotto il segno del pericolo

Attualmente stiamo sviluppando una sceneggiatura sulla base del romanzo The sum of all fears e se lo script sarà buono, penso di farlo, perché quello di Ryan è un personaggio che mi piace molto.

Quale sarà il suo prossimo film?

Una pellicola diretta da Robert Zemeckis What Lies Beneath. Sarò un genetista dell’Università del Vermont sposato a Michelle Pfeiffer.

Marco Spagnoli

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