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redarrowleft.GIF (53 byte) Primopiano Dicembre 1999

Parigi è sempre Parigi... (3)

par3a_p.jpg (11955 byte)Al Mercatino delle Pulci non ci vai certo per vedere come aspettano lì il 2000. Ci vai per trovare non sai bene che cosa, consapevole che qualcosa comunque troverai. All'inizio, appena fuori dalla metropolitana, ci sono quelli con la borsa da ginnastica ai piedi, che vendono maglie.
C'erano anche quindici anni fa, ma ciò che è cambiato è che mentre prima erano anonime, adesso hanno tutte una loro marca ben nota. Ma non è l'unico dei cambiamenti. Giro giro, ma non ritrovo la spontaneità di una volta. Adesso tutto è strutturato a negozietti belli e puliti, dove puoi pagare con la carta di credito. Nessuna traccia delle bancarelle che ricordavo. Nel cuore della zona c'è poi una costruzione tipo centro commerciale, con le scale mobili, le toilettes: ma che mercatino è mai questo? Dopo un'ora e mezza tutta così, mi arrendo consapevole di correre il rischio che poco più in là magari avrei trovato quello che cercavo.

Non sono mai entrato in un ristorante italiano all'estero. Ma alle due e mezzo del pomeriggio, nel cuore del Mercatino delle Pulci, non trovo di meglio. Entro e il cameriere al banco (un grillo, salta da una parte all'altra facendo caffè, riempiendo bicchieri di birra, conversando coi clienti) sta canticchiando il nuovo di Baglioni. Un suo collega ci accoglie parlando in perfetto italiano ma con l'accento francese. Alle sue spalle il boss, invece, si esprime in napoletano verace: Pizzeria Ristorante Napoli si chiama, guarda un po', il posto.
par3d_p.jpg (11653 byte)Dal soffitto cadono giù delle bandierine tricolori in plastica, di quelle che vanno benissimo quando ci sono i mondiali. Solo che il bianco è ingiallito. Come il rosso dell'adesivo del Milan appiccicato sul vetro del pizzaiolo e che è diventato quello del Palermo, rosanero. Boss e cameriere staranno tutto il tempo a sfottersi amabilmente a vicenda dando spettacolo. Una delizia per i clienti francesi e americani che ci sono dentro. È quello che loro si aspettano da noi: la commedia. Al Napoli, mangio comunque una delle più buone aglio, olio e peperoncino della mia vita.

Il quartiere della Défense era appena agli inizi, nel 1982. Il suo Arco nemmeno un progetto. Un sogno nella mente di François Mitterrand, forse.

Ricordo che mi rifiutai di visitarlo, il quartiere. Il mio ingenuo romanticismo di ventenne, che amava Rimbaud e Verlaine, non poteva accettare l'idea di un posto fatto di grattacieli dove uno, al suo interno, poteva fare tutto: abitare, lavorare, fare la spesa, andare in palestra. Tutto dentro lo stesso edificio. La mia poesia non poteva accettare tanta prosaicità.
par3c_p.jpg (8472 byte)L'Arche de la Défense, invece, e tutti i grattacieli che ci stanno intorno, sono commoventi. Per il pensiero architettonico che c'è dietro (è fin banale dirlo, lo so), per la loro maestosità (che hanno anche quelli di New York, sì, ma questa è Parigi...) e per l'aver saputo rendere omaggio alla contemporaneità, alla incontrovertibile marcia del tempo. Ma il momento più emozionante non è sopra, in alto, quando vedi tutta Parigi dall'alto, il cuore rimbalza quando sei sotto all'Arco e guardi in fondo, verso quell'altro, quello del Triomphe, che - ora che sono passati tutti questi anni e la poesia mi ha ahimé abbandonato - mi piace molto meno di questo, che ti sorprende immenso appena la scala mobile ti fa mettere il naso fuori dalla metropolitana.

C'è una mostra di Colette e il destino delle donne nel '900, su in alto. Resterà aperta fino al 16 gennaio, tutti i giorni dalle 10 alle 19. In mostra c'è anche il tavolo dove Colette scriveva i suoi libri, le foto di lei con la penna in mano davanti a quadernoni enormi. Invece, da qua su, dal bar dell'Arc de la Défense, mando le pagine (i byte?) e le foto del taccuino di oggi. Da questo luogo che è l'omaggio al tempo che corre e al quale a mia volta rendo omaggio a distanza di anni. Lo faccio attraverso la scrittura e la tecnologia. Fuori, fra poco, sarà già buio, e davanti allo spettacolo di prima, ora fatto di luci, mi chiederò di certo come sarà vederla da qui, la mezzanotte del 31 dicembre 1999.

Roberto Ferrucci

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