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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Marzo 2002


 I film di Marzo 2002 (I)

Black Hawk Down {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Regia: Ridley Scott; Sceneggiatura: Ken Nolan tratta dal libro di Mark Bowden "Falco Nero"; Fotografia: Slawomir Idziak; Montaggio: Pietro Scalia; Scenografia:Arthur Max; Musica: Hans Zimmer; Interpreti:Josh Hartnett, Eric Bana, Ewan McGregor, Tom Sizemore, William Fincher, Sam Shepard; Produzione: Jerry Bruckheimer; Anno di produzione: USA 2001 – Colore – 143 minuti

Anche se dal punto di vista dei dialoghi e – soprattutto – sotto il profilo concettuale Black Hawk Down propone una sceneggiatura molto semplicistica, appesantita da una sequela quasi imbarazzante di deja vu fondata sui luoghi comuni del cinema bellico (il sergente dal cuore buono, l’eroe burbero, il pauroso che diventa coraggioso…), dal cinematograficamente parlando questo film che il regista britannico reduce dai successi di Hannibal e Il gladiatore ha voluto dedicare alla missione militare in Somalia si presenta come un documento a dir poco sconvolgente. Anche se il pubblico ha per la maggior parte la mente abbastanza fresca per quello che riguarda l’esito negativo della spedizione sotto l’egida delle Nazioni Unite chiamata Restore Hope, i fatti del 3 ottobre 1993 che videro coinvolti circa un centinaio di militari americani sulle tracce del famigerato generale Aidid vengono trasformati nell’emblema di una guerra assurda e terrorizzante. Le diciotto ore che videro intrappolati nel quartiere del mercato di Mogadiscio un gruppo di veterani della squadra speciale chiamata Delta Force e un pugno di Rangers vengono trasformate da Ridley Scott in un feroce atto d’accusa contro la brutalità della guerra in grado di fare a pezzi ogni retorica bellicista e ogni dichiarazione insensata di supremazia militare. Anche se dal versante politico il film è solo tiepido nei confronti delle motivazioni che hanno spinto l’intervento militare in Somalia (scegliendo come escamotage di puntare sulla retorica dei "compagni di trincea") è attraverso la crudezza estrema delle sue immagini che Scott sembra firmare una dichiarazione di intenti antibellicista e antimilitarista. Dal punto di vista cinematografico, il primo film impegnato a raccontare l’unica recente operazione militare americana all’estero rimasta fuori dall’attenzione dei riflettori è decisamente straordinario. Black Hawk Down riprende e porta alle sue massime conseguenze il filo rosso della narrazione cinematografica della guerra, rendendo – in paragone – quasi "delle passeggiate" capolavori come Apocalypse Now!, Full Metal Jacket, Platoon e Il giorno più lungo. Tramite questo film, infatti, lo spettatore è portato in prima linea in una battaglia senza sosta e senza quartiere dove la percezione dell’inferiorità numerica e del pericolo dietro ad ogni angolo risulta in grado di infondergli un’angoscia con pochi precedenti. Con un realismo agghiacciante, enfatizzato da una regia velocissima, riequilibrata su punti di vista diversificati che non risparmia nulla allo spettatore, Ridley Scott si libera del politicamente corretto che aveva influenzato negativamente alcuni suoi film recenti come Hannibal e G.I. Jane, per proporre al pubblico uno spettacolo selvaggio e spaventoso in cui le parole diventano inutili dinanzi alla ferocia e alla drammaticità degli scontro a fuoco tra militari americani e miliziani somali. Una battaglia senza esclusione di colpi che vede coinvolti anche i civili in un turbinio spaventoso di sangue, dolore e morte. Black Hawk Down che prende il titolo dalla frase che viene pronunciata quando sono abbattuti gli elicotteri Black Hawk su cui vengono trasportati i militari durante le missioni, è un film sul senso di sconfitta in una guerra apparentemente inutile. Interpretato da alcuni attori di Pearl Harbor come Hartnett e Sizemore che già avevano lavorato con il produttore Bruckheimer, il film è accompagnato dalla colonna sonora di Hans Zimmer che torna dopo Il gladiatore a collaborare con Ridley Scott. In attesa di altri film sulla guerra come We were soldiers con Mel Gibson e Windtalkers di John Woo, Black Hawk Down oltre a riproporre l’ennesimo tema della perdita dell’innocenza tramite il cosiddetto "battesimo del fuoco", cerca di riflettere sul senso di un coinvolgimento militare in luoghi e paesi lontani.

Un film drammatico e doloroso in cui il pubblico è bersagliato per oltre due ore da narrazione cinematografica estrema, violentissima e totalizzante. Come dire: il cinema ricrea la realtà del dramma per costringere lo spettatore a riflettere senza filtri e – soprattutto senza il tempo di pensare – esattamente come è capitato a un centinaio di soldati americani ai primi di ottobre di quasi dieci anni fa.

Il favoloso mondo di Amelie (Le fabuleux destin d’Amelie Poulain) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Di Jean Pierre Jeunet con Audrey Tatou – Mathieu Kassovitz – Rufus

Dopo Alien 4 – la clonazione e Delikatessen Jean Pierre Jeunet torna alla regia con un film – capolavoro in cui tutto si fonde alla perfezione. Candidato francese agli Oscar, Amelie renderà durissima la vita a Nanni Moretti con il suo amore per la vita e la sua passione per le piccole cose. Un film di argomento fantastico, una favola meravigliosa di cui è protagonista Amelie una ragazza che dopo anni al limite dell’autismo ha deciso di cambiare il mondo. Non proprio tutto, quello che la circonda fatto di persone qualsiasi, adoperando qualsiasi mezzo. Una commedia divertentissima che riempie il cuore di gioia di vivere e che con ironia diventa una sorta di "Pulp Fiction dell’anima" in cui cinema e buoni sentimenti si uniscono in un’amalgama perfetta. Una pellicola da non perdere per nessun motivo che in Francia è diventata un film di culto e che anche da noi sarà presto celebrata come uno dei migliori film degli ultimi anni. Una sintesi post moderna della realtà che ci circonda che in ogni secondo di film propone idee sorprendenti. Una commedia romantica girata come una pellicola d’azione. Si può chiedere di più dalla vita? Soprattutto quando ad una regia interessante corrisponde una sceneggiatura serrata interpretata da attori simpatici e credibili? Decisamente no. In un cinema fatto di grandi emozioni, Amelie è la donna destinata a cambiare la nostra vita.

Vanilla Sky {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Di Cameron Crowe con Tom Cruise – Penelope Cruz – Cameron Diaz – Kurt Russell – Noah Taylor – Jason Lee

Basato su Abre Los Ojos il film che ha rivelato al mondo il regista Alejandro Amenabar e l’attrice Penelope Cruz, Vanilla Sky è uno strano film di cui sarebbe meglio non sapere nulla prima della sua visione. Già il definirlo un thriller fantascientifico è un torto necessario che si compie nei confronti del potenziale spettatore. Con la sua colonna sonora costituita da canzoni di R.E.M. e Peter Gabriel, Vanilla Sky infatti sembra non avere niente di eccezionale sotto il profilo narrativo e – per tutta la pellicola – sembra un’altra di quelle commedie in cui il ragazzo ricco deve caricarsi la bella di turno. In realtà la storia di un editore molto facoltoso di New York (Cruise) accusato di avere ucciso qualcuno e lacerato dall’amore per due ragazze (Diaz e Cruz) sembra, infatti, appartenere piuttosto al genere giallo – rosa. In realtà, e qui sta il grande genio di Cameron Crowe, tutto si ribalta in un finale in crescendo dove nulla è più come sembra. Le ultime scene sono dunque la spiegazione anche stilistica di incentrare tutto il film su Cruise che è il perno di questa storia noir che per atmosfere e disperazione ricorda un po’ quelle di Gattaca. Certo, la presenza dell’ex marito di Nicole Kidman in ogni scena sebbene sensata risulta vagamente insopportabile, ma si è parzialmente ripagati da questo piccolo danno dalla presenza di un cast di attori veramente notevole con Kurt Russell, Noah Taylor, Jason Lee, Tilda Swinton e addirittura una brevissima apparizione di Steven Spielberg. Senza volere fare paragoni con l’originale quello che colpisce di più di Vanilla Sky è il suo costruire di continuo falsi rimandi per il pubblico allo scopo di trarlo in inganno.

Una pellicola che può non piacere per alcune ruvidità eccessive e per gusti personali (davvero rinuncereste a Cameron Diaz per Penelope Cruz?), ma che sorprende per la sua originalità nata nell’angoscia e nell’incubo.

L’inverno {Sostituisci con chiocciola}

Di Nina Di Majo con Fabrizio Gifuni, Valeria Bruni Tedeschi, Valeria Golino

Piccolo film sulle nevrosi e le insoddisfazioni di due coppie, la seconda pellicola realizzata da Nina di Majo manca volutamente di un contatto forte con la realtà, sulla scia di Bergman, Antonioni e Woody Allen. Peccato, però, che con uno stile visivo vecchio la recitazione degli attori e soprattutto l’interessante trasformazione interpretativa delle due Valerie (Golino e Bruni Tedeschi) venga immolata sull’altare di una verbosità eccessiva per una storia che non riesce ad essere mai coinvolgente nella sua prevedibilità.

Da 0 a 10 {Sostituisci con chiocciola}

Di Luciano Ligabue Stefano Pesce, Pierfrancesco Favino, Massimo Bellinzoni,
Barbara Lerici, Stefania Rivi

L'atteso ritorno alla regia di Ligabue, dopo l'exploit di Radiofreccia, in una nuova e storia su un gruppo di amici che si ritrovano per riprendere un weekend interrotto vent'anni prima. Se l’ispirazione del film precedente è molto lontana, questa farsa sui trentenni in crisi (incredibile, ma vero…) è una storiella come tante altre sulla provincia e sui sogni che si vorrebbero potere continuare a fare. Una pellicola debole e tutt’altro che brillante o energica in cui anche Ligabue sembra essersi piegato alla logica del tempo che passa. Un film di cui si poteva fare francamente a meno nonostante tutto il battage pubblicitario che ce lo vuole proporre come la panacea per i nostri tormenti cinefili.

Danni collaterali {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Arnold Schwarzenegger – Francesca Neri – Elias Koteas – John Turturro Sceneggiatura David & Peter Griffiths Regia Andrew Davis Anno di produzione USA 2001 Distribuzione Warner Bros. Durata 107’

Dopo lunghi rimandi la produzione ha deciso che il pubblico è pronto a vedere un film che ricorda non a caso la tragedia dell’11 settembre. Ma lo spettatore è davvero in grado di seguire una pellicola del genere, impregnata su quella che è e resta poco più di una storiella, vista e considerata la realtà dei fatti di cronaca?

E – si badi – qui non si tratta solo di chiudere un occhio sui capelli tinti di Arnold Schwarzenegger e sul Bignami di storia sudamericana che viene proposto. In ballo c’è qualcosa di più, ovvero il rapporto tra cinema e realtà. La storia è quella di un pompiere di Los Angeles vede morire moglie e figlio in un attentato per mano di un terrorista colombiano. Così decide di partire alla volta del paese sudamericano per avere vendetta. Girato dal regista del rifacimento de Il delitto perfetto, Danni collaterali soffre malamente del confronto diretto con l’attualità. Se da un lato la preveggenza di un possibile attacco sul suolo americano lascia sorpresi, dall’altro i nove morti della finzione sembrano davvero poca cosa di fronte alla realtà di quello che è accaduto al World Trade Center. La nuova epica di Schwarzy diventa così quella di un filmetto "appena, appena retorico" in cui Francesca Neri, una spietata terrorista con il labbro rifatto, che cerca di colpire l’America al cuore, diventa addirittura patetica.

Senza alcun approfondimento, con la geografia politica affrontata con un punto di vista semplicistico e disarmante, il film è imbevuto dell’abusata e perfettamente condivisibile retorica del punto di vista della vittima che vuole fare di tutto per vendicarsi. Il problema è – semmai – che il cinema, perfino quello di Schwarzenegger, dovrebbe fare di tutto per sforzarsi di raccontare un po’ meglio perfino l’aspetto umano e non solo quello politico. Con un colpo datogli dal confronto perso con la realtà e – soprattutto – con una retorica che sembra appesantire irrimediabilmente le tante cose buone presenti nel film, Danni collaterali è un documento interessante sul confronto storico politico tra Hollywood e la realtà politica degli Stati Uniti nei primi mesi del nuovo millennio. Resta da vedere se questo rappresenta davvero un buon motivo per andare al cinema e spendere i soldi del biglietto. Perché anche se il terrorismo è da condannarsi sempre, non si possono accettare frasi semplicistiche quando vengono citati i misfatti di alcuni consiglieri militari americani: gli stessi, poi, che ironia della sorte hanno creato i vari Noriega, Osama Bin Laden, Saddam Hussein e Gheddafi.

Kate & Leopold {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Di James Mangold con Meg Ryan, Hugh Jackman, Breckin Meyer, Liev Schreiber

Non basta certo la presenza dell’X man Hugh Jackman alias Wolverine a trasformare Kate & Leopold in un film di fantascienza. Va detto, però, che i toni fantastici presenti in questa pellicola sono inusuali per una commedia romantica tout court con Meg Ryan che – dai tempi di Salto nel buio – non affrontava un genere dallo sfondo concettuale un po’ diverso per il suo cinema fatto di romanticismo che, di recente, aveva trovato una strada mistica in City of angels.

La storia di un nobile inglese che nella New York del 1876 segue un misterioso individuo fino ad un’anomalia spazio – temporale che lo condurrà nel nostro presente, è ben costruita, soprattutto perché l’impianto che il regista dà alla pellicola può essere passato alla prova di chi ha macinato centinaia di paradossi spazio temporali di natura trekkiana e – soprattutto – è attento al fatto che tutti i pezzi possano davvero combaciare. Il resto è tutto scontato. O quasi. Abbiamo una Meg Ryan in carriera nel ramo della pubblicità, che si innamora suo malgrado di questo misterioso, ma elegante gentiluomo amante della cultura, della bella vita e figlio di un mondo concepito su altri ritmi (e privilegi, ma il film non lo dice.) Kate & Leopold è quindi una pellicola leggera che costruisce su una buona infarinatura fantascientifica un umorismo romantico che avvicina la pellicola più alla saga di Ritorno al futuro che agli sconci B- movies che tentano la sorpresa "alla Crocodile Dundee" con l’ennesima saga tragicomica del nuovo straniero in città. Va detto, però, che l’eleganza di Jackman e il fascino della Ryan danno sicuramente una marcia e una credibilità in più ad un film allegro e romantico, senza mai diventare mellifluo.

Heist {Sostituisci con chiocciola}

Di David Mamet con Gene Hackman, Rebecca Pidgeon, Delroy Lindo, Danny De Vito

Le "scatole cinesi" che da sempre contraddistinguono il cosiddetto cinema d’azione di David Mamet questa volta sembrano più di maniera che altro. Il gran colpo, la rapina che un genio del crimine deve portare a termine questa volta, prima di scappare per sempre, è un alibi per Mamet per giocare con Gene Hackman e lavorare sul carisma di quest’attore su cui si tentare di fare reggere il peso di tutto il film. Heist, però, nonostante gli sforzi di tutti, più che essere un piccolo tentativo d’autore di inventare nuovamente un genere, risulta essere piuttosto una pellicola stentata che per tutta la sua durata fa sperare in una serie di colpi di scena che non arriveranno mai. Con una trama lineare nel suo essere banale e scontata, che nonostante qualche piccolo tentativo di innovazione scorre maledettamente lenta e inutile nel suo essere sostanzialmente il compromesso con un certo tipo di deja vu. Il fascino di Hackman (al minimo sindacale dal punto di vista degli sforzi interpretativi) non basta quindi a cambiare lo stato delle cose, mentre – quello che è peggio, Danny De Vito non sembra mai entrare in partita, dato che gran parte dello spazio è lasciato a Rebecca Pidgeon, moglie del regista che tutti i personaggi del film lodano per la sua bellezza "straordinaria"... In realtà non essendo la Signora Mamet né Catherine Zeta Jones, né Cameron Diaz Heist alla fine sembra molto sforzato dall’inizio fino alla sua indecorosa fine e sullo scorrere dei titoli di coda viene il dubbio che Heist è un film che sarebbe stato meglio non fare, visto e considerato il fatto che nulla toglie o aggiunge ad un genere sfruttato in ogni maniera come quello del cinema che racconta le rapine.

Brucio nel vento {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Di Silvio Soldini con Ivan Franek, Barbara Lukesova

Silvio Soldini opera una scelta autoriale forte, per un film tratto dal romanzo di Agota Kristof. Una pellicola ambientata nel suggestivo teatro delle nevi svizzere ed incentrata su un’insolita storia d’amore tra un operaio immigrato e la sorellastra ritrovata per caso. Un film interessante dal punto di vista stilistico, sebbene in apparenza freddo e impersonale anche se racconta di una grande passione. Le emozioni dello scrittore innamorato pur affidate all’inespressivo Ivan Franek, nella versione italiana vengono esaltate alla luce di una nuova sensibilità grazie alla voce carismatica di Fabrizio Gifuni che a dispetto un’interpretazione straordinaria non riesce, però, a salvare il film dal gelo di un cinema troppo cerebrale.

L’ultimo sogno {Sostituisci con chiocciola}

Di Irwin Winkler con Kevin Kline, Kristin Scott Thomas, Hayden Christensen

Dopo A prima vista con Mira Sorvino e Val Kilmer, il regista Irwin Winkler torna a flirtare pericolosamente con la malattia senza nemmeno il sostegno scientifico di un autore come Oliver Sacks. Melodramma di cattivo gusto che racconta la storia di un uomo condannato dal cancro che deciso a trascorrere l’estate a costruire la casa ideale con il figlio ribelle, L’ultimo sogno affonda un soggetto interessante sotto il fardello di dialoghi e situazioni facili più consoni al mondo delle telenovelas che a quello del cinema. Una pellicola volutamente patetica, piena di luoghi comuni di cui francamente possiamo fare tutti quanti a meno. Quando Patch Adams sembra Pulp Fiction in confronto, allora è davvero meglio lasciare perdere…

K – Pax {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Di Iain Softley con Kevin Spacey, Jeff Bridges, Alfre Woodward

Uno psichiatra di un ospedale un po’ a corto di personale viene in contatto con "Prot" un tizio che porta sempre degli occhiali scuri, perché – sostiene – di essere un alieno in missione sulla Terra e di non sopportare la luce. Nei suoi incontri non solo il dottore non sembra riuscire a scalfire di un millimetro la posizione di Prot, ma ne vede accresciuta la fama quando questo incomincia a parlare anche agli altri pazienti del suo pianeta di provenienza: K.- Pax, un mondo lontano migliaia di anni luce che riaccende la speranza di una vita migliore. Le cose peggiorano quando un gruppo di astronomi rimane sconcertato dalle conoscenze di astrofisica possedute dall’uomo. Al punto che anche lo psichiatra incomincia a temere che ci possa essere qualcosa di vero…

Ocean’s Eleven {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Di Steven Soderbergh con George Clooney, Julia Roberts, Matt Damon, Brad Pitt, Elliot Gould, Andy Garcia

Una parata di stelle hollywoodiane per il remake di Colpo grosso pellicola degli anni Sessanta con Frank Sinatra e il suo cosiddetto "rat pack". Danny Ocean e i suoi dieci elementi della sua banda devono riuscire a rapinare una serie di casinò di Las Vegas.

La regia è quella di Steven Soderbegh che rinuncia alla sperimentazione di Traffic e L’inglese per un cinema più morbido che tenga conto delle esigenze di tante stelle tutte insieme. Lungo e un po’ noioso, Ocean’s Eleven è una bellissima scatola con poca anima sulla difficile terra di confine del deja vu e di una storia brillante, ma non sorprendente. Ma quando sullo schermo c’è tanta bellezza maschile, il resto conta davvero, alla fine…?

Volesse il cielo {Sostituisci con chiocciola}

Di e con Vincenzo Salemme, Maurizio Casagrande, Tosca D’Aquino, Biagio Izzo

Una mattina di primavera un uomo nudo spunta da un cassonetto della spazzatura dopo che una macchina della polizia gli si è schiantata contro, mentre era lanciata in un inseguimento. Dell’individuo non si conoscono le generalità. Così, il poliziotto che lo ha ritrovato, l’ispettore Massa, parte con lui alla ricerca di un passato e di un’identità che sembrano semplicemente non esistere. Il poliziotto sposato e senza figli, sembra affezionarsi allo sconosciuto al punto da portarselo in casa, dargli un tetto, e addirittura tenta di educarlo, come fosse un figlio... L’ultima commedia di Vincenzo Salemme per la prima volta senza l’amico e collega Carlo Buccirosso.

II parte

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