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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Novembre/Dicembre 2001

 
Alan Taylor: L’obbligo di sognare

Regista di successo di Palookaville presentato cinque anni alla Mostra del cinema di Venezia, Alan Taylor torna alla regia con un film emozionante in cui viene narrata la storia di Napoleone che scappa da Sant’Elena dopo essersi fatto sostituire nel ruolo di prigioniero da un suo sosia.

Una pellicola divertente e carica di significato con protagonisti Ian Holm e la bella attrice danese Iben Hjejle. I vestiti nuovi dell’imperatore è stato prodotto dall’italiano Uberto Pasolini, già alle spalle del successo proprio di Palookaville e di The Full Monty.

Perché un film Napoleone che nasce su un background culturale “britannico”?

Per vendetta, forse: Napoleone ha detto che gli inglesi erano un popolo di negozianti e degli anglosassoni a duecento anni di distanza hanno raccontato l’imperatore che finisce per gestire un negozio di frutta… No, scherzo: il mio interesse principale era quello di raccontare lo scontro tra i sogni di grandezza e di gloria e la realtà di tutti i giorni. Napoleone rappresenta il modello ideale della grandezza, ma per me era importante mostrare qualcosa di diverso con un uomo costretto a confrontarsi con una realtà della vita molto più semplice e fragile.

Cosa rappresenta lei Napoleone?

Una strana combinazione tra il Re del Mondo, il Presidente degli Stati Uniti e Elvis Presley. Una figura diventata “popolare” e quindi – di per sé – un’icona pop.

Oggi nessuno potrebbe avere il carisma e l’importanza di Napoleone.

Il messaggio di questo film è molto sottile, perché rappresenta una riflessione sul successo e sulla smania per il potere. Possiamo dire che I vestiti nuovi dell’imperatore è una pellicola incentrata su una seconda possibilità?

Sì, lo è davvero. E’ un po’ come in L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese. La nostra filosofia, però, è al contrario. Se in quel film era il diavolo a tentare Gesù, qui è la personificazione femminile di un angelo a tentare di convincerlo a scegliere una vita semplice. In qualche maniera la scelta del mio Napoleone è in apparenza più facile, ma anche più profonda. E’ un tema ricorrente nel mio cinema. E’ lo stesso – seppure in forma minore - di Palookaville. E’ la storia di persone che lottano e si dannano per ottenere qualcosa dalla vita. Alla fine, però, scoprono di trovare la pace solo compiendo una scelta in grado di rinnegare del tutto il loro passato. In America siamo bombardati dall’obbligo di avere dei sogni di gloria e potere. I vestiti nuovi dell’imperatore spiega di come alla fine le cose davvero importanti siano altre. Il sogno americano di diventare presidenti o il sogno dei consumatori di potere acquistare di tutto possono portare a cose straordinarie, ma non ci fanno accorgere di quello che perdiamo e di come possiamo sentirci presi in un gioco perverso di cui – alla fine non siamo del tutto a conoscenza.

Qual è la cosa che l’ha colpita di più nell’affrontare questo personaggio?

Il fatto che in ogni nazione esista una visione diversa della sua vita: gli inglesi lo considerano un mostro, gli americani un rivoluzionario, i francesi il padre della patria, gli italiani un liberatore e un illuminista.

Era preoccupato del rischio di trasformare un personaggio storico come Napoleone in una macchietta?

Moltissimo. Ero terrorizzato in maniere molto diverse: Napoleone è un’icona, ed inoltre ero preoccupato – essendo un cineasta americano – di presumere troppo riguardo la sensibilità europea di quell’epoca. La cosa che mi ha fatto essere a mio agio è il fatto che non abbiamo sfruttato troppo l’icona. La prima volta che ho visto Ian Holm vestito come Napoleone mi ha fatto molto ridere. La carica iconografica e suggestiva di Napoleone è così forte che l’abbiamo usata per catalizzare tutta l’ironia

e lo humour presenti nella pellicola.

Ian Holm è stato straordinario…

Sì, perché è riuscito a creare due personalità diverse. L’imperatore e il suo doppio. Uomini molto diversi tra loro per modo di muoversi e di parlare. Un attore perfetto...

Napoleone in I vestiti nuovi dell’imperatore sembra essere sopraffatto dalla sua stessa leggenda…

Sì, perché dopo avere vissuto un’intera vita senza accorgersene, scopre quanto sia difficile vivere con la leggenda di se stesso, senza rimanerne schiacciato. Questo è il senso ultimo della tragedia, ma anche della commedia presente nel film. 

Perché dopo il successo di Palookaville ci ha messo tanto tempo per girare un altro film?

Una domanda semplice, ma dolorosa. Palookaville è stato un successo in Europa, ma non negli USA. Ho lavorato un po’ per la televisione girando – ad esempio – il primo episodio della serie I sopranos e solo adesso ho ricominciato a fare del cinema. Anche io mi sono – per un po’ – illuso che avrei potuto intraprendere immediatamente altri progetti cinematografici, ma mi sono dovuto ricredere.

A cosa lavorerà adesso?

Il mio prossimo progetto è dedicarmi a cambiare i pannolini di mia figlia che è appena nata. Dopodiché passerò al montaggio di un film girato in digitale seguendo lo stile del Dogma e intitolato Kill the poor, ma è più divertente di quanto il titolo lascia intendere. Spero di potere realizzare presto un film che ho anche scritto, intitolato Sweetheart.

M.S.

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