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redarrowleft.GIF (53 byte) Società Marzo 2001  
 

La società virtuale

Gli imprenditori e il lavoro su tutti, poi la famiglia e gli amici. Questi i punti fermi per le persone nel 6° rapporto Poster sulla società vicentina del 2001 presentato da Ilvo Diamanti. Il resto? Incertezze, chiusure, sfiducia. E soprattutto la confusione per la scomparsa del tessuto sociale e ambientale diventato negli ultimi vent’anni "metropoli". Sparita la comunità, ora c’è la globalizzazione. Con un grosso rischio: creare sviluppo senza le fondamenta di valori e relazioni sociali

Il rischio più grosso, dice Ilvo Diamanti, è che si imbocchi uno sviluppo senza società. Perché come si legge nel 6° rapporto di Poster-Assindustria sulla società vicentina del 2001 presentato pochi giorni fa dal sociologo-politologo, i due dati sono inversamente proporzionali: la società si ritira, l’economia cresce in importanza. Un percorso pericoloso, visto che nella storia locale (ma anche d’Italia se non dell’intero Occidente) è lo sviluppo economico che è nato dalle relazioni, dai valori e dalla convivenza reciproca delle persone. Non l’inverso. A cosa può portare il "ribaltone sociale"? A un grande Paese-azienda di berlusconiana matrice?

Per certi versi il rapporto di Poster conferma che alcuni dati si sono stabilizzati. Se dal ’95 al ’98, spiega sempre Diamanti, c’era il segno di alcune fratture fra la gente e la società, ora regna la calma. In particolare sul lavoro, la famiglia (perché è utile) e la chiesa, che restano punti fermi della società assieme agli amici (a cui si dice tutto quello che non si dice ai genitori). C’è ottimismo sull’economia, sullo sviluppo futuro, sui soldi. Le istituzioni forti reggono: le persone credono nelle forze dell’ordine (ma per paura della criminalità), nelle associazioni imprenditoriali, nella chiesa e riconoscono nel Presidente della Repubblica Ciampi una figura importante. Ma sono pessimisti o inquieti verso gli altri aspetti della vita sociale: la politica vale poco, idem il governo, la sicurezza cala, l’ambiente preoccupa. Si vive più isolati, più a riccio.

Grande è la fiducia nell’economia, si diceva. Ma in quella tradizionale, non nella new economy. Infatti della Borsa i vicentini non si fidano. Certo ci sono cose che fanno pensare: la certezza nella solidità degli imprenditori è riuscita a superare perfino quella nella chiesa, finora leader incontrastata delle preferenze. Così Diamanti lancia un’ipotesi: "L’economia oggi contende al vescovo anche il ruolo di riferimento morale. Insomma una specie di calvinismo economico, di etica del lavoro".

Gli immigrati? Meglio di quanto si potesse immaginare. Le persone si dicono sì preoccupate dei clandestini e della criminalità, ma il dato della "paura dell’altro" è inferiore a quello nazionale. Mentre molti ritengono che gli immigrati siano necessari allo sviluppo e che per migliorare l’integrazione la società debba aiutarli a trovare casa. Inquietudine ma niente chiusure, quindi.

Alla fine restano gli scenari da interpretare. Il primo è la frattura fra giovani e adulti, mai così evidente come oggi. Motivo: mentre prima comunque c’era una continuità sociale e ambientale fra le generazioni, negli ultimi vent’anni il tessuto sociale e lo stesso territorio è radicalmente cambiato. Non c’è più il villaggio, la piazza, la piccola comunità. Ma un'unica metropoli che, ad esempio nella pianura Padana, va da Torino a Venezia. C’è la globalizzazione, e vent’anni fa non se ne parlava quasi neanche. I computer, il mondo digitale, i celulari. Come in un videogioco, la società intesa come riferimenti comuni sta diventando più virtuale che reale. La vita che facciamo adesso, insomma, non è più quella di due-tre decenni fa. Gli anziani sono spaventati dal futuro, i giovani no.

Secondo problema: l’invecchiamento della popolazione, per ora costante e senza segni di frenata. Un nodo doppio: una società di anziani e pochi bambini. Nel 2020, commenta sempre Diamanti, per ogni bambino ci saranno due genitori, quattro nonni e forse qualche bisnonno. Niente fratelli su cui scaricare tutto questo "peso", come succedeva fino a poco tempo fa. Terzo punto: la massiccia fiducia nell’economia e nel lavoro. Domanda: cosa ne sarà di una società incerta, scollata e rinchiusa su sé stessa davanti ad una pesante crisi economica mondiale? Potrebbe succedere anche domani: il Giappone è a terra, l’Argentina agonizza, gli Usa sono in pieno terrore recessione. A chi crederà l’uomo della strada oggi ciecamente fedele alle imprese e alla crescita economica? Ma soprattutto: dove può andare una comunità benestante, florida e ricca (di soldi) senza più una società di riferimento sotto i piedi?

a.m.

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