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redarrowleft.GIF (53 byte) Cultura Febbraio 2001 

CyberLondra (6)

lunedì 12 febbraio 2001

Terza storia - Strada

Esco da un ristorante libanese (il Maroush tre, al 62 di Seymour Street, 25 sterline per una cena un po' cara, ma ottima - la zuppa di lenticchie in particolare - e abbondante). Fuori c'è un vento che pare di essere a Trieste, anche se qui non credo la chiamino bora. Va a folate. Soffiate secche che durano un po' di secondi. E poi basta. Come la bonaccia dell'America's Cup.
È in uno di questi momenti che, guardando in basso, vedo qualcosa che mi ricorda una figurina dei calciatori. La raccolgo, ed è invece la foto tessera di una ragazza indiana. In un secondo penso a tutte le varie ipotesi possibili: uno - la lascio qui perché lei verrà a cercarla (impossibile: con questo vento chissà da dove arriva questa foto); due - la porto al cameriere del ristorante (ma si è mai visto qualcuno fare il giro dei negozi davanti ai quali è passato per chiedere se gli hanno trovato una foto tessera?); tre - la rimetto giù perché non è giusto che io la raccolga, ma tanto lo farebbe comunque qualcun'altro (e poi che male c'è se la raccolgo io? Dovessi perderne una, un giorno, preferirei essere trovato da chiunque, piuttosto che finire macerato da decine di suole di ogni tipo o affogato dentro a un bidone delle immondizie).
La tengo dunque e mi riavvio verso l'albergo. La ragazza indiana indossa un sari bianco e arancione del quale - ovvio - si vede solo la parte superiore. Tra gli occhi - neri - ha quel loro segno rosso che portato qui, esibito in un altro continente, ha più un segno di appartenenza che religioso, i capelli - neri - sono raccolti all'indietro. Porta degli orecchini a pendaglio. Solo per un secondo, un secondo uguale a quello di prima, passando davanti a una cabina del telefono, mi sfiora l'idea di vedere se altre foto come questa... con quei numeri... appese accanto ad altre... Ma no, dai. Idiota.
Da domani, lo so, mi ritroverò a cercarla in ogni volto di Londra, questa ragazza indiana. Con la consapevolezza di non incontrarla mai.

Roberto Ferrucci

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