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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Settembre 2000


Gifuni, a Hollywood andata e ritorno

Una piccola parte nel seguito de Il silenzio degli innocenti di Ridley Scott. Ma soprattutto teatro e molto cinema italiano. L'ultima fatica di Fabrizio Gifuni è con Tavarelli in "Qui non è il paradiso". Sempre seguendo il suo principio: cambiare personaggio il più spesso possibile

Attore di cinema e di teatro, Fabrizio Gifuni è uno dei volti nuovi del cinema italiano. Un interprete completo che ama cambiare personaggi e che scivola abilmente tra la diversità delle pellicole. Da La carbonara di Luigi Magni a Un amore di Gianluca Maria Tavarelli, da Così ridevano di Gianni Amelio a Qui non è il paradiso ancora di Tavarelli, Gifuni incarna uomini diversi che in momenti distanti e con mentalità lontane affrontano la vita con malinconia e passione. Lo rivedremo presto in L'amore probabilmente di Giuseppe Bertolucci e per un piccolo ruolo in Hannibal di Ridley Scott, secondo capitolo de Il silenzio degli innocenti.

Cosa la ha spinta ad accettare il ruolo di Renato Sapienza, il poeta postino che anni fa rubò oltre otto miliardi alle poste italiane in un colpo all'Arsenio Lupin, in Qui non è il paradiso di Gianluca Maria Tavarelli?
Quando ho letto la sceneggiatura sono rimasto conquistato da questo personaggio dalle caratteristiche composite. C'è molto da scavare in lui. Il mio lavoro è stato quello di andare fino ad un certo punto con la realtà dei fatti per poi fornire una mia interpretazione personale del suo modo di comportarsi con le sue donne e i suoi amici. Ho cercato fino in fondo di capire il più possibile chi era quest'uomo dilaniato tra sogno e routine, tra malinconie e vita notturna fatta di sesso casuale e locali da ballo. Mi sono staccato completamente dalla realtà storica solo quando ho dovuto inventare le sue sensazioni ed emozioni rispetto quello che stava facendo.

C'è qualcosa di lei come persona in questo personaggio?
Per come cerco di lavorare io mi distanzio sempre dai miei personaggi. La distanza maggiore possibile è una mia caratteristica. Soffro maledettamente a pensare di potere cadere nel tranello di raccontare qualcosa di mio.

Perché?
Non voglio nascondermi, credo solo di non essere interessante e che il lavoro dell'attore sia un altro. La sfida è forgiare ogni volta un nuovo modo di parlare, di camminare, infischiandosi così altamente del fatto che tu possa apparire più o meno bello, più o meno piacevole. Ogni volta bisogna essere un altro personaggio. 

Una scelta rischiosa…
Sì, perché se sbagli, sbagli tanto, ma il nostro cinema ha bisogno di persone che abbiano il coraggio di osare.

Renato Sapienza (il nome nel film è finto per tutelare i parenti) era un uomo lacerato dalle contraddizioni. Qual è la sua opinione? 
Ho letto le sue poesie. Al di là di qualche scopiazzamento leopardiano, la maggior parte erano dedicate al tema del viaggio e alla fuga. La sua anima era pulita e alla ricerca disperata di un'isola che non c'è e che se anche vi fosse stata non gli sarebbe comunque bastata. Era un eterno insoddisfatto, animato da un'inquietudine troppo forte per essere colmata. Un uomo ingenuo soverchiato da modelli televisivi e da una vita insulsa fatta di donne, alcol e illusioni. 

Nel film è molto importante il rapporto con la sua donna…
Lì si nota in pieno la pavidità dei suoi sentimenti. Non era in malafede, ma non era comunque in grado di fare delle scelte tali da consentirgli di vivere con questa donna.

Questo è il suo secondo film con Tavarelli?
Gianluca è un regista ideale, perché sa in maniera precisa cosa chiederti e al tempo stesso è molto curioso. Un caso raro che consente all'interprete e all'autore di incontrarsi. Il nostro primo film Un amore conferma che ogni pellicola conserva al suo interno le sue atmosfere e i suoi misteri. Sono felice di lavorare insieme a lui soprattutto sulla qualità delle emozioni.

Hannibal segna il suo esordio nel cinema hollywoodiano…
Sì, ma la mia è stata solo una partecipazione è molto breve. Sono la prima vittima del cannibale. 

Che tipo di esperienza è stata?
Molto interessante e divertente condita da un episodio surreale: un giorno stavo girando a Rimini La luce negli occhi di Andrea Porporati insieme a Valerio Mastandrea ho ricevuto una telefonata da Ridley Scott che mi chiedeva di andare subito in North Carolina per girare di nuovo un paio di inquadrature che non erano venute come voleva. In 36 ore sono andato, ho lavorato e sono tornato. Proprio come i grandi attori hollywoodiani.

Marco Spagnoli 

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