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  LA CITTÀ

IL MUSEO NATURALISTICO-ARCHEOLOGICO

di Antonio Dal Lago – Conservatore del museo

Il museo Naturalistico Archeologico di Vicenza, inaugurato nel settembre del 1991, è allestito nei due chiostri del monastero domenicano che affiancano la chiesa di S. Corona.

Sul lato settentrionale della chiesa è addossato il chiostro minore del XVII secolo a sei colonne per lato di ordine dorico, con sovrapposta nel lato occidentale una loggia con colonne ioniche realizzata all'inizio del XVIII secolo su disegno di F. Muttoni. A settentrione i ruderi dell'antica biblioteca (di Rocco da Vicenza) separano il chiostro piccolo da un chiostro, del XV secolo, più grande con colonne in pietra di Vicenza ornate da capitelli gotici quattrocenteschi.

Sezione naturalistica

La sezione naturalistica illustra gli aspetti naturalistici dei Colli Berici attraverso la descrizione e l'esposizione di materiali suddivisi per ambienti. Il percorso espositivo inizia con la descrizione generale dell'ambiente collinare offrendo un quadro sintetico della morfologia superficiale, del carsismo, della viabilità, dell'idrografia e del clima. Nella sala geologica sono esposti reperti litologici e paleontologici delle sequenze stratigrafiche che compongono il massiccio collinare dei Berici: dai depositi della Scaglia rossa del Cretaceo superiore a quelli olocenici delle torbiere delle valli di Fimon. Un ampio apparato grafico e didascalico illustra la situazione paleoecologica degli ambienti di deposizione e le relazioni tra le varie sequenze sedimentarie. Le caratteristiche del territorio collinare attuale sono presentate attraverso l’esposizione della flora e della fauna degli ambienti più caratteristici: formazioni boschive, rupi e cavità carsiche, ambiente rurale ed ambiente urbano, lago di Fimon. Le formazioni boschive del Castagneto, del Querceto e dell’Ostrieto sono illustrate per mezzo di un’accurata esposizione di campioni d’erbario; numerosi esemplari di insetti, uccelli, anfibi, rettili e mammiferi completano la descrizione dell’ambiente boschivo. Le rupi e le cavità carsiche, pur nelle ristrettezza di spazio espositivo in cui vengono illustrate, rappresentano sia per gli aspetti vegetazionali che faunistici, degli ambienti di estremo interesse naturalistico.

Nelle grotte dei Berici vivono infatti quattro specie di coleotteri endemici: Speluncarius Bericus, Orotrechus fabianii, e Lessiniella berica; quest’ultima scoperta nel 1991 e studiata dall’entomologo vicentino Erminio Piva. Oltre alle rarità ricordate nella stessa vetrina è esposto anche il Niphargus costozzae, piccolo crostaceo cieco che vive nelle acque dei corsi ipogei, osservato per la prima volta nel Covolo di Costozza presso Lumignano e descritto nel 1550 da Giovangiorgio Trissino. A fianco al Niphargus, nella stessa vetrina, si trova un altro interessante crostaceo, la Monolistra berica, crostaceo di origine marina il quale vivendo in acque dolci può essere considerato un "fossile vivente". Anche l’unico endemismo della flora del vicentino si trova nell’ambiente carsico delle rupi dei berici: si tratta della Saxifraga berica, piccola ed esile pianta erbacea che vegeta sulle pareti rocciose all’imboccatura delle cavità presenti lungo il versante orientale. Di particolare interesse sono poi i due ambienti più vicini all’uomo : l’ambiente rurale e l’ambiente urbano. Il primo, in continuità con la campagna coltivata, offre un sintesi di un ambiente in trasformazione a causa dello sviluppo dell’agricoltura intensiva e della ristrutturazione degli annessi rustici: interventi che riducono o eliminano completamente microambienti indispensabili per alcune specie di piante e di animali (civetta, donnola, orbettino). Dell’ambiente urbano è esposta la flora e la fauna che l’uomo esplora quotidianamente attorno alla propria abitazione. Alle piante esotiche, introdotte nei giardini a scopo ornamentale, si affiancano quelle specie erbacee e arbustive che si incontrano ai margini delle strade: piante che si insinuano nelle fessure dei lastricati delle piazze, lungo i marciapiedi o sui muri di cinta. La flora del lago di Fimon è presentata attraverso l’esposizione delle piante che compongono le fasce di vegetazione perilacustre. La castagna d’acqua (Trapa natans) il cui frutto era raccolto dagli abitatori neolitici delle Valli di Fimon, come documentato nell’insediamento di Molino Casarotto, trova un’estesa descrizione trattandosi di una specie rara in tutta l’area padana. Un’ampia documentazione della fauna acquatica è fornita da una ricca esposizione di pesci, uccelli, anfibi, rettili, insetti, e di molluschi d’acqua dolce. Di alcuni uccelli vengono esposti anche i nidi per evidenziare le diverse tipologie e i materiali impiegati nella costruzione.

Sezione archeologica

Nella sezione archeologica sono esposti reperti provenienti da diverse località del vicentino, presentati in successione cronologica. Al paleolitico medio e superiore appartengono i più antichi reperti preistorici, costituiti da strumenti in selce e ossa lavorate provenienti dagli insediamenti di grotta dei Colli Berici. Dai ripari sottoroccia degli altopiani di Tonezza e Asiago provengono invece i numerosi strumenti litici, dell’ultima fase del Paleolitico superiore, che testimoniano la presenza di accampamenti estivi ad alte quote, probabilmente frequentati per la caccia agli stambecchi.

Il Neolitico è ben rappresentato dagli interessanti e abbondanti materiali provenienti dalle valli lacustri di Fimon e della Valle Liona nei Colli Berici. Oltre alla presenza di frammenti ceramici riferibili alla Cultura di Fiorano, la più antica cultura ceramica neolitica, una collezione di vasi a bocca quadrata, rinvenuti nell’insediamento di Fimon Molino Casarotto, offre il più completo esempio di tipologia ceramica attribuibile alla fase culturale dei Vasi a bocca quadrata conosciuto nella Pianura Padana. Dallo stesso insediamento provengono delle macine e pestelli utilizzati per la trasformazione dei cereali e abbondante industria litica tra la quale figura una punta di freccia immanicata.

L’Eneolitico è ben rappresentato da alcuni pugnaletti in selce provenienti dalle Valli di Fimon e da tre asce in rame trovate nella Grotta di Bocca Lorenza presso Santorso. Sono questi strumenti in rame quasi puro a segnare l’inizio della metallurgia nel vicentino. A questi si accompagna una punta foliata in ossidiana di eccezionale fattura e rarità trovata nel Covolo della guerra di Lumignano.

L’Età del bronzo è documentata da reperti provenienti da insediamenti sia perilacustri che di altura, distribuiti nei Colli Berici e nei Lessini orientali. Al Bronzo Antico appartengono materiali ceramici portati alla luce da Paolo Lioy nelle Valli di Fimon, nella seconda metà del secolo scorso. In località Pascolone, nel 1885 Paolo Lioy individuò un abitato di tipo palafitticolo. Dalla documentazione dei numerosi oggetti ceramici: boccali globosi monoansati e troncoconici, l’abitato può essere attribuito all’antica e media età del bronzo (XVIII – XVI sec. a.C.). Lo scavo eseguito nel 1968 presso Fondo Tomellero, area limitrofa a quella scavata dal Lioy, ha messo in luce delle strutture palafitticole costruite su suolo bonificato. La ceramica e l’industria litica datano tali strutture all’Età del Bronzo media e recente. Presso questo insediamento sono stati recuperati alcuni oggetti in bronzo tra i quali due asce ad alette. Abbondanti materiali attribuibili all’Età del bronzo provengono anche dai siti terrazzati di Monte Crocetta di Arcugnano e di Castellon del Brosimo di Longare. La presenza abitativa nelle Valli di Fimon fino all’Età del Bronzo recente e finale è documentata in località Capitello, sempre nelle Valli di Fimon, dal ritrovamento di abbondante ceramica: scodelle ad orlo rientrante con fondo ombelicato e vasi biconici (XIII-X sec. a.C.). Nella successiva Età del Ferro, soprattutto nella fase antica, vengono occupate le aree di pianura poste lungo i corsi d’acqua, dove i nuclei abitativi venivano costruiti sui dossi più asciutti, mentre le zone collinari pedemontane vengono occupate stabilmente solo nella fase finale. I più importanti centri abitativi dell’Età del Ferro delle zone pedemontane, indicati anche con il termine di "siti d’altura", sono stati individuati a Montebello, Trissino e Santorso. Da Montebello Vicentino, dove la presenza abitativa si protrae dal X al I secolo a.C., oltre ad abbondante ceramica zonata a fasce rosse e nere sono stati ritrovati oggetti attribuibili ad offerte votive come un frammento di torques in argento e alcune decine di ossicini di maiale, alcuni dei quali con incisioni in alfabeto "retico" e tre frammenti di bronzo. Forse testimoni di una forma premonetale. Negli ultimi anni si è notevolmente arricchita la documentazione archeologica del nucleo preromano di Vicenza, alcuni dei qual attestano una sua definizione "urbana". La testimonianza più significativa di questo periodo nella città è costituita dalle laminette votive rinvenute nei pressi di Piazzetta San Giacomo. Si tratta di laminette in rame nelle quali sono incise o sbalzate delle figure di guerrieri, di atleti, di personaggi di elevato rango e personaggi femminili. La tipologia stilistica e la tecnica di esecuzione portano a collocare la realizzazione delle laminette al IV-III sec a.C. L’area di S. Corona, ad est del museo, doveva rappresentare uno dei nuclei più importanti dell’antico abitato di Vicenza. Da qui proviene un frammento di vaso situliforme decorato a fasce rosse e nere, con impressioni a falsa cordicella e un frammento di alare con decorazioni rosse e nere.

L’Età romana a Vicenza è ben documentata da reperti architettonici e statue in marmo che ornavano il teatro Berga, edificio costruito nella prima metà del I sec. d.C. Si tratta di frammenti di cornici, di capitelli e di statue (statua di imperatore acefala loricata), statue che appartenevano ad un ciclo onorario della famiglia giulio-claudia. Alla fine del IV sec. d.C. appartiene un grande pavimento musivo figurato. Nel chiostro si trova il lapidario, dove sono esposte iscrizioni funerarie, sacre e votive, databili dal II sec. a.C. al V sec. d.C.

Chiude il percorso espositivo la rassegna di materiali di età altomedievale, costituita da elementi di corredo di sepolture longobarde rinvenute prevalentemente a Sovizzo e Dueville. Sono esposti corredi di guerrieri: spade, scramasax, lance, umboni di scudo, placchette e fibbie di cintura in ferro ageminato. A Dueville sono stati rinvenuti un anello d’oro con gemma incisa e una crocetta in lamina d’oro con decorazione antropomorfa.

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