Roma

L’Autismo: nuovi esami per trovarne le cause e migliorarne la prognosi

Il 24 maggio 1990, ad un convegno promosso da ANFFAS, ANGSA e FANEP, il Professor Franco Corsini, allora Direttore della Clinica Pediatrica dell’Università di Bologna, commentando il divario tra la gravità della sintomatologia autistica e la negatività degli esami chimici e di neuroimmagine allora disponibili, ebbe a dire: "La storia della medicina è tutta formata di lacune colmate, di dimostrazioni di eziologie prima sconosciute, di nuove indagini capaci di rilevare ciò che, in precedenza, era invisibile" Per chiunque esaminasse tale realtà senza aver prima subito lavaggi del cervello era chiaro da sempre che la negatività degli esami nella gran parte dei casi di autismo stava ad indicare l’inadeguatezza degli strumenti disponibili.

Un progresso nella direzione preconizzata da Corsini è venuto dal recente congresso organizzato in giugno a Roma dal Professor Paolo Curatolo dell’Università Tor Vergata di Roma, dove sono stati presentati i primi risultati di ricerche condotte mediante neuroimmagine funzionale e non più, come in passato, grossolanamente anatomica.

D. C. Chugani da Detroit ha evidenziato, mediante PET con triptofano marcato, un profilo caratteristico nello sviluppo della sintesi cerebrale della serotonina. Nei soggetti normali si osserva una diminuzione con l’età: è più elevata nei bambini di età inferiore ai cinque anni, età alla quale comincia a decrescere per portarsi rapidamente ai livelli degli adulti che risultano essere meno della metà che nei bambini; al contrario nei soggetti autistici la sintesi cerebrale di serotonina è molto inferiore a quella dei normali nei primi anni di vita e continua a crescere fino all’età di 15 anni.

Lo stesso autore ha evidenziato delle anomalie nella localizzazione cerebrale della sintesi della serotonina, che risulta diminuita nella corteccia frontale e nel talamo e aumentata nel nucleo dentato del cervelletto in molti soggetti autistici rispetto ai controlli normali.

Il numero dei soggetti esaminati è ancora molto esiguo, ma i risultati incoraggiano a proseguire in tale direzione che potrebbe aprire uno spiraglio nella conoscenza prima e nella terapia poi delle disfunzioni che caratterizzano l’autismo.

In armonia con una implicazione della serotonina nella genesi dell’autismo sono i dati portati da Alessandro Zuddas e coll. dell’Università di Cagliari. L’approccio di questo gruppo è da un lato sperimentale, nel senso di esaminare gli effetti sul comportamento animale di manipolazioni del metabolismo cerebrale della serotonina, e dall’altro farmacologico, non solo in senso terapeutico, ma anche in senso inverso, nel senso di partire dall’effetto clinico dei farmaci per formulare ipotesi di lavoro sulla genesi delle disfunzioni cerebrali che dai farmaci vengono modificate. Le ricerche del gruppo sardo sono di un’estrema modernità e raffinatezza, ed hanno evidenziato che al blocco dei recettori 5HT2 per la serotonina fa seguito negli animali un comportamento similautistico, caratterizzato da perseverazione, depersonalizzazione, insensibilità al dolore e alterata propriocezione, e che tali sintomi sono bloccati dagli antipsicotici atipici quali clozapina e risperidone, che possiedono una affinità maggiore per tali recettori che per quelli dopaminergici.

In accordo col dato precedente stanno i primi dati clinici, ancora sperimentali, sull’efficacia dimostrata da questi farmaci su sintomi quali comportamento ripetitivo e distruttivo, labilità affettiva, anomala relazione con gli oggetti e performance globale.

Un’altra tecnica che si conferma utile per evidenziare le alterazioni cerebrali nell’autismo è l’elettroencefalografia dinamica: lo studio dei potenziali evocati uditivi, presentato al convegno da K. M. Martien di Toronto, ha evidenziato dei profili patologici ben caratterizzati nei soggetti autistici, e questo è un dato in accordo con altri autori, tra cui il francese Lelord, l’olandese Van Engeland e l’americano Ornitz.

La prima definizione dell’autismo, data da Kanner, escludeva tutti i casi con un’evidente componente organica, per cui un soggetto poteva avere tutti i sintomi dell’autismo, ma se risultava affetto da una condizione patologica conosciuta, come la sindrome di Down e danni cerebrali accertati, non doveva essere classificato come autistico.

Molti oratori, tutti neurologi, hanno cercato la sintomatologia autistica nei loro assistiti che presentano condizioni patologiche ben caratterizzate, quali la sclerosi tuberosa e la sindrome di Landau-Kleffner, e si sono accorti che molti erano i casi positivi. Nei bambini affetti da sclerosi tuberosa infatti la triade autistica è spesso presente e, dal momento che tale patologia ha un corrispettivo radiologico caratteristico, è stato possibile correlare la presenza di autismo con la sede dei tuberi che, nei casi sintomatici per autismo, si trovano situati nei lobi temporali. Per quanto riguarda la sindrome di Landau-Kleffner, si tratta di un’encefalopatia acquisita che insorge intorno ai due anni di età e che provoca epilessia e regressione del linguaggio in bambini a sviluppo prima normale. Le crisi epilettiche possono mancare, ma ciò che è caratteristico e patognomonico è un tracciato elettroencefalografico particolare, rilevabile ad un EEG prolungato per ore. Tale encefalopatia è curabile se diagnosticata precocemente, altrimenti può lasciare ritardo mentale, afasia ed epilessia irreversibili. Numerosi relatori hanno rilevato che l’encefalopatia è presente a volte anche in assenza di classiche crisi epilettiche e che, se ben osservata e valutata, molto spesso presenta non solo afasia, ma anche turbe più ampie della comunicazione, in poche parole la sindrome autistica, che può, in tal caso, essere reversibile.

Al momento attuale non è possibile sapere quanti casi di autismo rientrino in questa categoria dal momento che, in assenza di epilessia, i sintomi, sempre rilevati dalle madri, vengono troppo spesso minimizzati dai pediatri, per cui i bambini non giungono ai centri di neurologia nella fase in cui la malattia è curabile.

Il gruppo del Prof. Curatolo ha portato numerosi contributi, frutto di ricerche originali che dimostrano come tale convegno non sia un fuoco di paglia nell’attività del suo gruppo, ma bensì una puntualizzazione che si inserisce in un impegno di ricerca iniziato con la mentalità di chi da sempre si occupa di disfunzioni cerebrali e non di favole. Le ricerche presentate dal gruppo romano riguardano diversi campi, da quello clinico tradizionale a quello della ricerca genetica; grazie alla collaborazione con l’associazione Anni Verdi ha potuto studiare un consistente numero di casi e questo ha permesso la riclassificazione di molti di questi da autismo "idiopatico" a: cromosomopatia, sclerosi tuberosa, esiti di infezioni pre e postnatali, sindrome di Aicardi, osteogenesi imperfetta ed encefalopatia iperbilirubinemica. Ha inoltre rilevato anche nei casi "idiopatici" numerose alterazioni, soprattutto elettroencefalografiche, la conoscenza delle quali puo’ essere utile anche per un approccio terapeutico.

Il gruppo del Prof. Curatolo ha confermato la forte presenza della sindrome autistica nei casi di sclerosi tuberosa in cura presso quel servizio universitario: in pratica si è effettuato il rilievo dei sintomi autistici, prima non rilevati, in quanto la conoscenza della lesione anatomica faceva passare in ombra tale importante disturbo comportamentale. Esaminando un gruppo di 14 bambini affetti da sclerosi tuberosa si è trovato che ben sette di loro presentavano una classica sindrome autistica e il confronto tra i potenziali evocati e la localizzazione delle lesioni anatomiche nei soggetti con sclerosi tuberosa con e senza autismo può condurre a meglio comprendere la patogenesi anche dei casi di autismo criptogenetico. Una terza relazione del gruppo di Curatolo ha presentato una ricerca sul polimorfismo del gene della adenosina deaminasi, che presenta caratteristiche interessanti nei soggetti autistici, tali da farlo candidare con possibile fattore eziologico causale o concausale. Con questo studio ci si sposta dalla ricerca clinica alla ricerca biologica di base, la sola dalla quale possono venire scoperte determinanti per la conoscenza e la terapia, analogamente a quanto è avvenuto nei campi della medicina che hanno visto progressi rilevanti.

 

Al convegno organizzato dall’ANFFAS nel novembre ‘88 ad un genitore che affermava: "Noi non vogliamo che i nostri figli vengano curati dagli psicologi o dagli psichiatri, ma dai neurologi" il Prof. Lelord rispose: " Lei avrebbe ragione in quanto si tratta di una condizione a genesi organica, ma al momento attuale i neurologi non avrebbero nulla da offrirvi" Auspichiamo che la risposta di Lelord non sia più attuale e che il ritorno alla lucidità mentale nell’approccio all’autismo veda un cambiamento, o per lo meno, un ampliamento delle professionalità che se ne fanno carico, riportando tale patologia entro la medicina e fuori dalle brutte favole.

 

documentazione fornita dal Dott.Carlo Hanau , consigliere Angsa e Anffas.

 

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