Vai al numero precedenteVai alla prima paginaVai al numero successivo

Vai alla pagina precedenteVai alla prima pagina dell'argomentoVai alla pagina successiva

Vai all'indice del numero precedenteVai all'indice di questo numeroVai all'indice del numero successivo
Scrivi alla Redazione di NautilusEntra  in Info, Gerenza, Aiuto
redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Novembre 1999


Shakespeare in salsa russa

Inglese purosangue e figlio d'arte, Ralph Fiennes si è fatto conoscere nella parte del nazista folle in Schindler's List e in pellicole più leggere come The Avengers e Strange Days. Adesso con la sorella Martha si è dato ai classici russi, come la versione cinematografica del dramma Evgeny Onegin. Anche perché, spiega in questa intervista, l'anima russa e quella britannica hanno in comune la stessa visione ironica e malinconia della vita

Ralphefiennes1.jpg (8799 byte)Primo di sette figli tutti dediti a coltivare le arti, Ralph Fiennes è uno dei più noti attori inglesi degli anni Novanta. Protagonista di film come Schindler’s List e Il paziente inglese Fiennes è un attore di formazione shakespeariana che non disdegna di interpretare spesso pellicole leggere hollywoodiane come The Avengers e Strange Days. Nipote dell’esploratore artico Ranulph Fiennes e figlio della scrittrice Jennifer Lash insieme a sua sorella Martha ha realizzato la prima versione cinematografica del dramma Evgeny Onegin, del poeta russo Aleksandr Puskin. Una pellicola essenziale ed emozionante in cui il ruolo della bella Tatiana è stato interpretato dall’affascinante Liv Tyler già protagonista del film di Bernardo Bertolucci Io ballo da sola. Rivedremo presto Fiennes – fratello del Joseph protagonista di Shakespeare in Love – in The taste of sunshine del regista Istvan Szabò in cui interpreta il ruolo di tre ebrei diversi durante il dominio sovietico sull’Ungheria e in The end of the affair tratto da un romanzo di Graham Greene e per la regia di Neil Jordan.

Onegin è un dramma della modernità che avete reso in maniera molto classica. Una versione essenziale – la vostra – e anche molto riuscita. Qual è la stata la vostra metodologia di lavoro?

Martha Fiennes: Credo fermamente che esistano delle storie molto ispirate che superano in qualche maniera la barriera del tempo e certamente Onegin è tra queste. Tale peculiarità ha reso possibile il fatto che alla fine del ventesimo secolo abbiamo tentato la prima trasposizione di questo dramma sul grande schermo. Una storia talmente universale e dinamica che cerca di riflettere sulla natura dell’amore e dei sentimenti più in generale. Come regista ho voluto raccontare tutto questo seguendo una traccia molto classica, ma contemporaneamente anche moderna utilizzando una sensibilità cinematografica attenta a rispettare la tradizione pur prendendo a prestito elementi diversi dalla realtà contemporanea.

Ma voi avete anche puntato a una sorta di contaminazione tra linguaggi diversi…

Ralphefiennes2.jpg (13527 byte)Martha: E’ possibile utilizzare il mezzo cinematografico per fare venire fuori una specie di ‘strano realismo’. La flessibilità del mezzo consente di giocare anche al di fuori delle regole scritte del cinema, senza però ledere la verità del soggetto e la forza espressiva della storia che si vuole raccontare procedendo senza spezzare la linea sottile che unisce il passato e il presente.

Cosa vi ha spinto a realizzare questo film?

Ralph Fiennes: Siamo rimasti attratti dalla grande passione di queste figure letterarie. Onegin è un film che vorrei vedere da spettatore. Ho sempre amato questo personaggio e la sua psicologia molto particolare, la corazza che egli stesso si costruisce per sfuggire ai sentimenti. Onegin è un cinico che ha costruito una falsa immagine di se stesso. La sua psicologia è abbastanza negativa. E’ un antieroe esistenzialista. E’ una figura tradizionale del Romanticismo.

Martha: Eravamo interessati a raccontare un mondo anche molto simile a quello di oggi. Una realtà urbana molto simile a quella di milioni di persone di oggi. Una storia classica, ma molto vicina alla nostra modernità. Non volevamo purgare il personaggio di Onegin per renderlo più piacevole. Abbiamo combattuto per adattare la storia all’idea che ce ne eravamo fatti.

Cosa pensate invece della figura di Tatiana?

Ralphefiennes3.jpg (16664 byte)Ralph: Personalmente la adoro. Ancora oggi è un simbolo per tante giovani russe. Una donna che ha molto chiara la sua passione per Onegin e non esita a metterla nero su bianco scrivendo a lui una lettera. Questi personaggi ancora oggi con le loro scelte morali influenzano profondamente le riflessioni dei giovani russi. E’ uno spirito raro e molto appassionato.

Martha: Tatiana è una donna moderna, una figura lontana dagli schermi che affronta a una realtà in qualche maniera vicina a quella consumista e disimpegnata di oggi.

Come avete adattato il poema al linguaggio cinematografico?

Martha: E’ stata un’esperienza molto eccitante. La storia era semplice ed elegante e questo ci ha consentito di arrivare a portare sullo schermo personaggi interessanti e non bidimensionali.

Ralph: Martha ha realizzato un film composto da poche scene e con soli tre elementi chiave. Eravamo entrambi interessati a non girare un kolossal pieno di tempeste di neve e di battaglie, ma una pellicola che potesse entrare nello spirito dell’epoca e nell’anima dei suoi personaggi. Non eravamo interessati a un tradizionale film in costume, perché così facendo avremmo tradito la voce del poeta e il senso dell’opera di Puskin. Abbiamo distillato il suo pensiero in questo film dando corpo a un personaggio molto moderno. In Onegin il pubblico può trovare una figura articolata e complessa, piena di difetti e con alcune ispirazioni.

Onegin offre una doppia lettura: la storia romantica e la triste fine del libertino. Una scarnificazione che ha portato il film alla sua essenzialità…

Ralph: Il nostro film è diverso dal libro di Puskin che è invece ricco di brio. Non volevamo abbellire la storia o renderla barocca. Sia a me che a Martha piace rendere in maniera pacata i personaggi, senza sottolineature e senza enfasi.

Un’interpretazione del testo molto britannica…

Ralphefiennes4.jpg (15101 byte)Martha: Non penso di avere un’influenza unicamente britannica. Amo il cinema di Pasolini e di Tarkovski e non credo di avere reso questo film con uno spirito necessariamente inglese. E’ un processo molto lungo che porta a scegliere come rendere le emozioni senza perdere il senso dell’equilibrio. E’ una freccia pura e integra che colpisce al cuore.

Ralph: C’è qualcosa in comune tra l’anima russa e quella britannica nell’affrontare l’esistenza. Un modo simile di esprimere i sentimenti con compostezza. Senza repressione e senza falsi pudori, ma in maniera estremamente personale. Sento molto vicino la tipica malinconia russa. Capisco perfettamente lo spirito di quel popolo e lo sento molto vicino. Mi piace la malinconia russa, perché possiede anche una forte componente ironica. La letteratura russa sembra avere interpretato meglio di molte altre l’insolvibile mistero del cuore di un uomo. In tutti i personaggi di Cechov c’è la massima espressione dell’umorismo e della compassione russa. C’è un profondo legame tra il teatro britannico e quello russo, al punto che da noi Cechov è l’autore più rappresentato dopo Shakespeare. E per quello che mi riguarda strettamente come attore e come persona i versi e le parole di Cechov e di Shakesperare mi emozionano profondamente e mi esaltano come molte persone lo sono dal jazz.

Mr. Fiennes, come è stato l’incontro con il regista Istvan Szabò per girare The taste of sunshine?

Sono sempre stato un grande fan del suo lavoro ancora prima di incontrarlo. Non riesco a descrivere l’emozione che ho avuto quando mi è stato detto che voleva parlarmi per propormi una parte in una sua opera. Mi è stata così proposta una sceneggiatura molto ricca in cui era descritto perfettamente l’essere umano e il suo modo di relazionarsi nei confronti della realtà. Questo è un tema presente in tutti i suoi film, ovvero la complessità dell’uomo e la difficoltà del suo rapporto con il mondo. Così sono stato scelto per interpretare tre ruoli diversi che rappresentano idealmente tre diverse generazioni di ebrei ungheresi lungo il cammino di tutto questo secolo. Nel film io sono Ignatz, Ivan e Adam Sonnenschein. Istvan Szabò è sicuramente uno dei più interessanti e migliori registi con cui io abbia mai lavorato. Ogni storia e ogni elemento mostrati in questo film sono di grande interesse e estremamente curati. I dettagli del suo vocabolario sono molto raffinati. Come inglese ho avuto bisogno di studiare la storia ungherese e la cosa più difficile è stata comprendere il periodo comunista di quella nazione. Non esiste niente di paragonabile al regime sovietico per quanto riguarda la privazione delle libertà e della repressione delle idee. Lavorare con Szabò è stata un’esperienza altamente formativa sia dal punto di vista umano che da quello professionale. Abbiamo girato per quasi quattro mesi ed è stata una delle prove più importanti della mia vita di uomo e di attore.

Per la sua immedesimazione in tre diversi appartenenti a una famiglia ebrea, è stato aiutato dal suo lavoro con Spielberg per dare il volto al terribile nazista di Schindler’s List?

Non ero un ebreo nel film di Spielberg e la parte dedicata all’Olocausto da Szabò è solo un terzo rispetto all’intera pellicola.

Che non avesse il ruolo di un ebreo nel film ce ne eravamo accorti…è ipotizzabile, però, che lavorare con il più grande regista israelita della storia del cinema l’abbia aiutata a impossessarsi di elementi utili per l’interpretazione della parte di tre diversi ebrei ungheresi…

Ralphefiennes53.jpg (17428 byte)In effetti ha ragione. Il lavoro di ricerca che ho fatto per Schindler’s List era quello di comprendere che cosa potesse offrire a un giovane austriaco l’ideologia nazista. Ho tentato di comprendere il fascino oscuro di Hitler e della sua spietata follia. Nel film di Szabò, invece, interpreto anche la parte di un ebreo che vuole diventare cattolico, convincendo se stesso che lui è soltanto un ungherese come tanti. Ed è con questa consapevolezza che finisce in un campo di concentramento stalinista. Sebbene il periodo sia quasi lo stesso, la psicologia delle due interpretazione è diametralmente opposta. Con la mia mente, però, ero stato già in quell’epoca tanto oscura per la storia dell’umanità.

Come è stato lavorare con Steven Spielberg?

Noi attori incontriamo spesso i registi nel momento in cui vivono una particolare idea in maniera ossessionante. E l’ossessione di Spielberg era quella di concentrare tutto se stesso nel dovere raccontare al meglio il soggetto più importante della sua vita. Ero molto nervoso dal dovere lavorare con lui, perché mi era stato detto che ha un modo molto veloce di portare avanti la lavorazione dei suoi film e che non è molto gentile con gli attori. Mi piace la sua velocità e trovo la sua energia una grande fonte di ispirazione. Anche se non ha un grande vocabolario intellettuale per dialogare con un attore, Spielberg ha un modo di fare istintivo che coinvolgerebbe chiunque nel portare avanti quella che è la sua idea della recitazione. E’ stata un’esperienza terrificante e bellissima allo stesso tempo. Schindler’s List è un film che pure raccontando un determinato periodo storico e una orribile tragedia ben definita, parla al cuore dell’uomo mostrando le atrocità che questo commette da sempre. Il film tratta degli ebrei, ma quelle cose sono accadute anche agli armeni, ai kosovari, ai cambogiani, ai cileni e così via. Spielberg ha creato un film la cui forza è quella di essere in eterno nel cuore dell’umanità, perché quello che ha raccontato è un tema universale.

 

Marco Spagnoli

np99_riga_fondo.gif (72 byte)

                                           Copyright (c)1996 Ashmultimedia srl - All rights reserved