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redarrowleft.GIF (53 byte) Economia Giugno 1999

Scienza cerca impresa, scopo matrimonio

Da una parte la ricerca pura, dall'altra le piccole aziende e il mercato. Due mondi difficili da far incontrare. Finché due anni fa il Parco scientifico e tecnologico Galileo di Padova non ha messo in piedi un centro dove imprenditori e ricercatori lavorano assieme su progetti comuni. Dalle analisi dei materiali alle lavorazioni non inquinanti, dal negozio "virtuale" al fegato bio-artificiale. Obiettivo: portare l'innovazione a disposizione di tutti

Come esempio sarà un po' riduttivo, ma si può pensare ad un supermercato: dietro il bancone la ricerca scientifica, i progetti, le applicazioni tecnologiche che fanno innovazione; dall'altra gli imprenditori-clienti che girano, scelgono, si consultano e ordinano. E' vero, un negozio così non esiste. Ma il concetto si. E' quello del Parco scientifico e tecnologico Galileo. Nato un paio d'anni fa all'interno dell'Università di Padova, è il tentativo di far confluire insieme ricerca e imprese in un'unico contenitore. E riempire quel quasi vuoto che da sempre esiste fra scienza e iniziative private medio-piccole.

Detta terra terra, l'idea è semplicissima: uno mette i soldi, l'altro la testa. E tutti e due sono contenti. In realtà lo scambio è meno netto. Come spiega il direttore del Parco, Paolo Gurisatti: "Quello che vogliamo è creare un gruppo di ricercatori, imprenditori e tecnici che lavorino assieme. Infatti più che un parco scientifico tradizionale, di pura ricerca, pensiamo ad una collaborazione fra imprese e ricerca. Insomma affiancare competenze pratiche a competenze scientifiche".

Per ora il Parco Galileo serve le province di Vicenza, Padova e Treviso. Che sono, comunque, le tre regine industriali del Veneto. "Noi offriamo un valore aggiunto - continua Gurisatti - Infatti le piccole aziende hanno difficoltà ad avere accesso alla ricerca universitaria. Cosa più semplice per le grandi imprese. A meno che non siano gli stessi imprenditori che vanno in giro ad informarsi, a scoprire i progetti innovativi. E le nostre aziende medio piccole le hanno queste capacità". Ma allora, si sono detti, perché non rendere le cose più facili e disponibili per tutti?

Così, tanto per cominciare, ora sono in piedi 23 progetti per un valore totale di 20 miliardi. Tutti frutto di questo nuovo mix scientifico-industriale. Perché come ha spiegato sempre Gurisatti "Lo studio di alcuni distretti del Veneto mostra che la piccola dimensione non è un fattore di svantaggio se si sviluppa in un sistema che coinvolga imprese e capitali, pur con ruoli e compiti distinti". Un club comunque che non rifiuta accordi con la grande industria, come con il centro ricerche della Fiat.

Ma sono molti i modi per sfruttare questa collaborazione fra aziende e ricerca. Un esempio? Il laboratorio Certilater di Malo, nel Vicentino. Era nato per le analisi e le certificazioni dei materiali per l'edilizia, prodotto forte di quella zona. Ora studia nuove metodiche di lavoro e componenti per i ceramisti di Nove. E le sue apparecchiature si usano anche per analizzare la struttura dei fanghi termali di Abano per conto dell'Associazione albergatori. Insomma provette e fabbriche, microscopi e fatturati.

Altri progetti? C'è Dafne, la digitalizzazione dei testi non coperti dal diritto d'autore; lo studio di alternative all'uso del nichel come coprente per rispettare le restrizioni dell'Unione Europea; la ricerca per diminuire l'inquinamento nei processi della concia; il "negozio virtuale" per il settore abbigliamento che punta agli acquisti via Internet. E infine la creazione di colture cellulari per il fegato bio-artificiale progettato dall'università di Padova. Chissà, forse ne sarebbe stato contento anche Galileo.

a.m.

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