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redarrowleft.GIF (53 byte) Scienza Maggio 1999

Il bio-computer

E' largo un 44millesimo di un capello. Si lega ad altri filamenti uguali formando una rete. E soprattutto conduce l'elettricità. Così alcuni studiosi stanno cercando di usare il Dna, cioè la base del materiale genetico degli esseri viventi, per fare sottilissimi collegamenti in microchip e transistor

Forse non sono proprio quei circuiti neuronali che imitano il funzionamento del cervello, sogno degli informatici di mezzo mondo. Ma ora il confine fra biologia e computer, fra mondo naturale e artificiale, diventa ancora più sfumato. Almeno dopo l'annuncio che filamenti di Dna, le molecole alla base del materiale genetico degli esseri viventi, potranno essere usati un giorno per costruire sottilissimi collegamenti per microchip e transistor. Più sottili di qualsiasi altro materiale oggi usato.

A scoprire la nuova frontiera del sempre più piccolo sono stati Hans Werner Fink e Christian Schoenenberger dell'università di Basilea (Svizzera). L'osservazione in fondo era semplice: un filamento di Dna conduce l'elettricità come un buon materiale semiconduttore. Tenendo conto che un semiconduttore trasporta si l'elettricità peggio del rame ma comunque meglio di un isolante, si aprono prospettive sorprendenti.

Se si inserisce un interruttore aperto-chiuso in un filamento di acido desossiribonucleico (Dna), si può regolare il passaggio della corrente nei vari filamenti. Come in un qualsiasi circuito. Solo che questo sarebbe di dimensioni microscopiche. Una catena di Dna infatti non è più grande di due miliardesimi di metro, o se vogliamo un 44millesimo del diametro di un capello. Non esiste oggi nessun filo metallico in grado di essere ridotto a tali dimensioni.

Altro vantaggio: i filamenti di Dna possono unirsi facilmente fra loro, creando una rete. E visto che le molecole terminali dei filamenti si legano "naturalmente" con altre particolari molecole, per creare una rete basterebbe piazzare su un piano le molecole-guida e lasciare che il Dna si "agganci". Inutile dire che un microprocessore o un circuito così concepito sarebbe di dimensioni ridottissime. Certo se l'idea è intrigante, non mancano i dubbi. Anche perché siamo ancora in fase sperimentale. Alcuni ricercatori infatti fanno notare che gli elettroni potrebbero scorrere in modo molto diverso dentro un filamento di Dna rispetto a un filo metallico. Insomma la creazione di un bio-chip è ancora tutto da dimostrare. Senza contare che se domani nascesse il robot a circuiti di Dna, si aprirebbe l'ennesimo problema etico: uomo artificiale o robot umano?

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