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redarrowleft.GIF (53 byte) Attualità Aprile 1999


Noi, indifferenti figli di Serbia

Chiusa dal governo yugoslavo, Radio B 92 trasmette lo stesso via Internet notizie, video in diretta dei bombardamenti, reportage e interviste. Come quella che vi proponiamo a Ognjen Pribicevic, docente di Scienze sociali all'università di Belgrado. Che spiega chi sono oggi veramente i serbi e cosa pensano del Kosovo, di Milosevic, e del loro futuro. Un ex popolo di combattenti divenuti, oramai, apatici cittadini senza futuro

Quando alle 8 di sera di mercoledì 24 marzo a Belgrado è suonata la sirena dell'allarme aereo, è stata una delle prime voci che hanno zittito. Per questo la indipendente "Radio B92" è diventata un po' il simbolo dell'"altra Serbia". Quella che non crede che il presidente Slobodan Milosevic sia l'uomo del destino. Così le hanno sequestrato le apparecchiature, via radio ora è muta. Ma non via Internet (b92.net), dove Radio B92 fa sentire senza sosta la sua voce e si fa anche vedere, attraverso filmati girati clandestinamente per le vie di Belgrado e trasmessi poi on line.

helpb92_url.gif (3255 byte)Tra il materiale che ha messo in Rete c'è un'interessante chiacchierata con il professor Ognjen Pribicevic, docente di Scienze sociali all'università di Belgrado. Un'intervista precedente all'intervento armato della Nato (per questo si parla ancora di sanzioni e non di guerra in atto), ma che forse più di molte analisi occidentali riesce a farci capire chi sono i serbi oggi, cosa pensano di Milosevic, del Kosovo, della loro storia. E del loro incerto futuro. Una lettura che assume anche contorni particolari (e inquietanti) dopo i bombardamenti dell'Alleanza atlantica. Per esempio quando Pribicevic dice che per la gente comune il Kosovo deve restare serbo. O quando pensa che i serbi non combatteranno "senza motivo" (e ora la guerra un motivo glielo ha dato?). E infine la curiosa immagine che in giro per il mondo hanno degli italiani, interessati solo a "belle auto e belle donne".

Questa che segue è la traduzione integrale dell'intervista.

Durante le ultime settimane di violenze in Kosovo, il presidente yugoslavo Slobodan Milosevic è stato dipinto dai media occidentali come un autocrate nazionalista che ha in pratica da solo portato la Serbia verso la guerra. I diplomatici occidentali infatti hanno concentrato i loro tentativi sul presidente stesso nella speranza di strappargli una soluzione politica al conflitto.

Ma fin dove arriva la sua immagine di despota e su quanto appoggio popolare può realmente contare? Radio B92 parla con Ognjen Pribicevic della facoltà di Scienze sociali di Belgrado per cercare di capire meglio l'umore attuale del comune cittadino serbo.

Un sondaggio dell'agosto scorso mostrò che circa il 70 per cento dei serbi approvava il regime imposto da Milosevic in Kosovo. Anche ora la maggior parte dei serbi vede nel Kosovo una terra sacra: così la risposta alla domanda è si, queste persone appoggiano la politica di Milosevic nel Kosovo e non c'è dubbio che sanno bene di che politica si tratta, cioè un regime di polizia imposto agli albanesi del Kosovo.

Penso che Milosevic goda effettivamente di un forte supporto alla sua politica nel Kosovo, e questo non solo perché oltre alle formazioni più nazionaliste e i radicali quasi tutti i partiti di opposizione sono con lui. Il sentire comune sul Kosovo è che questa regione appartiene a loro (i serbi). In altre parole se c'è un argomento su cui Milosevic oggi ha un forte sostegno popolare, è il Kosovo: come dire che è un ostaggio della sua stessa politica. Nel 1988 Milosevic usò proprio il Kosovo per arrivare al potere. E oggi è il Kosovo che sta coinvolgendo l'intera Yugoslavia. Risultato: ora il presidente Milosevic non è più capace di arrivare ad un compromesso perché il suo cavallo di battaglia che gli permise di battere gli avversari politici fu appunto "con gli albanesi non accettiamo compromessi". Il Kosovo appartiene ai serbi, questo è il nodo centrale. E la gente questo non lo ha dimenticato, anzi: forse è l'unica cosa che la gente non ha dimenticato.

Nonostante rappresentino il 90 per cento della popolazione, l'etnia albanese in Kosovo ha perso l'autonomia nel 1989. Il governo serbo dichiarò che se gli albanesi volevano vivere nel territorio serbo dovevano sottostare alle autorità serbe. Qual è per Pribicevic il sentire comune dei serbi riguardo gli albanesi? E perché molti serbi ritengono che la coabitazione fra le due etnie sia impossibile?

Non c'è uguaglianza: gli albanesi sono trattati come persone incivili, primitive, sporche, inaffidabili. Naturalmente Milosevic è colui che ha aperto la bottiglia e ha fatto uscire il diavolo, ma questi sentimenti ostili sono molto più vecchi di Milosevic.

 

Dalla fine di febbraio sono molti gli albanesi e i poliziotti morti negli scontri etnici. Alcune persone sono convinte che potremmo essere sull'orlo di un'altra guerra...

Non sono molti i serbi disposti a combattere per niente. Perché? Non solo per quello che è successo nella guerra di dieci o cinque anni fa, guerra che i serbi hanno perso. Lo si vede anche oggi: i serbi, specialmente di Belgrado e delle grandi città, non sono combattenti. C'è una pessima immagine dei serbi come dei "combattenti nati". Ma le cose sono cambiate. Io penso che i serbi non intendano combattere senza motivo. Se parliamo di imbracciare armi, no, senza un motivo valido non credo. Non sono preparati. I serbi assomigliano più agli italiani: macchine, belle donne e tutto questo genere di cose.

 

La fine dell'ex Yugoslavia, anni di guerra e di sanzioni hanno segnato la popolazione economicamente e psicologicamente. Cosa ne pensa Pribicevic?

La gente che vive a Belgrado è molto meno nazionalista della gente che vive nei sobborghi. Il sentimento comune a Belgrado non ha nulla a che fare con il nazionalismo o altre credenze: è un sentimento di assoluta apatia. Alle persone oggi non interessa niente di niente. Credo che si stia vivendo in un periodo di decadenza generale. Per questo sarebbe decisamente sbagliato tentare di distinguere fra chi è nazionalista e chi no. L'atmosfera generale è di pura apatia: detto semplicemente, la gente se ne frega di tutto.

Solo dieci anni fa queste persone avevano uno standard di vita simile a quello di Spagna o Portogallo. E adesso non hanno più niente. Inoltre sempre più persone si sono rese conto che così la situazione non cambierà mai. Questo è molto importante. Non ha nulla a che vedere con Milosevic: semplicemente non vedono nessuna prospettiva davanti a loro.

 

I Paesi occidentali stanno considerando una nuova ondata di sanzioni per fermare l'uso della forza da parte del governo contro i civili, e premono perché sia restituita una grande autonomia al Kosovo. Il governo yugoslavo insiste che il Kosovo è un suo problema interno e rifiuta ogni mediazione. Cosa significa questo per i serbi?

Il sentimento comune fra la gente normale è che, di nuovo, qualcuno sta complottando contro la Serbia. Ma d'altra parte anche le persone di una certa cultura che hanno una minima conoscenza della politica occidentale (cioè quella degli Usa, l'unica chiara) vogliono che il Kosovo resti serbo. Non per salvaguardare gli interessi della Serbia, ma i loro. Leggi Macedonia, dove un terzo della popolazione è albanese: se qualcosa succede al Kosovo, poi potrebbe estendersi anche in Macedonia e Turchia e Grecia sarebbero a loro volta coinvolte.

Dopo dieci anni di martellante campagna anti-occidentale da parte di Milosevic la gente non crede più a nulla di quello che proviene dall'Occidente. Non gliene frega niente delle sanzioni. Non gliene frega niente di niente: vogliono solo sopravvivere.

 

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