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redarrowleft.GIF (53 byte) Scienza Marzo 1999

I figli della lupa

Se l'Homo sapiens è diventato la specie vincente del pianeta deve forse ringraziare i lupi. E' la tesi intrigante di un biologo californiano. Perché, dice, 135 mila anni fa le affinità del sistema sociale delle due specie li ha avvicinati. E mentre il lupo ci ha scambiati per super-individui dominanti del branco, l'uomo ha potuto sfruttare le superiori abilità di sopravvivenza dell'antenato dei cani per colonizzare mezzo mondo

wolf.gif (56915 byte)Le prove forse non si troveranno mai. Ma l'ipotesi di John Allman, specialista in biologia dell'evoluzione del California Institute of Technology, è sicuramente intrigante. E rende finalmente merito al più fedele amico dell'uomo. Perché, dice Allman, se siamo figli dell'Homo Sapiens e non di quello di Neanderthal e abbiamo colonizzato il mondo in lungo e in largo, lo dobbiamo ai lupi. E ai cani loro discendenti.

E' probabile infatti che i primi individui della specie umana riuscirono a prevalere su altre specie umane contemporanee grazie alla loro maggior abilità di cacciatori. E alla capacità che dimostrarono di poter vivere anche in aree inospitali. E questo avvenne, secondo la ricerca di Allman che sull'argomento ha scritto il libro "Evolving Brains", dopo che l'uomo riuscì ad addomesticare i lupi circa 135 mila anni fa. Un vantaggio che mise ai margini le altre specie simili, come Neanderthal che viveva in Europa e Asia occidentale e l'Homo erectus tipico del sudest asiatico, presenti circa 150 mila anni fa. Tutti e due finiti su un binario morto dell'evoluzione.

I primi sospetti sul possibile ruolo dei lupi nell'evoluzione umana vennero ad Allman osservando i suoi cani da pastore già 30 anni fa, quando era studente di antropologia. In particolare notò la somiglianza fra la struttura sociale dei cani, quando vivono in gruppo, e quella degli uomini. Ma come hanno potuto i lupi favorire l'Homo sapiens? Grazie ai loro sensi super sviluppati: olfatto, udito, forza, resistenza. Capacità di sopravvivenza che hanno aiutato l'uomo, una volta reso docile il lupo, a cacciare gli altri animali e a difendersi dai predatori, soprattutto di notte. "Addomesticare i lupi ha dato un enorme vantaggio alle popolazioni umane, influenzandone la vita - è la tesi di Allman - Infatti ha permesso loro di muoversi in zone geografiche considerate prima inospitali".

Per sostenere la sua ipotesi, John Allman ha fatto una serie di comparazioni sul Dna e di osservazioni sul comportamento di uomini, lupi e cani. "I primi cani addomesticati dovevano assomigliare molto ai lupi. Anche nei comportamenti e in molte funzioni". Poi ha ricostruito i movimenti delle varie specie umane dell'epoca. Oggi si ritiene che l'Homo sapiens originariamente vivesse solo in Africa, mentre i Neanderthal bazzicavano per l'Europa fino alla Russia e l'Homo erectus nel sudest asiatico.

Paradossalmente i lupi vivevano dappertutto nel pianeta, meno che in Africa. Ma il raffronto con il Dna dell'uomo moderno mostra che i nostri antenati ad un certo momento, circa 140 mila anni fa, migrarono fuori dal Continente Nero. E fu passando dall'Asia che incontrarono i lupi. Coincidenza: lo studio di Robert Wayne, un biologo californiano che ha messo a confronto i geni di lupi, cani e altri canidi, ha evidenziato che i cani discendono effettivamente dai lupi e che questo processo di addomesticazione iniziò circa 135 mila anni fa. Proprio quando le popolazioni africane dell'Homo sapiens si affacciavano in Asia.

Avevano molto da insegnare agli uomini, i lupi. Presenti praticamente in tutto il mondo, Nord America compreso, dimostravano di avere una grande capacità di adattabilità e sopravvivenza. Inoltre, sempre secondo Allman, ci fu subito una naturale "affinità" tra bipedi umani e quadrupedi canini. Motivo: la grande somiglianza nella struttura sociale del gruppo. Sia uomini che lupi vivevano assieme (in branco gli uni, nelle tribù gli altri) e si aiutavano. In particolare tutti e due i gruppi si assistono nell'allevamento dei piccoli, formando delle "famiglie estese". Così come la femmina umana restava accanto ai bambini mentre i maschi andavano a cacciare e le portavano il cibo, lo stesso facevano (e fanno) i lupi: la femmina resta con i piccoli e il resto del branco va a caccia anche per lei. Un comportamento, questo, molto raro negli altri mammiferi dove quasi sempre le femmine si devono arrangiare da sole. Senza contare che anche nella caccia vera e propria i lupi erano maestri di strategie collettive. Sfruttando la più efficace della armi: la collaborazione fra individui.

Insomma non ci volle molto forse a stabilire una sorta di comprensione fra le parti. Anche perché, come fra gli uomini, c'è l'individuo dominante nel branco che controlla gli altri e decide la distribuzione del cibo (un capobranco non è in fondo un capotribù?). Al punto che alcuni dei membri in fondo alla scala sociale il cibo lo devono "chiedere". Così mentre l'uomo addomesticò i lupi facendosi passare per una specie di "super-lupo dominante", i lupi domestici vedevano gli umani come membri di un branco unito che lavorava assieme per procurare il cibo ai suoi "cuccioli". Come loro. E quindi accettarono più facilmente il loro ruolo. Insomma pensiamoci, quando guardiamo il cagnolino di casa. Che sia un pastore tedesco o un barboncino, per certi versi siamo un po' anche figli loro.

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