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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Gennaio 1999

I film di gennaio

La gabbianella ecologica di D'Alò
Woody Allen, una Celebrity sconcia

C’è post{Sostituisci con chiocciola} per te (You’ve got mail)

Tom Hanks - Meg Ryan - Greg Kinnear - Parker Posey - Steve Zahn Sceneggiatura Nora Ephron & Delia Ephron Regia Nora Ephron Anno di produzione 1998 Distribuzione Warner Bros. Durata 119'

posta_p.jpg (12266 byte)Il cast e gli autori di Insonnia d’amore tornano in questo remake agrodolce di Scrivimi fermo posta di Lubitsch che vedeva James Stewart protagonista di una storia d’amore divertente e originale. Proprio come accade in questo upgrade digitale interpretato da attori come Tom Hanks e Meg Ryan che di commedie se ne intendono. Anche se i tempi sono cambiati e la posta è elettronica strutturata sul sistema inventato da America On Line per chattare allegramente in libertà sotto uno pseudonimo. Chi l’avrebbe detto che "La commessa" e "NY 172" non sono altro che i proprietari di due librerie rivali con una concezione totalmente diversa del lavoro e della vita?

Diretto da Nora Ephron regista di Michael il film è una sottile e intelligente commedia con alcune leggere incongruenze finali che non spiegano l’evoluzione psicologica e affettiva di certi aspetti dei personaggi. Questo dovuto – purtroppo – ai tagli cui è stata costretta la regista per dare al film una lunghezza "giusta", lo limita vagamente, smorzando alcuni aspetti interessanti e – soprattutto – squilibrando C’è post{Sostituisci con chiocciola} per te tra un primo tempo divertentissimo e un secondo tempo vagamente retorico e annacquato rispetto la prima parte della pellicola. Nonostante questo, un’ottima commedia con due grandi attori che si divertono e ci divertono nelle loro intelligenti e romantiche schermaglie.

 

Il mio West

Leonardo Pieraccioni - Harvey Keitel - David Bowie - Sandrine Holt - Alessia Marcuzzi Sceneggiatura Giovanni Veronesi & Leonardo Pieraccioni Anno di produzione 1998 Distribuzione Cecchi Gori Durata 97’

Giovanni Veronesi, sceneggiatore di molti film di Nuti e dei successi pieraccioniani non è né Sam Peckinpah, né Sergio Leone e si vede. Dunque, tutti i suoi limiti di autore e di regista sono quelli che nuocciono gravemente alla salute de Il mio west, maldestro omaggio di fine millennio a un genere cinematografico e un luogo mitico e di sogno come la Frontiera americana. Una società in transizione è quella che Veronesi vorrebbe raccontarci e che nonostante due mostri sacri come David Bowie e Harvey Keitel, non riesce a spiegare con qualcosa di leggermente approfondito e meno banale. Mentre Alessia Marcuzzi - bellissima e affascinante - buca lo schermo con il suo fisico e non come attrice (ancora troppo televisiva...), Leonardo Pieraccioni ci sembra "legato"e fuori parte in un ruolo cui non riesce veramente mai a dare spessore.

Il film - inserito nel contesto discutibile della commedia natalizia scaccia pensieri - potrebbe anche funzionare e divertire. Il problema è che con tutti i soldi spesi e le possibilità avute dal regista, Il mio west diventa un'esperienza discutibile e francamente da dimenticare. Perché non bastano certo Harvey Keitel e David Bowie a dare forza a una storia con molti appeals, quando tutto viene affondato in un'incomprensibile pochezza di idee.

 

L’amico del cuore

Vincenzo Salemme – Eva Herzigova – Carlo Buccirosso – Maurizio Casagrande – Nando Paone Sceneggiatura e Regia Vincenzo Salemme Anno di produzione 1998 Distribuzione Cecchi Gori Durata 100’

Vincenzosalemme_p.jpg (9027 byte)Sarebbe bastata la sorpresa di un'elegante e strepitosa Eva Herzigova che recita discretamente sganciandosi dall'immagine patinata di top model a connotare L'amico del cuore come la commedia rivelazione del Natale 1998. Invece, l'esordiente Vincenzo Salemme ha voluto piacevolmente stupirci regalandoci un film divertente e a tratti esilarante che - pur nel solco della tradizione di Eduardo e Peppino De Filippo - risulta comunque una commedia napoletana pienamente autonoma. Moderna e intrigante. Un film allegro e scanzonato che - partendo dall'antefatto di un medico in fin di vita che chiede al suo migliore amico di potere trascorrere un po' di tempo con la sua bellissima moglie - sviluppa un'allegrissima commedia, spesso prevedibile, ma nonostante tutto gustosissima. Se Carlo Buccirosso e Maurizio Casagrande insieme a Salemme creano delle gag irresistibili, Eva Herzigova è perfetta nel ruolo dell'oggetto del desiderio. Una pellicola simpatica ed esilarante, che diverte soprattutto per la sua ingenuità e la sua semplicità. Un film anche dal sorprendente risvolto civile che vede l'amicizia come un valore che supera ogni egoismo e gelosia. Davvero un ottimo debutto quello di Salemme da cui ci aspettiamo ancora tante sorprese.

La gabbianella e il gatto

Cartoni Animati - Sceneggiatura Enzo D'Alò & Umberto Marino tratta dal romanzo Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare di Luis Sepulveda Regia Enzo D'Alò Anno di produzione 1998 Distribuzione Cecchi Gori Durata 76'

gabbianella_p.jpg (16176 byte)Enzo D'Alò già regista dell'interessante La freccia azzurra, torna al cinema d'animazione con una produzione che con i suoi dieci miliardi di costo conquista il posto del più costoso lungometraggio della storia del cinema d'animazione italiano.

Soldi davvero ben spesi, perché il film riesce a trasporre perfettamente sul grande schermo la favola ecologista, etica e civile narrata nel romanzo di Luis Sepulveda Storia di una gabbianella e del fatto che le insegnò a volare. Con le voci assai azzeccate di Carlo Verdone, Antonio Albanese e Melba Ruffo di Calabria, il film rappresenta un'orginale commistione del divertimento puro tipico dei film a cartoni animati con un gusto molto europeo di raccontare una storia che voglia andare oltre. La metafora che vola solo chi osa farlo, diventa una sorta di chiave di lettura per una società in transizione che deve cambiare iniziando a conoscere e a rispettare il diverso. Una favola di tolleranza che nella sua profonda eticità commuove e diverte allo stesso tempo, diventando un utile apologo per insegnare ai bambini a volare oltre le proprie grettezze e ad amare il proprio prossimo. Anche se è solo un po' diverso da noi. Un modo per amare i libri, gli animali e gli altri. Un intelligente e deliziosa produzione che serve a spiegare quanto il mondo possa essere diverso se solo ci impegnano a trasformarlo.

Celebrity

Kenneth Branagh - Leonardo DiCaprio - Judy Davis - Greg Mottola - Joe Mantegna - Charlize Theron - Famke Janssen - Winona Ryder Sceneggiatura e Regia Woody Allen Anno di produzione 1998 Distibuzione Cecchi Gori Durata 120’

Woody_p.jpg (10242 byte)Povero Woody Allen! E chi se lo immaginava che il suo futuro sarebbe stata una vecchiaia sporcacciona ammantata da discussioni intellettuali di risulta?! Un regista come lui - un vero genio della nostra era - ridursi a raccontare storie sconce per spiegare il fenomeno della celebrità negli Stati Uniti...davvero una tristezza soprattutto per chi - come chi scrive - ha eletto il cinema di Allen al primo posto nella personalissima classifica dei film preferiti.

E' vero - la pellicola vorrebbe essere ironica e allegra - ma, mentre una volta potevamo identificarci in un personaggio spettatore incolpevole e - forse - anche ingenuo di fronte alle stranezze dilaganti, in Celebrity - invece - il mondo corrotto e corruttore non trova nessun appiglio per salvare qualcuno. Tutto è sbagliato, tutto è eccessivo, tutti i personaggi sono caricati e guasti nel loro essere più intimo. Tra una scopata e l'altra, tra sesso orale e solo parlato, gli abitanti di questo mondo reso ancora più abulico di sentimenti da un irritante bianco e nero sgranato, che vede attori come Leonardo DiCaprio e Charlize Theron, l'alter ego alleniano di stavolta Kenneth Branagh, raccontano con un gusto da uomo in andropausa, il dorato e fallace universo dello spettacolo americano.

Un film noioso, lento e inspiegabilmente vuoto quello che ci regala il Woody Allen degli anni Novanta. Uomo evidentemente in crisi e genio indiscutibile, incapace - però - di mettersi ancora in discussione. E perché dovrebbe farlo? Le star sono tante, gli incassi al botteghino aumentano proporzionalmente alla facilità con cui si cerca di accalappiare il pubblico con situazioni piccanti, forse, il genio chiede la necessità - per un po' - di lasciarsi andare. O sono solo i soldi?

The Confession

Alec Baldwin - Ben Kinglsey - Amy Irving - Jay O. Sanders Sceneggiatura David Black tratta dal romanzo "Fertig" di Sol Yurick Regia David Hugh Jones Anno di produzione 1998 Distribuzione CDI-Buena Vista Durata 110'

confession_p.jpg (10823 byte)La storia di un dirigente d'azienda sconvolto per la morte del figlio dovuta alla negligenza del personale ospedaliero e il conseguente omicidio di tre persone da parte di questo è l'interessante e toccante antefatto di questo noioso film diretto dall'esordiente David Hugh Jones. La sua esperienza come regista shakespeariano oltre a dare un tono eccessivamente teatrale alla recitazione degli attori, non gli fornisce alcun aiuto in una direzione banale e francamente incomprensibile. Cattivi che diventano buoni all'improvviso, mogli fedelissime che si concedono al primo venuto, giudici corrotti e inspiegabilmente corruttori sono gli elementi di questo thriller sbagliato che danno vita a una storia poco credibile e forzata. Bolso e francamente debole Alec Baldwin, eccessivamente caricata e per il resto senza pathos la recitazione di un Ben Kingsley sottotono.

Eppure gli ingredienti per realizzare un lavoro interessante c'erano tutti: un cast di attori capaci, una sceneggiatura originale e soprattutto un'interessante riflessione sul senso della giustizia che si insinuava dietro gli argomenti tipici del genere thriller. Davvero un peccato insomma, con un responsabile principale: il regista David Hugh Jones ancora troppo inesperto per il linguaggio proprio del grande schermo.

Slam

Saul Williams – Sonja Sohn – Bonz Malone – Beau Sia Sceneggiatura e Regia Marc Levin Anno di produzione 1998 Distribuzione Lucky Red Durata 100’

Slam_p.jpg (18385 byte)Intenso, potente e spietato Slam è un film poetico e politico che racconta il triste destino degli abitanti di colore dei ghetti della città di Washington. Raramente abbiamo assistito a pellicole che riuscissero a coniugare con tanta intelligenza una storia di fiction con elementi sociologici e sociali sulla situazione delle minoranze negli Stati Uniti. Girato con una camera a mano, il film nevrotico e originale racconta il dramma umano e spirituale di un ragazzo nero che si trova a fronteggiare la possibilità di stare dieci anni in galera per avere spacciato marjuana. Poeta del ghetto, il giovane rapper viene convinto a esibirsi in un locale da un’educatrice conosciuta in carcere, dopo essere stato liberato su una cauzione pagata dalla sua banda criminale. Pistole e violenze, sorrisi di bambini e parole di fuoco sono i protagonisti di questo film ritmato da una colonna sonora che esprime tutta la rabbia e la voglia di cambiare di un’intera generazione di giovani nati e cresciuti per strada. Un film durissimo che, vincitore del Noir in Festival di Courmayer e Gran premio della giuria al Sundance Festival, deve la sua forza alla sua grande chiarezza e onestà intellettuale, senza fronzoli e strutture di comodo. Una pellicola forte che – nella povertà di mezzi, ma non di idee – vale cento documentari. Mai avremmo pensato – ed è questa la bellezza del cinema che continua a stupirci – di potere vedere così felicemente insieme la stand up poetry , ovvero poeti che recitano le loro composizioni di fronte a un pubblico, in un film che parla di gang e droga. Che la poesia possa stavolta davvero salvare il mondo?

 

Ronin

Robert De Niro - Jean Reno - Natascha McElhone - Stellan Skarsgard - Sean Bean - Jonathan Pryce - Michael Lonsdale Sceneggiatura j.D. Seik & Richard Weisz Regia John Frankenheimer Anno di produzione 1998 Distribuzione UIP Durata 121'

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Diretto dal regista di Sette giorni a maggio e L'uomo di Alcatraz, Ronin è un ottimo film d'azione. Sparatorie, inseguimenti mozzafiato sulle strade della Costa azzurra o di Parigi, duelli fisici e psicologici basati sul confronto di grandi e ottimi attori. Tutto questo condito da una regia spettacolare che segue l'azione con completezza e coraggio. Purtroppo Ronin è tutto qui. Soltanto ed interamente. La tensione, il pathos, le trovate del grande cinema di spionaggio vengono totalmente a mancare in nome di una segretezza che fa dubitare gli stessi spettatori del motivo per il quale stanno vedendo questa lunghissima pellicola, resa inconsistente dal tessuto connettivo di una sceneggiatura talmente orginale in maniera forzata, da risultare scontata e banale.

Perché agiscano alcuni attori in una certa maniera, purtroppo non lo sapremo mai, mentre quello di cui siamo certi è che - oggi come oggi - che è davvero troppo poco fare un film d'azione solo con mafiosi russi e servizi segreti. Ancora una volta troppo prevedibile e deja vu troppe volte in 007 Goldeneye, Il santo, The Jackal e perfino in Uno dei due della coppia Belmondo-Delon, anche loro in trasferta armata sulla Costa Azzurra.

Tutto troppo scontato e troppo banale come la recitazione di certi attori davvero tanto caricata. Proprio come accadeva a Val Kilmer e a Marlon Brando nell'ultimo lavoro di Frankenheimer, quel triste remake dell'Isola del Dottor Moreau. Tutto questo - come è ovvio che sia - non facilita il godimento di una storia volutamente arzigogogolata e dal finale inspiegabile. Certo la bellezza di Natascha MacElhone nei panni dell'algida terrorista ci aiuta a chiudere un occhio sui tanti buchi di questa sceneggiatura, ma un Robert De Niro enigmatico all'ennesima potenza al punto da essere irritante, compromette definitivamente l'accettazione di un film che sembra una versione sanguinaria di Pacco, Doppio Pacco e contropaccotto di Nanni Loi, dove - tra una fregatura e l'altra - si assiste a un Tour de France compiuto da spie e terroristi armati fino ai denti.

 Marco Spagnoli

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