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ARTE - a cura di Giovanna Grossato - Dicembre 1998

EMILIO CASAROTTO

MONDI A PARTE

A distanza di poco più di un anno dalla prima uscita pubblica di Emilio Casarotto, questa mostra ci dà la possibilità di proseguire al suo fianco il suo percorso d’artista e le sue ulteriori scelte. Essa ci conferma, innanzitutto, la sua volontà di comunicare, di confrontarsi con il suo pubblico e con i suoi amici.

casarp.JPG (11067 byte)Come prima osservazione verrebbe fatto di pensare che Emilio abbia fatto una scelta sostanziale: che, cioè, nelle sue stilizzazioni iniziali egli abbia portato l’affondo con una ulteriore semplificazione che si dirige verso una unità formale assoluta che non soltanto identifica forma e significato, ma anche cosa e spazio.

Certamente per Emilio l’opera scultorea non è un lungo discorso, e questo era chiarissimo anche nella sua produzione precedente; tuttavia è adesso, attraverso queste sculture, che appare con grande chiarezza come ogni statua si traduca per lui, in un’unica parola : riassuntiva, essenziale, quasi magica.

Lo stesso titolo dato dall’Autore a questa sua antologica, "Mondi a Parte", è significativa del suo proposito di condurre la schematizzazione degli elementi naturali in mondo "altro" dove l’artificiosità del fare plastico assume il valore di una lingua del tutto nuova e diversa, autonoma non solo rispetto al mondo naturale e consuetamente familiare, ma anche rispetto a ricerche di tipo informale.

Difatti non si può parlare di "informale" qui, davanti a queste figure che cercano di colloquiare con noi, anche se, in sostanza, non possiamo neppure affermare di riconoscerle come appartenenti ad un universo conosciuto.

Si può forse, più propriamente, considerarle "astratte", nell’accezione del termine che definisce astratte quelle manifestazioni artistiche che rifiutano il riferimento ad ogni dato naturalistico, "astraendo" l’artista da qualsiasi richiamo a forme desunte dall’esperienza del reale. O, come direbbe il famoso critico d’arte Giulio Carlo Argan, si tratterebbe di un’arte che "non mira a fornire un’interpretazione della realtà, ma a determinare e designare una condizione della coscienza".

Certo, alcune indicazioni fondamentali di queste recenti opere di Casarotto, (e che di sicuro appartengono ad una elaborazione critica del suo vissuto artistico e culturale), vengono da Picasso o, meglio, da tutta quella scuola di scultura cubista degli anni Trenta i cui massimi rappresentanti sono il giovane Raymond Duchamp-Villon, Henri Laurens e Ossip Zadkine. Ma sono indicazioni di massima, rielaborate con una sensibilità del movimento e dello spazio del tutto originale.

Ciò che appare più vistosamente, piuttosto, in questa nuova via imboccata da Emilio, è una determinazione forte, un desiderio definitivo di lasciarsi alle spalle l’universo rassicurante e familiare per proseguire su un terreno ignoto forse inquietante, verso l’esplorazione profonda dell’animo attraverso la forma.

Questa ricerca ha, difatti, tutta l’aria di essere un "viaggio" in senso mitico; un viaggio che oggi Emilio è disposto ad affrontare a mani nude e senza ripensamenti.

Giovanna Grossato