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SPETTACOLO&MODA - Novembre 1998

 

La poesia in technicolor

Gira pellicole amare e commoventi. Dove i ricordi e la memoria sono i veri effetti speciali. Ora con "L'eternità e un giorno" Theo Angelopoulos racconta la storia di un uomo distante da sé stesso. E da un mondo aggressivo fatto di individui soli dove si è perso il senso dell'essere comunità

Theo.jpg (21528 byte)Theo Angelopoulos è un mostro sacro del cinema internazionale. Autore di pellicole indimenticabili come La recita, Paesaggio nella nebbia, Lo sguardo di Ulisse ha vinto la palma d’oro allo scorso Festival di Cannes con L’eternità e un giorno, amara riflessione sulla vita di uno scrittore nella Grecia d’oggi. Un film intenso, solenne, commovente. Un capolavoro interpretato da Bruno Ganz e Fabrizio Bentivoglio. Una dolorosa lettura poetica della vita e dei ricordi.

Maestro Angelopoulos, il suo personaggio principale ricorda molto i grandi vecchi della letteratura. In particolare quell’Edipo sulla strada raccontato recentemente da Henry Bachau. Da dove ha preso l’ispirazione per questo film ? C’è, forse, una componente autobiografica ?

Certamente. La creazione di questo film è venuta fuori dal mio osservare una finestra di una villa che conoscevo e dal domandarmi che cosa vi fosse dietro. La figura del poeta che acquista le parole per completare il poema che non si può terminare mi assomiglia molto. Il mio tentativo di salvare la storia di certe persone dall’oblio è molto simile negli intenti a quello che il poeta greco Dyonisos Solomòs provò a fare acquistando parole dai poveri abitanti dell’isola di Zante. L’eternità e un giorno per me rappresenta una lettera d’amore nei confronti di mia moglie, delle mie figlie e dei miei amici. Una delle mie figlie mi ha detto una volta: "Quando ho bisogno di te non ci sei mai... e quando ci sei è come se non ci fossi". Da quel dolore è nato in me il desiderio di fare questo film e raccontare la storia di un uomo distante da se stesso proprio come me. Dalle lacrime di mia figlia è nata questa pellicola.

È vero che ha scritto questo film per Mastroianni e Volonté ?

La morte di Gianmaria Volonté sul set di Lo sguardo di Ulisse mi ha posto la domanda che ha dato origine a questo film. Pensavo a Mastroianni come protagonista.

L’ho incontrato a Milano dopo una delle sue ultime rappresentazione teatrali nell’ottobre di due anni fa e ho capito che era molto malato. Ricordo di avergli chiesto se pensava che sarebbe stato un film malinconico e lui mi ha risposto : "No, Theo la poesia non è mai malinconica."

Cosa prova a rivedere i suoi film ?

Le confesso che non riesco mai a rivedere i miei film. Non li ho praticamente mai visti. Nessuno di loro. Li ricordo tutti e quando li vedo passare sullo schermo penso: "Diamine, lì potevo mettere un po’ più di rosso. Là potevo mettere più in luce quel mobile...". Non ho ancora la distanza necessaria da nessuna delle mie pellicole. Quando parlo di un film, in genere, riesco a parlare solo delle intenzioni che avevo e basta.

Lei ha incontrato recentemente Michelangelo Antonioni, uno dei suoi maestri...

Antonioni è stupefacente. Un uomo che nonostante i suoi malanni è ancora in piedi per lavorare ancora...Ho visto i suoi film a pezzi per anni. Con i miei amici di scuola andavo in sala non per rivedere tutto un suo film, ma solo per prendermi "una mezz'ora di Antonioni". Adoro il suo cinema, perché mi ha fatto sognare. Ad ogni modo ho visto L’avventura almeno tredici volte.

Lavorerebbe mai con lui ?

C’è bisogno di chiederlo ?

Qual è il senso della memoria presente da sempre nei suoi film ?

Quando ero giovane in Grecia vivevamo come elementi di una comunità. Oggi siamo invece una triste amalgama di milioni di solitudini. La possibilità del dialogo in una società aggressiva e selvaggia è sempre più remota. La perdita del senso della comunità è quello che voglio raccontare principalmente.

Cosa pensa del cinema del futuro e qual è la sua posizione a riguardo ?

Il cinema ha bisogno di cambiare e di esplorare un altro punto di vista sulla vita e sul mondo. Così come la vita di tutti giorni per tutti noi cambia e vuole cambiare. Noi viviamo un periodo di transizione come il mondo stesso. È come se vivessimo in una sala d’attesa. Non sappiamo quando si aprirà la porta in fondo e cosa troveremo dietro di essa. Come tanti "giovanotti della mia generazione" continuerò a cantare la canzone che conosco bene, in attesa delle sorprese del futuro.

Lei è ottimista riguardo al futuro del cinema europeo ?

Da giovane ero un marxista convinto che il tempo procedesse in maniera orizzontale. Oggi sono convinto che procede come una spirale con piccoli corsi e ricorsi.

Sono preoccupato per l’identità dell’Europa per la sua koiné culturale messa in pericolo dall’invasione silenziosa e strisciante della cinematografica americana. Noi stiamo perdendo la nostra identità culturale e linguistica appiattendo le differenze che sono la carne viva della cultura. Rimango - nonostante tutto - un ottimista e so che il futuro ci riserva grandi sorprese. È vero: non sappiamo né quando, né come, ma sono certo che gli ideali comuni ed europei di libertà e di profonda umanità torneranno - un giorno - in auge. Il cinema e la vita smentiranno ancora una volta le nostre paure.

 

Marco Spagnoli