index PRIMOPIANO - Ottobre 1998

 

Una vita senza Zeri

Critico d'arte ma anche critico della società, della politica e delle devastazioni culturali causate dal "vuoto morale" dell'Italia. Nemico delle ipocrisie e delle mistificazioni. Pignolo negli studi. Così un amico, in queste righe, ricorda lo scomparso Federico Zeri

zeri.jpg (8570 byte)Con la scomparsa di Federico Zeri è venuto improvvisamente a mancare un punto di riferimento fondamentale per la cultura italiana e non solo, oltrechè un grande e sincero amico dell'arte e degli artisti.

Tutti i suoi studi sono nati dall'approccio diretto, non mediato, con l'opera d'arte. Egli,ripeteva che per avvicinarsi alla comprensione parziale di un'opera del passato, era necessario uno studio approfondito del suo contesto, e cioè della società del tempo, in tutte le sue manifestazioni politiche, sociali ed economiche, oltrechè artistiche.

Come storico dell'arte non si è limitato a ripercorrere in maniera acritica e per partito preso, le strade tracciate in precedenza dai suoi maestri Toesca e Longhi, ma ne ha riesaminato sul campo le fonti, rivisto molto spesso a ragione) le attribuzioni, con un coraggio che gli derivava dalla consapevolezza della propria, rigorosa, mai accademica e rigida analisi.

Era pessimista per quello che riguardava l'umanità, in special modo la società italiana, tutta chìusa nel proprio "particolare", persa in un vuoto morale che non risparmia nemmeno il mondo delle espressioni artistiche. Insomma, un personaggio scomodo, un uomo che aveva il coraggio di denunciare pubblicamente gli scandali e le continue devastazioni di un patrimonio culturale ereditato dal passato, testimone della storia dell'uomo.

Inutile ricordare qui il suo straordinario contributo alla comprensione e alla lettura delle opere e della storia dell'arte con pubblicazioni come: "Pittura e Controriforma" del 1975, "La filologia e un nome" del 1961, "Dietro 1'immagine" del 1987, "La percezione visiva dell'Italia e degli italiani" del 1989. Ha curato una sezione della Storia dell'arte italiana per Einaudi, oltre a centinaia di saggi. Da qualche tempo si era avvicinato anche all'arte contemporanea con l'umiltà di un neofita. Grande collezionista di epigrafi e busti romani, poteva contare su di una fototeca privata fra le più fornite del mondo. Accademico di Francia e consulente in alcuni fra i più importanti musei del mondo, non esitava a troncare ogni rapporto di fronte a ipocrisie e mistificazioni.

Da parte mia, oggi, come penso per molte altre persone, è un triste giorno. Per me significa la perdita di un amico lontano ma sempre presente, al quale, dal 1991, confidavo i progetti e le difficoltà. Un rappor to basato sulla stima reciproca. Un uomo raro per coerenza e grande dignità morale, e nello stesso tempo goliardico con le sue "imitazioni" telefoniche per gli amici.

Concludo questo breve omaggio con le parole con cui Zeri introduce il libro dei ricordi autobiografici, pubblicato prima in Francia nel 1995, intitolato "Confesso che ho sbagliato" :-"Chi scrive l'autobiografia è spinto spesso dalla paura della morte, dal,desiderio di innalzarsi un monumento oppure di non lasciare scoperti che i migliori aspetti della propria esistenza, occultando quelli considerati meno brillanti. Da parte mia non ho paura della morte che fa parte della vita; e non pretendo, nelle pagine che seguono, offrirmi modello o esempio, per la ragione proclamata dal titolo stesso di quest'opera".

Sono rimaste sole ora le sue sfingi di pietra a guardare la campagna romana.

Vladimiro Elvieri