SPETTACOLO&MODA - Ottobre 1998

I Film di Ottobre

Un Jim Carrey da Oscar
Paulie, pappagallo buono

 

The Truman Show

Jim Carrey - Laura Linney - Noah Emmerich - Natascha McElhone - Ed Harris Sceneggiatura Andrew Niccol Regia Peter Weir Anno di produzione 1998 Distribuzione UIP Durata 103’

ingrandimentoScritto dallo sceneggiatore di Gattaca Andrew Niccol e diretto dal regista de L’attimo fuggente e Il testimone Peter Weir, The Truman Show è un capolavoro che rimarrà certamente negli annali della storia del cinema.

Interpretato da un Jim Carrey da Oscar, il film racconta la storia di Truman Burbank un uomo che vive sin dalla nascita una vita falsa allestita nel più grande studio cinematografico del mondo. Una telenovela reale solo per Truman, mentre tutti gli altri : dalla madre alla moglie sono attori.

Con momenti di pura poesia e di sommesse citazioni dall’epica greca e delle gesta dei navigatori dell’era moderna, The Truman Show è una satira feroce del sistema televisivo con veri momenti di genio visti raramente da un po’ di tempo a questa parte. Garbato, delicato, acuto, surreale, divertente e commovente, il film si spinge ad analizzare, sbeffeggiandolo un mondo inchiodato ai media con la stessa attenzione che si presta alla gabbietta per i criceti.

Esaltato dalla recitazione di attori strepitosi con un ottimo Ed Harris regista e creatore dello show che si atteggia a padreterno, il finale a sorpresa del film è la più interessante e corrosiva presa in giro della televisione mai vista al cinema.

Un film da vedere, ma anche da capire e amare. Per non fare la fine dei finti spettatori che guardano finte vite per ignorare il proprio vuoto.

Salvate il soldato Ryan (Saving Private Ryan)

Williams Tom Hanks - Tom Sizemore - Edward Burns - Adam Goldberg - Matt Damon - Ted Danson - Dennis Farina Sceneggiatura Robert Rodat Distribuzione Uip Anno di produzione 1998 Durata 163

E' giusto che un gruppo di uomini rischi la propria vita per salvare quella di un singolo soldato, ultimo di una famiglia distrutta dalla guerra? E' accettabile la morte dei molti per salvare la vita di un singolo e lasciare a questo la possibilita' di guadagnarsi la propria salvezza? E' importante risolvere il dramma di una singola madre che rischia di rimanere sola al mondo, quando l'intero mondo é squassato da una guerra dolorosa e ingiusta?

ingrandimentoLa risposta che dá Steven Spielberg in Salvate il soldato Ryan è certamente affermativa e la sua spiegazione risale a quegli ideali di civiltá e democrazia che per coloro che hanno conquistato ogni singolo centimetro della Normandia strisciando nel fango e tra i cadaveri dei loro amici e commilitoni non erano semplici parole. Ecco, perché Spielberg continua il suo viaggio documentario sul significato del passato, realizzando un film sulla Seconda Guerra Mondiale che è essenzialmente una riflessione sul senso della guerra stessa per gli uomini che la combattono. Confermandosi - dopo Amistad e Schindler's List - come un regista civile e profondo, attento a valori di democrazia, libertá e civiltá intimamente legati con il senso patriottico statunitense.

La guerra che racconta Spielberg in Salvate il soldato Ryan parte dal 6 giugno 1944 data dello sbarco in Normandia, del fatidico D-Day, e inizio della fase finale della guerra di liberazione dell'Europa dal nazismo e finisce il 13 dello stesso mese, con la sanguinosa conquista da parte di un piccolo gruppo misto di marines e paracadutisti di un ponte che apre alle truppe alleate la strada per Parigi e - dunque - per la fine della guerra di liberazione e il ritorno a casa.

Realizzato in maniera impeccabile dal punto di vista strettamente cinematografico con camere a mano che seguono a distanza ravvicinata i combattimenti e la morte dei soldati falciati dalle armi tedesche, Salvate il Soldato Ryan si riallaccia a un filone di film di guerra che - da alcuni anni - era stato un po' tralasciato. Il termine di paragone non è costituito, infatti, da pellicole recenti come Platoon, Apocalypse Now o lo stesso Full Metal Jacket di Stanley Kubrick quanto piuttosto a film basati su patria, onore e coraggio come Da qui all'eternitá, Tora! Tora! Tora! e La battaglia delle Midway.

E Spielberg ha fatto un uso spregiudicato dei mezzi tecnici per raccontare la guerra in tutta la sua crudezza e forza. Camere a mano per riprese veloci esaltate da un montaggio duro e dai toni grezzi, con un uso innovativo del suono che sottolinea i momenti in cui i soldati rimanevano assordati dagli scoppi delle bombe e dagli spari, che segue la tecnica cara a Spielberg di mostrare all'ultimo il nemico dopo averlo preceduto dal suono del suo arrivo.

Salvare una vita, tema di Schindler's List torna in questo nuovo film aggiungendo nel finale, la testimonianza del Soldato Ryan, ora nonno con tanto di nipotini che domanda alla moglie se ha saputo guadagnarsi questa salvezza, pagata a caro prezzo.

Una salvezza di una vita che vale quella del genere umano con sei uomini massacrati per salvare uno solo. Giusto o sbagliato, tutto rimane adombrato dal sacrificio e dalla scelta portata avanti durante una guerra di liberazione da un nemico crudele e malvagio.

Forse, da Spielberg ci saremmo aspettati qualcosa di diverso. Ed è bello e soprendente il fatto che un autore del genere ci abbia regalato una pellicola diversa dalle altre. La storia, il motivo in senso strettamente etico della pellicola viene, infatti, messo in secondo piano rispetto alle immagini crude e feroci di una lotta senza quartiere. Con personaggi descritti alla perfezione, un Tom Hanks in forma splendida e che si candida automaticamente a un terzo Oscar, Salvate il Soldato Ryan si rivela essere un film intenso e moderno che dá un cazzotto nello stomaco a chi lo guarda per costringerlo a riflettere.

I detrattori della glorificazione della guerra presente da sempre nel cinema americano sono serviti. La battaglia, la violenza - secondo Spielberg - puó essere necessaria, ma non è mai "santa". I morti sulle scogliere della Normandia per la libertá e la democrazia lo possono testimoniare finalmente.

Grazie a Steven Spielberg.

 

Amare per sempre (In love & war)

Sandra Bullock - Chris O’ Donnell - Emilio Bonucci Sceneggiatura Alan Scott, Anna Hamilton Phelan & Clancy Sigal Regia Richard Attenborough Anno di produzione 1996 Distribuzione Cecchi Gori Durata 113’

Regista di film come Gandhi, Richard Attenborough è un regista che ci ha dato ottime pellicole negli anni passati. Amare per sempre - purtroppo - non è tra queste e il problema sembra collegato non al film in sé, quanto piuttosto all’erronea scelta degli attori. Tratto dai diari di Agnes von Kurowsky, Amare per sempre racconta, infatti, la breve storia d’amore sul Fronte italiano tra l’autrice (infermiera americana in Veneto per sostenere l’esercito italiano) e un giovane soldato di nome Ernest Hemingway.

Se Chris O’ Donnell è troppo leccato e legnoso per essere un giovane e tormentato Hemingway, Sandra Bullock è la solita fredda e incomprensibilmente algida protagonista di una pellicola che, invece, richiederebbe fuoco, sensualità e passione.

È incomprensibile come questa attrice più portata a ruoli semplici e veloci, venga utilizzata in maniera incomprensibile per parti che richiederebbero una preparazione adeguata e una maggiore personalità.

Così la passione tra il giovane autore di romanzi come Il vecchio e il mare e Fiesta e l’avvenente e indecisa infermiera, diventa impossibile da raccontare a causa degli attori principali, che lasciano dipanare in una noia lunga quasi due ore, una storia ricostruita perfettamente dal punto di vista estetico e che, invece, si perde proprio nel cuore del soggetto. Ignorando le contraddizioni di un amore nato sul teatro di una guerra che a questi due giovani non appartiene, in nome di una cura ossessiva per i particolari come uniformi, abiti e armamenti, Attenborough non è in grado di donare forza e spessore a una storia altrimenti interessante. Il risultato è poco più di un documentario, fatto bene, ma troppo lungo e noioso. Senza anima.

 

Paulie

Gena Rowlands - Tony Shaloub - Trini Alvarado Sceneggiatura Laurie Craigg Regia John Roberts Anno di produzione 1998 Distribuzione UIP Durata 91'

Paulie è un film commovente, ma anche divertentissimo realizzato dalla Dreamworks di Steven Spielberg che racconta la storia di un pappagallino parlante disposto a fare di tutto per tornare a stare con la sua padroncina Marie.

Interpretato da attori di grande spessore come Tony Shaloub e Gena Rowlands capaci di trasmettere una grande umanitá all'intera pellicola, Paulie è una metafora per adulti e piccini sull'importanza della parola e della comunicazione.

Come la scorsa primavera in Un topolino sotto sfratto la parabola spielberghiana degli esseri umani che vengono portati alla radice della propria umanitá grazie all'aiuto di animali simpatici e intelligenti, viene riproposta da Paulie pappagallo impiccione e cinico dal grande cuore, che aiuta la sua padroncina con problemi di espressione a imparare a parlare. Sará ripagato dal padre di questa venendo scacciato di casa e iniziando cosí le sue mille peripezie per tornare da Marie fino a quando - nei sotterranei di un istituto di ricerca sull'intelligenza animale, incontrerà Misha, un professore russo emigrato in America e che fa l'uomo delle pulizie.

Impietositosi al racconto di Paulie, arriverà a rapirlo pur di farlo incontrare con la sua adorata Marie liberandolo e consentendo a se stesso di poter riconquistare la dignitá perduta. Un film intelligente, divertente e anche pieno di momenti di pura poesia che rubano lacrime perfino agli spettatori piú disincantati e che aiuta i bambini a capire l'importanza di potere parlare con qualcuno e l'importanza dell'amore che nutrono per noi gli animali domestici. L'amore di Marie per Paulie, lo fará, infatti, ricominciare a volare...

Sei giorni - Sette Notti (Six days & Seven Nights)

Harrison Ford - Anne Heche - David Schwimmer - Acqueline Obradors Sceneggiatura Michael Browning Regia Ivan Reitman Anno di produzione 1998 Distribuzione Buena Vista International Durata 91'

ingrandimentoA quasi dieci anni di distanza da Una donna in carriera, Harrison Ford torna a interpretare una commedia romantica nella quale riesce a sfruttare le caratteristiche di duro acquisite in questi anni trascorsi a salvare il mondo sotto spoglie sempre diverse.

Ed è curioso il fatto che la partner dell'attore protagonista di Indiana Jones sia proprio quell'Anne Heche, esilarante attrice emergente, fino a ieri famosa più per la sua dichiarata lesbicità che per i ruoli interpretati.

Oltre a tutti questi elementi di novità, però, c’è da dire che il film funziona. Allegro e spensierato, racconta la storia di una giornalista in carriera che finisce su un’isola deserta in compagnia di un pilota di aerei in affitto. Le mille disavventure e il fascino del suo compagno di sventura le faranno presto dimenticare il meraviglioso e perfetto fidanzato (il simpatico David Schwimmer di Friends) che la attende su un’isola per trascorrere i sei giorni e le sette notti di vacanza in uno dei posti più belli del mondo.

Diretto con grande maestria da Ivan Reitman Sei giorni e sette notti è una commedia gradevole e leggera, forse, un po’ troppo scontata, ma che trova nella recitazione di due grandi attori il suo punto di forza.

Obsession (Hush)

Gwyneth Paltrow - Jessica Lange - Jonathon Shaech Sceneggiatura Jonathan Darby - Jane Rusconi Regia Jonathan Darby Anno di produzione 1998 Distribuzione Columbia Durata 93’

Noia e incertezze del montaggio affliggono questo film che pure avrebbe avuto un soggetto non originale, ma interessante. Una suocera maniacale che nasconde un orribile segreto, un figlio belloccio, ma un po’ incerto, una nuora determinata, ma anche fragile sono i ruoli portati avanti dai tre protagonisti del film. Ma se Jessica Lange rappresenta l’unico buon motivo per andare a vedere questo film (sexy nonostante l’età è brava nel ruolo della madre psicotica e pericolosa), Gwyneth Paltrow è un po’ sottotono in una parte scritta male che non le consente di esprimere il meglio di sé. Jonathon Schaech, già visto in Music Graffiti non riesce a guadagnare l’attenzione del pubblico, né a conquistarlo. Un ruolo freddo il suo che non emerge mai, perché non ce ne è motivo. Nemmeno al redde rationem immancabile che lo fa assomigliare più a un personaggio di Jane Austen che a un uomo del Duemila.

ingrandimentoDel resto il film è afflitto da troppe incertezze e da veri e propri errori stilistici. Se il finale è incredibile e l’andamento maniacale sembra essere davvero tanto, troppo scontato sono la pancia della Paltrow incinta che scompare e riappare tra una scena e l’altra, macchie di sangue che vengono e che vanno, pettinature da parrucchiere nonostante le scene di dolore con i capelli sconvolti a lasciare veramente allibiti. Un film sbagliato - dunque - con in più il titolo inglese tradotto in un altro titolo inglese. Purtroppo - in questi casi - nemmeno un’attrice del calibro di Jessica Lange basta per rimediare a tutto questo disastro...

La spada magica - Alla ricerca di Camelot
(The magic sword - Quest for Camelot)

Cartoni Animati - con la voce di Gigi Proietti nel ruolo di Devon e Cornelius Sceneggiatura Kirk Demicco, William Schifrin, Jacqueline Feather & David Seidler tratta dal romanzo di Vera Chapman The king’s damosel Anno di produzione 1998 Distribuzione Warner Bros. Durata 85’

Abituati alle animazioni perfette di Anastasia e alla visione del trailer dell’affascinante Principe d’Egitto in uscita a Natale, questo cartone della Warner Bros. appare statico e abbastanza scontato.

Siamo nella terra di Re Artù dove un cattivaccio uccide uno dei cavalieri della Tavola Rotonda, mentre la figlia di questo - tra una cantatina e l’altra - vuole diventare un cavaliere e vendicare la morte del padre.

Il cattivo ruba Excalibur e quando Camelot sta per cadere in mano del nemico la ragazza ormai cresciuta salva la situazione insieme a un ragazzo cieco, ma accompagnato dal falco fatato di Mago Merlino e da un buffo dragone. Tutto secondo i piani, dunque ? Sì, perché la Kayleigh di questo film non è ancora la Mulan del cartone Disney prossimo venturo e quindi manca totalmente di un protofemminismo reale. In realtà è poco più di una presuntuosa che si caccia in un sacco di guai.

ingrandimentoMa a parte la scontatezza della storia e le brutte animazioni (rigide e innaturali), questo film presenta due elementi interessanti di novità per i cartoni animati: il protagonista insieme alla ragazza è un non vedente, quindi è sicuramente uno dei primi personaggi portatori di handicap presente in un cartone cinematografico. Elemento nuovo, anche se attenuato dal fatto che pure cieco, questo personaggio è una specie di piccolo Superman per le cose che fa innaturali per chiunque. L’altro elemento è un Gigi Proietti impegnato (dopo Aladino) nella doppia parte del "dragone siamese" bicefalo, che - con battute esilaranti e situazioni comiche al massimo grado - salva il film dalla banalità in cui era caduto. Disegni non troppo ammalianti e pochi personaggi strappacuore non sono, infatti, in grado di "far montare" la storia, fino a quando non arriva Proietti. Un vero mattatore che esalta le potenzialità del personaggio animato, regalando momenti di pura comicità.

Il signor Quindicipalle

Elizabeth

Così ridevano

Delitto perfetto (A perfect murder)

L'allievo (Apt pupil)

Washington Square

Tutti pazzi per Mary

Radiofreccia

Gallo Cedrone

Marco Spagnoli