SPETTACOLO&MODA - Ottobre 1998

Son Noschese e me ne vanto

Confessa senza pudori che il suo cognome l'ha aiutata. Ma in realtà Chiara, figlia dell'imitatore-showman che ha fatto la storia della tv italiana, è diventata a soli 28 anni un'attrice completa. Per questo ama recitare nei musical dove si impara anche a cantare e ballare. E, mentre aspetta le chiamate dei registi, scrive testi teatrali.
Perché "fare sempre l'attore è soporifero..."

ingrandimentoIntelligente e simpatica, la ventottottene Chiara Noschese è "figlia d’arte" solo a metà. Certo - il padre di Chiara era lo scomparso Alighiero Noschese, insuperato imitatore e attore dalla presenza scenica unica - ma lei con coraggio e tenacia è riuscita a distanziarsi da questa difficile e al tempo stesso piacevole eredità, ritagliandosi uno spazio personale e autonomo assai più ampio di quanto - di solito - i figli d’arte riescono ad avere. Attrice completa, Chiara Noschese è una ragazza moderna dotata di una visione del mondo della recitazione a trecentosessanta gradi.

Quando ha deciso di diventare un’attrice?

Non c’è stato un momento particolare se non quello in cui mi sono resa conto che non volevo fare niente altro. E’ stata una cosa che è andata di pari passo con la mia crescita. A diciotto anni - appena mi sono diplomata - ho superato il provino per entrare nella scuola di Gigi Proietti .

Lei ha esordito nel musical da Alleluja brava gente al fianco di Sabrina Ferilli, poi ne ha interpretato altri come Cantando sotto la pioggia. Una strada difficile visto che questo genere di spettacolo in Italia non ha mai avuto una fortuna eccessiva…

C’è poca tradizione riguardo al musical che - in Italia - è sempre stato identificato solo con la commedia musicale di Garinei e Giovannini. In realtà negli ultimi anni sono stati rappresentati nel nostro paese molti spettacoli di successo da Cats a Evita, da The Rocky Horror picture show a Grease. L’anno prossimo dovrei essere nel cast del film sul musical Cabiria, ispirato al film di Fellini con diciotto canzoni originali..

C’è uno dei tanti musical in particolare che le piacerebbe interpretare?

Sunset Boulevard, ma per il momento sono ancora troppo giovane…Anche Il fantasma dell’opera è tra i miei preferiti, perché unisce una storia meravigliosa a una musica eccezionale.

Che cosa la affascina tanto di questo genere?

L’essere la frontiera ultima della recitazione per un attore, perché unisce la recitazione al canto e al ballo. E’ una sorta di viatico per tutti, grazie all’aiuto della musica.

Jonathan Pryce ha recentemente detto che l’interpretare dei musical per lui equivale a una sorta di terapia psicologica. Lei avverte questa sorta di beneficio?

Essere un attore con identità sempre diverse è già una sorta di terapia. Unire a tutto questo alla possibilità di cantare, rappresenta davvero il massimo. Anche in Italia c’è tutta una generazione di attori che sta venendo fuori da questo ambiente in maniera molto completa.

Il suo cognome l’ha aiutata in qualche maniera?

Assolutamente sì, e chi dice il contrario è un bugiardo.

Le ha mai pesato in qualche maniera?

Anzi, mi ha spronato a esserne all’altezza. Ho sempre cercato di seguire un percorso di lavori di qualità. In teatro ci sono riuscita del tutto, al cinema ci sto provando.

Come riesce a conciliare una carriera teatrale e una cinematografica?

Da questo punto di vista mi considero una privilegiata perché riesco a fare molte cose insieme. Recentemente ho anche iniziato a scrivere anche testi per il teatro perché credo che essere un attore tout court sia riduttivo e impossibile da proporre. Trovo impensabile per me stare a casa ad aspettare una telefonata che ti trasforma in un sacco da riempire ogni volta in maniera diversa. Avere qualcosa in più da dire è molto importante. Se uno ha la possibilità di farlo, la deve sfruttare assolutamente.

Il mestiere dell’attore alla lunga può essere soporifero, personaggio dopo personaggio si rischia di perdere ogni tipo di stimolo. A me piace essere propositiva, quando posso.

Forse, perché lei appartiene a una nuova generazione di attrici…

Lo spero, perché riuscire a proporre delle novità è molto importante. Questo serve a crescere artisticamente sotto tutti i punti di vista e non per dirsi: "ma come sono brava!". E’ un fatto molto banale, ma scrivere serve anche a leggere un copione sotto un altro punto di vista e in un altro ordine di idee.

Le piacerebbe fare la regista?

Sì, ma l’importante è arrivarci piano piano: prima scrivendo un soggetto, poi dirigendo qualche cortometraggio e - infine - magari approdare alla regia. Per adesso porto avanti il mestiere di attrice, poi in seguito si vedrà se riuscirò a realizzare quelli che per adesso sono solo sogni.

Marco Spagnoli