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Cultura - Agosto 1998


La censura in provetta

Colpito da alcune strane statistiche sull'Aids, il sociologo Massimiano Bucchi è andato a vedere se la scienza non rischi a volte di diventare dogmatica: cioè chi non è d'accordo con la tesi ufficiale, è fuori. Come gli eretici nella chiesa. Così ha scritto un libro. Per cercare di capire se è giusto o no far sapere alla gente che anche la teoria più accreditata può essere contestata

aids.jpg (16595 byte)Venerdì 27 ottobre 1994, nella hall di un albergo di Greensboro, nel North Carolina, il dottor Robert Willner dette il benvenuto ai suoi ospiti. Passò poi la parola a un uomo di colore che gli stava accanto. Questi si presentò e spiegò di essere sieropositivo. Willner fece un passo avanti per facilitare il compito dei numerosi fotografi e operatori televisivi presenti, poi senza aggiungere alcuna spiegazione aprì la sua valigetta, estrasse un ago ipodermico e lo inserì nella mano dell'uomo e quindi rapidamente nella propria, per due volte. Nella sala si formò un'atmosfera gelida. I giornalisti non avevano neppure il coraggio di parlottare tra loro, né tantomeno di fare domande. Willner concluse rapidamente la seduta spiegando di essersi iniettato il sangue di un individuo sieropositivo (cioè infettato dal virus dell'Hiv) per attrarre l'attenzione dell'opinione pubblica sul "più grande imbroglio mai perpetrato." Descrisse l'epidemia di Aids come "un labirinto di menzogne [...] creato da un vero e proprio lavaggio del cervello."

Così inizia La scienza imbavagliata, eresia e censura nel caso AIDS di Massimiano Bucchi, in libreria in questi giorni (ed. Limina, prefazione di Giulio Giorello, L. 25.000). Che, a dispetto delle apparenze, non è un libro sull'Aids. Perché? Ecco la spiegazione dell'autore.

Come ha iniziato a interessarsi alla questione degli 'eretici' dell'Aids?

E' stato circa cinque anni fa. Avevo letto un'intervista a Duesberg (un famoso infettivologo che contesta le teorie virali sull'Aids: ndr) in una rivista americana in cui citava alcuni dati impressionanti: la presenza di circa 4600 casi ufficialmente registrati dalle autorità sanitarie americane di Aids senza la presenza del virus Hiv, l'assenza di casi documentati di donne che hanno contratto l'Aids attraverso l'inseminazione artificiale, l'assenza di casi documentati di trasmissione terziaria (cioè di trasmissione dell'Aids da un individuo appartenente ai gruppi a rischio a un individuo al di fuori dei gruppi a rischio - quindi non tossicodipendente, né omosessuale o emofiliaco - e da questi a un terzo individuo non appartenente a questi gruppi) mi avevano decisamente incuriosito.

Così ha pensato di approfondire l'argomento...

Non direttamente. Di quando in quando mi capitava di parlarne con qualcuno, soprattutto colleghi americani che mi hanno confermato che si trattava di uno scienziato estremamente serio e titolato. Successivamente ho letto altre cose su di lui. Ho scoperto che non era il solo a criticare la spiegazione ortodossa dell'Aids, che con lui c'erano vari scienziati altrettanto titolati e alcuni premi Nobel. Mi ha colpito soprattutto il fatto che la maggioranza di quelli che li criticavano non lo facessero sul piano scientifico, ma dicendo che non si potevano far arrivare alla gente comune 'idee pericolose' come quella che l'Aids potrebbe non essere un virus. All'epoca stavo lavorando ad un libro sul rapporto tra scienza e mass media e per un po' ho pensato di dedicare un capitolo del libro a questa vicenda. Poi la cosa mi è letteralmente esplosa tra le mani. La storia di Duesberg e degli altri eretici dell'Aids mi sembrava sempre di più una cartina di tornasole ideale per capire come oggi la scienza interagisce con la società. Così sono partito per la California per sentire la storia dalla viva voce di questi scienziati e dei loro oppositori.

Che impressione ha avuto?

Dal punto di vista strettamente scientifico non posso e non voglio dire nulla. Io sono un sociologo e non spetta certo a me stabilire se l'Aids sia davvero un virus, se si trasmetta come abbiamo pensato per oltre dieci anni, se questa malattia sia o meno la 'peste del duemila'. Non è questo il punto. Il mio non è un libro sull'Aids ma un libro sulla comunicazione e le questioni che affronta sono altre: è opportuno in certe condizioni chiudere la bocca agli scienziati che assumono posizioni critiche rispetto a quelle dominanti? Oppure il dibattito scientifico dovrebbe essere sempre aperto al dubbio e al confronto libero delle idee? Il grande pubblico deve essere tutelato proteggendolo da opinioni o teorie 'eretiche' o gli va consentito di accedere a ogni tipo di informazione, per quanto controversa? Questi sono gli interrogativi che affronto. E' certo comunque che fa impressione vedere quello che era unanimemente considerato il più grande virologo del mondo senza più neppure i soldi per le fotocopie per il semplice fatto di avere una posizione diversa dagli altri.

E che tipo di risposte dai?

In casi come questo credo che sia più importante mettere in evidenza i problemi che dare delle risposte. Anche perchè le soluzioni non possono che essere 'politiche'. Ecco, credo che il mio libro in definitiva mostri proprio questo: che la scienza oggi è estremamente permeabile a pressioni 'esterne' di carattere politico, economico e culturale. Ti faccio due esempi molto semplici. L'Aids all'inizio si chiamava Grid (Gay Related Immunodeficiency Disease). Fu solo in seguito alle proteste dei gruppi omosessuali gli scienziati adottarorono la sigla Aids. La cancellazione degli Haitiani dall'originaria lista dei gruppi a rischio (insieme a omosessuali e tossicodipendenti, tanto che l'Aids venne per un certo periodo identificata come malattia delle quattro H - homosexuals, heroin addicts, hemophiliacs e appunto Haitians) fu dovuta alle ripetute pressioni del governo haitiano. A partire dal 1986, gli Haitiani cessarono quindi di esistere come categoria a parte e i relativi casi furono inseriti nella categoria 'eterosessuali'. Questo fece inevitabilmente salire il numero degli eterosessuali colpiti dalla malattia, un dato che fu ampiamente citato ed enfatizzato specialmente dai media senza tuttavia mai spiegare il meccanismo che l'aveva determinato.

Attenzione: non sto dicendo che tutto questo sia giusto o sbagliato, dico solo che è così e dovremmo semplicemente tenerne conto, invece di fingere che la scienza sia qualcosa che avviene su un altro pianeta. Non sto neppure a sottolinearti l'aspetto degli interessi economici: la maggioranza degli studi sull'Aids sono finanziati dall'industria farmaceutica e molti ricercatori sono soci di ditte produttrici di test virali.

A questo proposito, che cosa pensi di vicende come quella di Di Bella?

Penso che se per anni si sollecita la partecipazione del pubblico scatenando emozioni e suscitando speranze, come è avvenuto per la ricerca sul cancro e anche nel caso dell'Aids, poi si deve essere pronti anche a fare i conti con Di Bella.

 "Massimiano Bucchi è andato al centro del problema [...] Ë andato a vedere i ragazzi fuori dal coro: quelli che normalmente si chiamano, dissidenti, dissenzienti, eretici. Con una precisazione: non si tratta di clown, di alternativi, di qualche oscuro medico di provincia. Parliamo di premi Nobel, grandi virologi, ricercatori legati comunque all'establishment [...] il dubbio dovrebbe essere il pane della scienza, più dubbi sollevati, più certo il risultato finale. Questo non è successo con l'Aids. Chiunque dissentisse, o sottolineasse le contraddizioni, veniva messo all'indice, privato della parola, licenziato, emarginato." (Luca Rossi, giornalista e scrittore)

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Massimiano Bucchi ha condotto ricerche presso varie università italiane e straniere e pubblicato numerosi saggi. Tra i riconoscimenti che ha ottenuto vi sono il premio RAI per ricerca sulle comunicazioni di massa (1996) e il premio internazionale Nicholas Mullins per il miglior contributo dell'anno nel campo della sociologia della scienza (1997). Attualmente lavora presso il Dipartimento di Sociologia dell' Università di Trento.