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LETTURE&SCRITTURE Giugno 1998



Hanif Kureishi, il dolore della libertà

Sceneggiatore di film (My beautiful laundrette) e autore di romanzi di successo, lo scrittore anglo-pakistano ha ora terminato il suo ultimo lavoro: Nell'intimità. Dove analizza l'ultima notte di sofferenze e riflessioni di un uomo che ha deciso di lasciare famiglia e figli per ritrovare sé stesso

Il quarantatreenne anglo pakistano Hanif Kureishi è uno dei maggiori scrittori inglesi di questa fine del secolo. Sceneggiatore di film famosi (My beautiful laundrette, Sammie e Rosie vanno a letto) e autore di romanzi di successo, ha realizzato da poco il suo nuovo romanzo Nell’intimità (Bompiani, pagg.107, lire 22.000) dolorosa e accorata riflessione sull’ultima notte di un uomo insieme alla sua famiglia che egli vuole lasciare per sentirsi più libero. Difficile e personalissima analisi dei rapporti tra uomo e donna e tra padri e figli, Nell’intimità è stato lo spunto per l’intervista esclusiva che Kureishi ha rilasciato a Nautilus.

Mr.Kureishi, nel suo ultimo libro lei parla della vita associandola all’idea buddista dell’essere composta da fasi. Di che fase tratta allora il suo libro?

Volevo scrivere un libro su un uomo che sta per impazzire durante una notte che sembra essere senza fine. Mi domandavo come potesse essere la notte di un uomo che sta per cambiare per sempre la sua vita e quali dubbi potesse nutrire – profondi e difficili – nel suo animo.

Lei parla del desiderio dicendo: "Il desiderio ci rende tutti pazzi, ma comunque è meglio essere pazzi che fascisti." Arrivati alla soglia del Duemila, è possibile rileggere la passione da un punto di vista totalmente razionale?

Certamente, noi dobbiamo comprendere ciò che ci accade da un punto di vista razionale. Tutti siamo presi da una passione, da un desiderio, da un bisogno per altre persone e altre cose. Noi dobbiamo tentare di realizzare questi bisogni quando questo è possibile. Ma la mente, spesso, non riesce a lasciare indietro tutti i nostri bisogni e tutti i nostri desideri. Così è assai difficile fare i conti con tutto quello di cui avremmo necessità in un momento solo. Il desiderio è di per sé trasgressivo e può rendere adulto un bambino che non sa fare i conti con le proprie frustrazioni e le proprie inibizioni. Allora ci domandiamo: Che fare? Come sopravvivere con noi stessi quando non ci sentiamo appagati da chi siamo e da quello che facciamo? Questa è una domanda molto vecchia, che ancora non ha trovato una risposta valida.

Nel suo romanzo lei scrive che da giovane commetteva spesso l’errore di leggere un libro dall’inizio fino alla fine. Una frase piena di ironia che sembra ricordare il Groucho Marx che diceva di avere letto più volte La veglia di Finnegan dal principio alla fine e dalla fine al principio, rimanendogli molto più chiara la volta che l’aveva letto dalla fine all’inizio…

James Joyce sarebbe stato felicissimo delle parole di Groucho Marx… Io credo che l’umorismo che deriva dal paradosso sia molto moderno è attuale. Le pagine di Shakespeare sono piene di humour così come quelle di molti altri scrittori non solo britannici. Amo Oscar Wilde e George Bernard Shaw e trovo la loro opera piena di fascino. Mi piace capovolgere le situazioni, adoro l’ironia e credo che siano tutte parti della tradizione all’interno della quale sono cresciuto. Ritengo il mondo un posto che sa essere molto divertente. Da piccolo ridevo molto con mio padre, così come oggi i miei figli si divertono molto con me a ridere a crepapelle, trovandomi alle volte delirante. E’ importante che i bambini ridano del mondo che li circonda. Aiuta loro a capire la vita. Groucho Marx era un’umorista meraviglioso pieno di ironia e paradossi.

Come Woody Allen…

Certo, io amo questo umorismo così originale e acre, ma sempre così vero.

In Italia siamo abituati a scrittori molto seriosi, crede che questo accada anche a causa della fine del Millennio?

Forse, non so…credo che possa dipendere anche da una certa attitudine locale. In Inghilterra abbiamo molti scrittori dark che a delle vere e proprie cascate di sangue umano uniscono situazioni molto buffe e divertenti. Forse, questa caratteristica del Black humour è più vicina al millennio che finisce di quanto possa essere una certa dose di serietà e di scrittura Dark. Personalmente ho sempre preferito leggere scrittori allegri che seri, anche quando questa ilarità di fondo era nascosta da una cappa di cinica ironia come in Dostoevski. Tutti gli scrittori russi sono divisi in questo dualismo: Cechov, ad esempio, scriveva commedie su un mondo che era contemporaneamente triste e orribile, meraviglioso e allegro.

Lei ha mai sentito il bisogno di scrivere di qualcosa che avvertiva essere proibito a se stesso dal proprio io?

Bisogna farlo, perché ciò che è oscuro, proibito e nascosto è sempre più interessante del resto. Tutti abbiamo desideri e passioni di cui ci potremmo vergognare. Se non ti muovi verso questa consapevolezza non puoi essere uno scrittore. Qualcuno nelle proprie opere tenta di mascherare le cose di cui vorrebbe in fondo non riuscire a parlare, ma certo c’è una maniera per raccontarle e nasconderle il più possibile sotto parole dolci e piene di grazia che – in realtà – nascondono situazioni dolorose e terribili. Dal mio punto di vista, io forse non riesco a celare abbastanza le mio ossessioni. E’ per questo che ricevo tante critiche dai miei amici e dai miei familiari che pretendono di trovarsi raccontati nei miei libri e nei miei film. Ma quale sia la verità solo Dio può saperlo.

Marco Spagnoli