index SCIENZA - Maggio 1998

Quel virus gioca a nascondino

Tra i misteri ancora irrisolti dell’Aids c’è quello del luogo segreto che l’Hiv sceglie come "tana" subito dopo l’infezione e prima di scatenare la malattia. Ora un gruppo di ricercatori americani dice di averlo trovato, intanto, nelle scimmie: i linfonodi dell’intestino. Il che significa che per anni il microrganismo dell’immunodeficienza acquisita è stato cercato nel posto sbagliato

Uno dei misteri finora irrisolti dell’Aids è dove va a finire il virus appena entrato nell’organismo, visto che per un certo tempo non si riesce ad individuarlo. I ricercatori infatti sospettano che l’Hiv, nella fase iniziale dell’infezione, vada a nascondersi da qualche parte per rinforzarsi. Insomma un posticino tranquillo per organizzare più tardi il grande assalto al sistema immunitario. Ora una serie di test condotti da un gruppo di scienziati statunitensi della Harvard Medical School su alcune scimmie ha forse svelato il segreto: la "tana" dell’Hiv potrebbe essere l’intestino. Come dire che per anni i ricercatori, scandagliando al microscopio sangue e linfonodi periferici, hanno guardato nel posto sbagliato.

I test hanno mostrato che il virus Siv (o simian immunodeficency virus, il corrispondete dell’Hiv nei primati) prima di tutto va a distruggere le cellule immunitarie dell’intestino e solo dopo entra nel sangue e nelle ghiandole linfatiche. Insomma la fitta rete linfatica intestinale sarebbe l’obiettivo primario dell’agente dell’Aids nel periodo di latenza.

Il problema per i ricercatori sembrava obbligato: l’Hiv sparisce per un certo periodo di tempo, poi comincia a invadere le le cellule-T "helper" Cd4 del sangue e delle linfoghiandole dando il via alla malattia. Deduzione: cerchiamo di bloccare l’attacco virale in quelle cellule. "Visto che il virus colpisce il sistema linfatico - dicono all’Harvard Medical School - tutti gli studi si sono dedicati alle cellule del sangue e dei linfonodi periferici. A nessuno però è venuto in mente che proporio il tratto gastrointestinale contiene gran parte del tessuto linfatico dell’organismo".

A questo punto gli americani direbbero "bingo". Unica incertezza il fatto che per ora di può studiare questa ipotesi solo sulle scimmie. Rilevare l’infezione nell’intestino dell’uomo (che tra l’altro nelle prime fasi non presenta sintomi e non sa di essere infetto) è difficile o impossibile. Con le scimmie (purtroppo per loro) le cose sono diverse. Così ad essere infettati in laboratorio con il virus Siv sono stati alcuni macachi. Dopo una sola settimana dall’infezione il microorganismo aveva già invaso le cellule Cd4 dell’intestino, mentre nei linfonodi e nel sangue le variazioni erano minime.

Conclusioni? Che un buon vaccino dovrebbe prima di tutto proteggere l’intestino. Ipotesi corretta, a parte il particolare che l’equipe medica dell’Harvard Medical Center da tempo ne sta preparando uno di "vivo" e vorrebbe procedere alla sperimentazione sull’uomo. Tra non poche polemiche. Perchè il servizio sanitario nazionale Usa vieta i test di questo tipo sulle persone ritenendo i rischi di infezione troppo alti. Il vaccino vivo infatti si ottiene modificando geneticamente un virus (in questo caso l’Hiv) in modo che sia incapace di replicarsi. O almeno così si spera.

a.m.