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LETTURE&SCRITTURE Maggio 1998



La ricetta anti-depressione

Una serie di proposte quasi gastronomiche tra l'assurdo e il poetico per combattere la malinconia. O forse per imparare a conviverci senza drammi. Basta imparare a cucinare un "cavolfiore nella nebbia" seguendo le istruzioni di Hector Abad Faciolince

Héctor Abad Faciolince, Trattato di culinaria per donne tristi, Sellerio, pp.154, l.15.000

Chi può pretendere di conoscere le ricette della felicità?

Non è certo tale presunzione che ha spinto Héctor Abad Faciolince (classe 1958, colombiano, già autore del romanzo Asuntos de un hidalgo disoluto e di una raccolta di racconti intitolata Malos pensamientos) a scrivere questo suo ilaro-tragico Trattato di culinaria, indirizzato solo in apparenza all’attenzione di "donne tristi", ma appetibile invece da parte di ogni lettore, se è vero che la tristezza - in specie quella causata da disamore o insoddisfazione esistenziale - non è certo declinabile in esclusiva al femminile. Ma veniamo alle ricette, che vanno peraltro sempre lette in senso metaforico e per palati squisitamente letterari.

"Sono preparati semplici e molto poco rischiosi" ammette non senza un pizzico di autoironia l’autore, che apre il suo ricettario consigliando catarticamente un digiuno preventivo come antidoto salutare nei confronti di qualsivoglia infelicità, prima di misurarsi con ciò che egli stesso definisce con finta modestia un "tentativo fallace di stregoneria", giacché ogni scongiuro, se vale, "non è altro che il suono", in quanto qui l’unico aroma che può essere di giovamento è forse solo "l’aria che esalano le parole".

Del resto, pone le mani avanti Abad Faciolince, chi ha mai sostenuto che sia vietato essere tristi? Visto anzi che, come si diceva, si tratta di condizione comune e diffusissima, l’unico rimedio consente nell’attraversare questo stato d’animo senza assumerlo come una malattia. E per convivere in modo acconcio con l’umor nero ecco il primo piatto: cavolfiore nella nebbia. Si tratta dunque di cuocere col "vapore acqueo" quel "fiore bianco e triste", che una volta assaporato "andrà succhiando la tua malinconia (…) senza rubarti l’unica cosa tua in quel momento".

Altra ricetta - questa volta contro l’indigestione di parole. Ai lati di un bicchier di vino porre due libri di poesia da sfogliare durante il pranzo, giacché "solo i buoni poeti ci curano dalla saturazione di parole". Ancora: un preparato anti-età per combattere ogni sensazione di vecchiezza e consistente nel ritrovare i sapori dimenticati dell’infanzia; benché enumerarli banalmente non serva, ammonisce l’autore, in quanto "ognuno dimentica e ricorda a modo proprio".

Scontato, dopo questi esempi, come i rimedi falsamente culinari di Abad Faciolince si rivelino in realtà non-ricette o anti-ricette; insomma un prontuario di consigli all’insegna del disincanto e sulla falsariga d’una filosofia improntata ad un epicureismo ben temperato. Del resto in chiusa di volume confessa senza mezzi termini di non essere un gourmet goloso il nostro eccentrico gastronomo, la cui aspirazione vuole essere semmai quella di inventare astratte ricette "per profumare la tua fantasia". Che ci sia riuscito e dalla sua prosa esali un aroma esotico e suadente è un dato difficilmente contestabile. Leggere per credere.

Francesco Roat