Index Attualità - Maggio 1998



L’abuso obbligato

In Gran Bretagna un clamoroso rapporto sulla psichiatria condanna l’uso di far "ricordare" ai pazienti adulti molestie e sevizie sessuali subite da piccoli. Perché, dicono gli autori, spesso sono memorie false. E a chi non ricorda viene detto che "è la prova che la violenza c’è stata ma la mente vuole negarla". Così mille famiglie inglesi oggi si dichiarano vittime di false accuse

Dopo decenni di colpevole silenzio, la realtà degli abusi sui minori è uscita finalmente allo scoperto, in Italia e nel mondo. Certo un grande passo avanti. Ma con qualche pericolosa deviazione. Come la "sindrome da mostro", dove in mezzo a orribili verità c’è anche l’innocente pensionato che se nel parco pubblico sorride ad un bambino rischia di sentirsi dare del pervertito. Ma ce n’è un’altra di queste trappole che ha fatto e potrebbe ancora fare danni terribili: la "sindrome della memoria recuperata". E cioè abusi e sevizie subiti da piccoli che persone oramai adulte "ricordano" durante i trattamenti di psicoterapia. Ma che, invece, possono essere una clamorosa invenzione della mente. E mandare in rovina intere famiglie.

Argomento complesso ed equivoco, quello della "memoria recuperata". Ma condannato duramente da un rapporto, commissionato dal Royal College of Psychiatrist in Gran Bretagna, rimasto nascosto per due anni. Vediamo di capirci. Il rapporto, che ha causato feroci discussioni tra gli psichiatri inglesi, accusa gli stessi membri del Royal College (l’organismo di controllo degli psichiatri britannici) di "distruggere famiglie innocenti usando tecniche discutibili per scavare nell’infanzia dei pazienti". In altre parole sarebbe stata ignorata l’esistenza della "sindrome da falsi ricordi". Un errore (o peggio?) che è costato lacrime e dolori a circa 1000 famiglie che hanno dichiarato di essere state ingiustamente accusate di abusi sui minori. Abusi la cui unica prova erano i ricordi dei figli o nipoti divenuti adulti e sottoposti a sedute psichiatriche.

Quando in una famiglia cade un’accusa di questo genere è come un’esplosione. I parenti accusati delle molestie perdono lavoro, amicizie e stima. Per ordine del giudice i nonni non possono più vedere i loro nipoti. E a volte le stesse presunte vittime degli abusi sono così traumatizzate dai loro "nuovi ricordi" da arrivare al suicidio. Tutto questo solo ed esclusivamente in base a quello che raccontano su sollecitazione dello psicoterapeuta. Senza prove, senza controllo. Ma con un enorme sospetto: che i ricordi non siano veri.

Ed è quello che dice il rapporto condotto sotto la supervisione di Sydney Brandon, professore emerito di psichiatria alla Leicester University: "L’uso della ‘memoria recuperata’ rischia di screditare la psichiatria – scrive - Perché quando questi ricordi vengono fatti riaffiorare dopo un lungo periodo di amnesia, ci sono grandi probabilità che siano falsi". Insomma un disastro.

A Brandon e colleghi i sospetti sono venuti quando hanno scoperto che a molte persone con disturbi psichici veniva detto che i loro problemi erano legati ad abusi sessuali subiti da piccoli e poi dimenticati. Roba da film di Dario Argento, non da seri specialisti di malattie mentali. A quel punto i pazienti venivano incoraggiati in tutti i modi a "ricordare" quegli abusi, magari di 20, 30 o 40 anni prima.

Visto che psichiatria e psicologia sono materie non proprio precise e frutto di interpretazione, si arriva così ad un pericolosissimo paradosso. Spiega infatti il rapporto che "anche l’incapacità di ricordare abusi subiti nel passato (magari mai esistiti: ndr) viene presa come un segno che l’abuso è avvenuto ma viene inconsciamente negato". Insomma non se ne esce, anche se è tutto falso: se ricordi un’inesistente molestia dello zio lo psichiatra dice "visto che avevo ragione?", se dici di non rammentare niente per lo psicoterapeuta non cambia: "Già, non vuoi ricordare perché è stato un trauma, visto che avevo ragione?". Così come è inutile che il paziente neghi più tardi quei ricordi: la risposta è che "si tratta della prova evidente che non si riesce ad affrontare la verità".

Tra gli elementi raccolti a conferma della inaffidabilità della "memoria recuperata" anche il fatto che parte di queste accuse riguardano abusi avvenuti durante la prima infanzia. Tra cui riti satanici, sesso di gruppo e con animali subiti a 2-3 anni di età. Solo che prima dei 5 anni i ricordi nelle persone sono molto limitati. Lo studio insomma demolisce le teorie alla base di questi trattamenti. Come quella che i traumi subiti vengono ricordati in modo diverso da altri fatti, o che questi ricordi si fissano nel Dna e possono riemergere anche se la mente li ha scordati. Pollice verso anche per ipnosi, uso di droghe durante le sedute e lunghi interrogatori che dovrebbero far riaffiorare le immagini delle sevizie subite da bimbi.

Materia delicata, si diceva. Infatti c’è chi non è d’accordo. Un ex componente dell’equipe di Brandon, Peter Whewell, psicoterapeuta di Newcastle, ha presentato un suo rapporto personale dove afferma che 1 donna su 10 e 1 uomo su 20 hanno subito abusi da bambini e che 1 su 4 soffre di amnesie. Per Whewell, che usa spesso l’ipnosi e altri sistemi per far recuperare la memoria ai pazienti, "la sindrome da falsa memoria non ha alcuna credibilità scientifica". Ma l’altra che basi ha?

Comunque sia, il rapporto-bomba è rimasto nel cassetto per due anni. E a pubblicarlo non è stato il Royal College ma il British Journal of Psychiatry. Motivo: "La paura di riaprire una discussione scomoda che ha visto rispettabili psichiatri scambiarsi feroci accuse e insulti". Intanto non poteva che dirsi d’accordo con Brandon e soci Roger Scotford, direttore della British False Memory Society che sostiene le ragioni delle famiglie ingiustamente accusate di abusi: "Il sistema sanitario paga per una terapia che non è né efficace né sicura. E i terapeuti che usano queste tecniche è come se fossero seduti su una bomba a tempo".