guard SCIENZA - Aprile 1998

La tecnovendetta

Insieme ai benefici diretti ogni innovazione tecnologica comporta sempre una serie di problemi e frustrazioni: il computer che si blocca, il telefonino che distrae in macchina, le strade più grandi e il traffico che peggiora. Ma anche l’inquinamento, faccia oscura del consumismo. Una dannazione con cui l’uomo deve imparare a convivere: la rivincita delle macchine

Chi prima e chi dopo se ne sono accorti tutti. Ma come spesso succede pochi si sono chiesti "perché". Di cosa parliamo? Qualche esempio: perché il traffico, invece di migliorare, peggiora dopo l’apertura di una nuova strada o l’allargamento della vecchia? Perché sembra di perdere più tempo con un telefono a tasti che con il vecchio apparecchio a ruota? Perché nonostante computer, stampanti e meraviglie varie dell’elettronica, lo stress aumenta? Risposta: perché la tecnologia mentre risolve un problema da un parte ne crea un altro dall’altra. In una specie di circuito (per ora) infinito. Al punto che, come si legge in un articolo di Abcnews, Edward Tenner, docente di storia della tecnologia dell’Università di Princeton (Usa) ha cercato di dare una risposta al fenomeno con un libro che si può tradurre più o meno: "Perché le cose si ritorcono su sé stesse: la tecnologia e la vendetta delle conseguenze involontarie". Insomma la "vendetta delle macchine".

Un effetto dai mille aspetti: irritanti, esasperanti, comici e tragici. Perché un discorso è la stampante che sforna senza più controllo cento copie di un documento invece delle tre che servivano, un altro sono gli incidenti stradali anche mortali legati all’uso del telefonino in auto. Sono due esempi di vendetta tecnologica diversa, ma in comune c’è che stampanti e telefonini pur molto utili possono darci anche un sacco di guai.

Intanto volete sapere perché sulle vecchie strade il caos aumenta dopo i miglioramenti? Gli esperti di traffico si sono accorti che chi prima prendeva il treno o la corriera usa la macchina, visto che c’è la nuova strada. Ed è di nuovo ingorgo. Chi conosce l’autostrada A4 Torino-Venezia dopo che è diventata a tre corsie lo sa bene: è tutto come prima, anche perché con tre corsie ci sono più lavori di manutenzione. Quanto al telefono, l’avvento della tastiera ha incoraggiato l’uso di segreterie a distanza e, soprattutto negli Usa, a dare i numeri della carta di credito. Così al telefono ci si sta una vita solo per premere i tastini.

La lista è lunga, comunque. I calcolatori tascabili sono stati una manna per tutti, ma intanto abbiamo disimparato a contare; i programmi di grafica e scrittura permettono cose eccezionali ma così si perde la naturalezza e la spontaneità e tutto diviene standardizzato. Andiamo avanti: le case sono diventate calde e confortevoli sia per noi che per gli acari nei tappeti, causa di allergie respiratorie in molte persone; l’informatica ha fatto in modo che ci si debba muovere o anche solo alzare dalla sedia molto meno di una volta, ma questo ha provocato il 40 per cento in più di dolori alla schiena e al collo. E basta pensare al caso della mucca pazza: l’incremento ponderale dei bovini alimentati con prodotti animali è stato enorme, ma in compenso si è diffuso un pericoloso virus. "Il vero guaio però non sono i costi o i danni possibili – dice Tenner – ma la frustrazione. Perché spesso sentiamo che la tecnologia ostacola addirittura quello che noi vorremmo fare".

Chiaro che l’effetto vendetta meccanica non è solo colpa di microchip, ingranaggi e onde radio. L’uomo infatti ci mette del suo, anzi per Tenner è l’incontro fra la tecnologia e il sistema sociale che provoca i contrasti. Alan Marcus, professore di storia e autore di libri sulla scienza negli Usa all’Iowa State University è d’accordo: "Ogni volta che progettiamo una soluzione tecnologica il problema non è la soluzione in sé ma l’uso che se ne fa. Insomma l’applicazione che ne fa la gente". Non solo involontariamente, ma anche direttamente. Prendiamo le auto: il sistema Abs rende più sicura la frenata, ma questo induce il guidatore a osare di più in curva. E quindi a rischiare di più. E questo vale per le gomme o per altre innovazioni. In montagna ora si può arrivare a quote notevoli e scendere da pendii incredibili, aumentando i pericoli. E’ la cosiddetta "compensazione del rischio": più la tecnologia aumenta la sicurezza di una certa attività, più si rischia.

Il discorso si può ampliare a livello planetario: le armi nucleari sono un esempio di ricerca scientifica "suicida". Ma anche l’inquinamento, l’effetto serra e il cambiamento climatico dimostrano che dietro ogni passo avanti se ne rischia un altro indietro. Così più elementi naturali si possono manipolare, più aumentano i rischi di contraccolpi non voluti (non sempre: a produrre bombe atomiche e diossine non è proprio un’allegra compagnia di ingenui pasticcioni...). A preoccupare è poi il fatto che questo limite uomo-tecnologia è probabilmente vicino al suo massimo: fino a che punto la specie homo sapiens è in grado di assimilare e gestire cambiamenti sempre più rapidi, mai conosciuti prima d’ora?

Qualche conclusione? "Bisogna accettare il fatto che non a tutto si può dare una risposta - dice Marcus – In caso contrario ci aspetta un destino gramo fatto di sconfitte, circondati da cose che non funzionano". Insomma "possiamo ridurre l’impatto della vendetta tecnologica, ma non eliminarlo". Così l’unica difesa, dice Tenner, è di prendere atto che i sistemi oggi sono troppo complicati perché noi si possa capirli. "Meglio affrontare cambiamenti e novità con una buona dose di diffidenza verso tutto quello che può capitare". E se la stampante continua a sputarvi fuori quelle 100 maledette inutili copie, staccate la spina e fategli una bella pernacchia.

a.m.