guard SCIENZA - Aprile 1998

Lo sciroppo anticancro

Dagli Usa una notizia che piacerebbe al professor Di Bella: un cocktail di farmaci che evita gli effetti collaterali delle normali chemioterapie. E che in quasi metà dei pazienti trattati ha portato alla sparizione del tumore. Merito di un gel simile al miele che si inietta direttamente sulla zona malata

Delle nostrane e tutte italiche storie di protocolli medici, decreti legge e baruffe fra esperti sulla cura Di Bella probabilmente non ne sanno nulla. Comunque quella che arriva dall’Arizona Cancer center di Tucson (Usa) è una notizia interessante. Perché riguarda proprio quei pesanti effetti collaterali delle terapie anticancro che il professore modenese dice di eliminare con il suo cocktail. E cioè una metodica che permette di far arrivare il farmaco direttamente sul tumore, senza spargersi per l’intero organismo e con dosi nettamente inferiori a quelle normali.

Il miracolo? No, solo l’idea di iniettare nella massa cancerosa una specie di sciroppo che alla temperatura corporea ha la consistenza del miele. E che lentamente rilascia piccole quantità di antitumorale, molto concentrato (e quindi più efficace) e incapace di provocare guai alle cellule sane dell’organismo perché non passa nel sangue. Harinder Garewal, il medico che ha ideato la tecnica assieme ad altri colleghi, ne ha descritto il comportamento durante una conferenza dell’American Cancer Society. Per ora è stata usata nei tumori della bocca e della gola, ma pare funzioni anche per il cancro al fegato e recidive di quello al seno.

I farmaci anti-tumorali (o antimitotici, che servono cioè a bloccare la replicazione cellulare) vengono normalmente iniettati nel sistema circolatorio. Il che provoca numerosi inconvenienti, visto che la sostanza agisce anche su tutte le cellule sane. Da qui gli effetti collaterali come la nausea e la perdita di capelli ma, a volte, danni gravi e perfino irreversibili ad altri organi. Non basta: proprio per attenuare i guasti della chemioterapia si devono usare dosi limitate. Insomma è il problema dell’equilibrio danno-beneficio.

La domanda viene spontanea: perché non iniettare direttamente il farmaco nel tumore invece che in vena? Perché la circolazione sanguigna lo diluisce subito, portandolo ancora una volta in giro per il corpo. Insomma strada chiusa. Garewal e soci hanno così pensato ad un’alternativa. Si tratta di un cocktail di un comune antitumorale (cisplatina), un vaso-costrittore (epinefrina) e uno sciroppo liquido che ai circa 36 gradi corporei è denso come il miele. Una volta iniettato lo sciroppo nella massa cancerosa, l’epinefrina restringe i vasi sanguigni rallentando la fuoriuscita di sangue dal tumore. Lentamente lo sciroppo-gelatina rilascia l’altro farmaco che resta dentro il tumore a concentrazioni molto alte. Proprio per questo motivo bastano basse dosi di cisplatina. Così basse, dice Garewal, da non dare effetti collaterali.

Lo studio preliminare è stato condotto su 82 pazienti, di cui metà affetto da tumori alla testa e al collo che possono poi estendersi alla bocca, laringe, faringe e tonsille. Alcuni invece soffrivano di recidive per altri tipi di tumori. I pazienti sono stati trattati con una iniezione alla settimana dello "sciroppo" anticancro. Secondo Garewal già al terzo trattamento gli effetti erano evidenti: il tumore era sparito in 32 casi e si era ridotto della metà in altri nove. Come sempre ora ci vorrà tempo per vedere se la nuova metodica è realmente efficace. Comunque le premesse ci sono. Noi intanto restiamo in attesa del prossimo capitolo della saga Bindi-Di Bella.

a.m.