guard SCIENZA - Marzo 1998

Che genio, ha 4 in matematica

I ricercatori stanno cercando di risolvere il mistero del QI, il quoziente d’intelligenza inspiegabilmente cresciuto negli ultimi decenni in tutto il mondo. Non quello legato all’apprendimento scolastico (che è addirittura peggiorato) ma quello che misura l’abilità a risolvere i problemi. Al punto che una persona considerata sopra la media cento anni fa oggi sarebbe un mezzo scemo

Tra i tanti fenomeni che escono da laboratori, studi, ricerche ed analisi di questo fine secolo e inizio terzo millennio, ce n’è uno curioso e all’apparenza incredibile: pare che i giovani stiano diventando più intelligenti rispetto a una volta. Al punto che in base ai classici test che misurano il QI (quoziente d’intelligenza), molte delle persone che all’inizio del 1900 erano considerate normali, oggi sarebbero sotto la media. Insomma quasi stupide.

Quello che tutti gli studiosi hanno notato è che questo progresso è stato molto veloce, soprattutto negli ultimi decenni. Gli psicologi, rimasti abbastanza stupiti da questo improvviso colpo di genio collettivo, hanno tentato qualche spiegazione: la migliore alimentazione, l’urbanizzazione, la maggiore confidenza con i test e forse anche le famiglie meno numerose. In più qualcuno mette nel conto anche la televisione e i videogame che avrebbero reso il cervello dei bambini più agile.

Vero o no, il dato resta. Ma non manca la contraddizione: quella che è cresciuta in maniera esponenziale sembra essere l’intelligenza elastica, cioè il modo di affrontare le cose. Ma quella "fissa", per esempio ciò che si è imparato a scuola, è peggiorata. Al punto che, da questo punto di vista, uno studente del 1930 sarebbe più preparato di quello anni ’90. Comunque sia, di certo non è un fattore ereditario visto che il fenomeno si è verificato da poco tempo e sembra essere correlato molto all’influenza ambientale.

"In qualche modo tutti, nel mondo, stanno diventando più intelligenti, anzi molto più intelligenti" spiega Ulrich Neisser, professore di psicologia alla Cornell University. La prova di tanta genialità (ammesso che sia così) sarebbe nelle enormi conquiste soprattutto tecnologiche fatte in questo secolo, impossibili da pensare anche solo cento anni fa. La scoperta che dalla Cina all’America il QI delle popolazioni è in netto aumento è stata fatta da James Flynn, professore di studi politici all’Università di Otago, in Nuova Zelanda. Flynn si era messo a scartabellare tra questi studi con l’intenzione di smontare la tesi "razzista" di un collega californiano, Arthur Jensen. Tesi che affermava che la differenza di QI nei test tra bianchi e neri (almeno 15 punti a favore dei bianchi) non era dovuta solo all’ambiente, ma anche a parità di educazione la razza bianca era superiore. Flynn si accorse così che i punteggi nei test, con il passare degli anni, erano cresciuti dappertutto. Il che, per ora, è un vero mistero: "E’ evidente che i giovani hanno acquisito particolari abilità che sono alla base di queste super performance – dice Flynn – Quello che dobbiamo fare ora è scoprire da dove viene, questa abilità". Anche perché a complicare le cose ci sono i dati sulle prestazioni scolastiche, che sono paradossalmente peggiorate dagli anni ’60 fino agli anni ’80. Un vero dilemma, insomma. Altri ricercatori comunque confermano l’analisi del professore neozelandese. Neisser per esempio ha scritto un libro sull’argomento del QI mondiale in aumento, "The Raising Curve" (la curva crescente).

A mettere sulla buona strada Flynn sono stati soprattutto i test usati nell’esercito, rimasti per decenni uguali (figurarsi se li cambiavano…). Ma anche quelle prove che prevedevano l’uso di due versioni del test, una vecchia e una migliorata. In tutti i casi le persone dimostrarono punteggi superiori rispetto al passato. Quasi tutta la documentazione raccolta però viene da aree urbane di Paesi industrializzati. E nonostante Flynn abbia rilevato che anche nelle zone metropolitane di Paesi in via di sviluppo (Brasile, Cina) il fenomeno è simile, il "gap" tra passato e presente sarebbe meno evidente.

Le differenze più grandi nel QI Flynn le ha trovate usando il sistema sviluppato ancora negli anni ’30 da John Raven, un metodo che misura la capacità di ragionamento astratto e si basa più sulla forma che sulle parole. Un modo quindi per eliminare l’influenza della cultura e dell’educazione, ovviamente fuorvianti. Il miglioramento, in altre parole, non è legato al fatto che un ragazzo oggi conosce meglio la geografia o risolve problemi matematici più difficili (anzi, è l’inverso), ma che è più bravo a risolvere problemi di logica generale tipo "quale di questi oggetti non va d’accordo con gli altri"). Così Flynn si accorse che i punteggi delle prove, nei Paesi industrializzati, erano cresciuti di sei punti ogni dieci anni. Un aumento che oggi è arrivato a livelli sorprendenti. Ad esempio chi ai primi del ‘900 aveva un punteggio normale o superiore, oggi sarebbe tra gli scarsi o peggio.

Lo psicologo dell’Università di Otago ha comunque usato anche altri metodi di valutazione. Ed ha esaminato circa 73 studi su un totale di 7500 soggetti. Scoprendo che dal 1932 al 1978 la popolazione bianca negli Usa ha guadagnato 14 punti di "intelligenza". Secondo il dottor Neisser se un gruppo di bambini di oggi rispondesse a uno dei test usati nel 1932, un quarto di loro risulterebbe "molto superiore", percentuale che mediamente non supera il 3 per cento della popolazione. Insomma una generazione di genietti.

Anche qui però la conferma "al negativo": tutti i test che misurano l’apprendimento scolastico non mostrano alcun miglioramento. Da qui la considerazione che ad aumentare vertiginosamente in questi decenni è stata solo l’elasticità mentale, non le nozioni. Un altro studioso della Cornell University, la dottoressa Wendy Williams, ha provato a dare una sua spiegazione: oggi perfino sulle confezioni delle merendine, sacchetti, tovaglie in pizzeria e giornalini è pieno di test, puzzle e giochini di abilità molto simili a quelli usati nelle prove di QI. Tanto che in un caso si è scoperto che il quiz stampato su una tovaglia di un fast food era identico ad uno proposto dal "test di Wechsler".

Una cosa però sembra evidente: il tipo di intelligenza cambia a seconda dei tempi. Anche perché giocare con il computer (magari non gli spara-spara ma giochi strategici e di abilità mentale) favorisce capacità ben diverse da chi invece ama leggere libri e visitare mostre. Così se oggi è vero che non nascono più Mozart e Beethoven, siamo però capaci di mandare sonde su Marte e controllare gli atomi. Insomma anche l’intelligenza cambia. Se in meglio o in peggio, è materia da filosofi.

a.m.