Index MUSICA - Marzo 1998

I Masnadieri, please

Giuseppe Verdi fu uno dei pochi autori chiamati a scrivere un’opera per il teatro inglese. E "I Masnadieri", con i virtuosismi vocali della soprano svedese Lind, fu un successo. Ma non in Italia, perché non rispondeva ai canoni risorgimentali del tempo. A riproporre il dramma preso da Schiller è stato il Teatro Comunale di Piacenza

Nell'ottocento solo due compositori di nazionalità diversa da quella inglese scrissero un'opera per un teatro londinese: Carl Maria Von Weber e Giuseppe Verdi. Nel caso di Verdi la commissione fu resa possibile dalla lungimiranza di Benjamin Lumley che nel 1842 assunse la gestione del Her Majesty's Theatre e dell'editore italiano Lucca. Verdi, ancora prima di cominciare la composizione di Macbeth e dopo aver preso accordi con Lumley, aveva scritto un libretto in prosa tratto dal dramma "Die Rauber" di Federico Schiller, affidando la versificazione all'amico Maffei, elegante poeta e stimato traduttore di drammi dall'inglese e dal tedesco.

In effetti Verdi iniziò a scrivere I Masnadieri prima di Macbeth ma poi, stretto un contratto con Firenze per la rappresentazione di una nuova opera, abbandonò per un certo tempo l'impegno per il teatro londinese. Andato in scena Macbeth Verdi ritornò a Milano dove riprese la composizione de I Masnadieri terminando lo spartito per canto e piano e si recò a Londra dove completò la strumentazione durante le prove. La parte di Amalia fu scritta espressamente da Verdi per Jenny Lind soprannominata "l'usignolo svedese", che per la prima volta affrontava il pubblico inglese.

Verdi fu colpito più dalla personalità di questo soprano che dal suo stile di canto ma in effetti, per le difficoltà poste ad arte nella partitura, all'autore occorreva una voce del tipo della Lind . Illuminante è il giudizio che diede Emanuele Muzio, amico e biografo di Verdi: "La Lind generalmente per far udire la sua bravura di canto pecca in fioriture, in gruppetti, in trilli, cose che piacevano nel tempo passato ma non nel 1847". E' significativo come le cadenze nella parte di Amalia venissero lasciate una volta tanto all'invenzione della cantante, che dopo averle realizzate, avrebbe continuato a considerarle di sua proprietà.

I Masnadieri andarono in scena al Her Majesty's Theatre il 22 luglio 1847 in occasione della chiusura della sessione annuale del Parlamento inglese che partecipò compatto alla rappresentazione. La prima ottenne un indiscusso successo sia di critica che di pubblico: della compagnia, oltre alla Lind, facevano parte il tenore Italo Gardoni (in effetti Verdi sperava fosse scritturato Fraschini che poi diverrà l'incontrastato interprete della parte di Carlo), il baritono Filippo Coletti, molto amato da Verdi e che fu il primo Doge nella edizione del 1857 del Simon Boccanegra, ed il basso Luigi Lablache, uno dei pochi bassi che riscuoteva grande successo sia nei ruoli drammatici che in quelli buffi.

In Italia I Masnadieri non ebbero molto seguito dato che lo spirito schilleriano di rivolta cieca ed individualista aveva poco in comune con lo spirito risorgimentale dell'epoca. Varie sono però le pagine di grande interesse come ad esempio il preludio, un andante per violoncello solista ed orchestra, l'aria di Amalia "Lo sguardo avea degli angeli" che abbonda di difficili fioriture, il duetto tra Amalia e Massimiliano e infine la stupenda aria di Amalia "Tu del mio Carlo in seno" preceduta da un recitativo ampio e sinuoso premonitore di Aida.

Al Teatro Comunale di Piacenza I Masnadieri hanno riscosso un meritato successo. Fiorenza Cedolins era Amalia ed ha messo in luce ancora una volta la sua ottima preparazione tecnica, sicura nell'affrontare le difficili ornamentazioni: quella della Cedolins è una voce veramente importante con una omogeneità in tutti i registri, un timbro affascinante ed un notevole volume, impeccabile nelle agilità e quindi in grado di affrontare i più disparati ruoli sopranili.

Ottima la prova di Giorgio Giuseppini nella parte di Massimiliano con una voce sicura, bene impostata ed una bella presenza scenica. Bene Carlos Moreno nella impervia parte di Carlo e Gianni Meoni nella parte di Francesco cui ha dato quel giusto risalto di ambiguità e perfidia. Completavano la compagnia Antonio De Palma, Riccardo Zanellato e Massimo Amitrano. Ottimo e molto impegnato il Coro del Teatro Municipale di Piacenza diretto da Corrado Casati. Prova più che positiva dell'Orchestra lirica del Teatro municipale di Piacenza guidata con mano esperta da Carlo Franci.

Beppe De Tommasi ha creato una regia essenziale ed ha saputo muovere le masse con mano felice. Belle le scene di Giuseppe Ranchetti ed i costumi di Pier Luciano Cavallotti. Successo franco da parte del pubblico che affollava la sala piacentina con numerose chiamate a tutti gli interpreti.

Luciano Maggi