Index Cultura - Marzo 1998

I cyber-buonisti del futuro

Con l’arrivo dei computer per la prima volta nella storia i figli insegnano ai genitori. Così uno scrittore e futurologo americano teorizza che questa nuova generazione che oggi ha dai 4 ai 20 anni porterà ad una società più aperta, meno autoritaria e burocratica e amante del dialogo. Ma non tutto sembra rose e fiori. Perché oggi la tecnologia è nelle mani di pochi. E i bambini poveri, tagliati fuori dalla rivoluzione informatica, resterebbero al palo

Per secoli, anzi per millenni, i figli hanno imparato dai genitori e dai nonni. Ma per la prima volta la specie umana è alle prese con un processo inverso, cioè i bambini che danno lezioni ai grandi. Merito o colpa di questa mini-rivoluzione è l’arrivo del computer e comunque delle nuove tecnologie. Dove i ragazzini, cresciuti assieme a tastiere, videogiochi e microchip sono anni luce più avanti di papà e mamma. Così quello che succede adesso è che i genitori bestemmiano davanti al monitor incapaci di navigare in Internet o trovare un file, finché non si arrendono al Pierino di turno che sghignazzando mette tutto a posto. Ma, scenette familiari a parte, è con il passare degli anni che la differenza si farà sentire. Perché un’intera generazione è nata e vive con il computer davanti. E non capisce come il mondo poteva funzionare, prima, senza.

Una disgrazia? Per Don Tapscott, futurologo e autore del libro "Growing Up Digital", il contrario: una manna. Motivo: la "Net generation" darà vita ad una società meno autoritaria e più portata al dialogo. Mentre la generazione precedente (quella per intenderci tra il dopoguerra e i primi anni ’60) è cresciuta imbambolandosi passivamente davanti alla tv, i ragazzini di oggi si divertono e imparano interagendo uno con l’altro attraverso i computer (sul problema videogiochi è aperto comunque un dibattito: rincretiniscono o fanno diventare più intelligenti?). Risultato: la netgeneration formerà una società più collaborativa, meno gerarchica e burocratica. "Stiamo per affrontare un concetto di autorità più allargato" ha spiegato Tapscott. I cui studi derivano dalle discussioni fatte via Internet con circa 300 giovani tra i 4 e i 20 anni. "L’85 per cento di loro sapeva di computer e Internet più dei loro genitori. E ci sono decine di migliaia di bambini sotto i dieci anni che hanno la loro pagina Web. Cosa che sta creando un’intera nuova cultura".

Inutile dire che oltre alla nuova cultura si preparano grossi cambiamenti anche nel campo del lavoro. Visto che gli stessi ragazzini tecnologici tra qualche anno saranno i nuovi impiegati-tecnici-operai-dirigenti. E le aziende (soprattutto negli Usa) devono cominciare a pensarci. Ad esempio la Hewlett Packard, in California, ha regalato il libro di Tapscott ai suoi dirigenti per capire "cosa succederà quando arriverà questa generazione e come cambierà il modo di lavorare". Non mancano i problemi, dice sempre il futurologo Usa: per i bambini di famiglia povera, tagliati fuori dal mondo digitale, si allargherà ancora di più la distanza con i loro coetanei più fortunati. "Ma questo è un problema che dovranno risolvere governi, aziende e genitori. I governi potrebbero favorire l’acquisto di computer tra i meno abbienti con basse tassazioni. E questa non è una questione sociale o etica, ma economica, visti i benefici sulla ricchezza generale".

Certo queste sono opinioni se non "profezie". Non pochi osservatori infatti sono scettici sugli effetti a breve termine delle nuove tecnologie. E ce ne sono anche di pessimisti, visto che la possibilità che il controllo della tecnologia finisca nelle mani di pochi non è così remota. Un nome su tutti: la Microsoft di Bill Gates che con il sistema Windows domina il mercato mondiale e che, guarda caso, è sotto accusa negli States per violazione delle leggi antitrust.

Comunque Tapscott insiste: la tv è passiva mentre il pc e Internet vogliono dire abilità, dialogo, e-mail, chat e quindi pensare e scrivere. Anche se poi qualcuno ricorda che spesso si sfrutta la posta elettronica e il messaggio anonimo per spedire insulti. Neil Postman, presidente del dipartimento di cultura e comunicazione all’Università di New York e autore di alcuni libri fa parte dei super-scettici. "Se sei un buon lettore – dice - un buon scrittore un buon ascoltatore, allora sei tu a comandare il gioco".