Index Attualità - Marzo 1998


Sesso? Vai al capitolo due

L’educazione sessuale deve risultare dall’integrazione tra l’ambiente familiare e quello didattico. Ma quello che l’insegnante trasmette agli studenti non deve essere un insieme precostituito di informazioni tipo "questo va bene" e "questo no". Altrimenti si creano stereotipi da una parte e trasgressioni dall’altra. Meglio invece spiegare il senso delle relazioni interpersonali, dei gesti e degli atteggiamenti. E rispondere senza pudori alle richieste dei ragazzi

L’Organizzazione mondiale della sanità (Onu) definisce il concetto di salute non tanto come assenza di malattia, ma come "benessere psicofisico e sociorelazionale". L’educazione alla sessualità, pertanto, deve essere intesa come educazione all’affettività e come aiuto alla costruzione di stili di vita positivi che abbiano come obiettivo principali scelte responsabili. Data l’importanza e la vastità dell’argomento, tutti gli interventi che mirano alla promozione del benessere non possono essere di breve durata, ma devono rientrare nell’impostazione pedagogica complessiva, per costruire un benessere da realizzare su basi solide, "su condizioni ambientali umanizzanti, capaci di far vedere ai giovani con evidente chiarezza il senso della vita, in modo che sia sempre meno attraente il desiderio di sprecarla, la tentazione di giocarla, il dramma di legarla ad effimeri momenti che la consumano e la spengono".

A questo punto, però, si pone l’interrogativo sulla scelta pedagogica da adottare: educazione della sessualità o educazione alla sessualità? L’educazione della sessualità basata sulla pedagogia prescrittiva del "si deve" e del "non si deve" tende a costruire uomini e donne secondo un modello determinato a priori. La cultura del "dover essere" non rispetta la persona nelle sue potenzialità, non consente di conoscere e perseguire i valori umani della sessualità che potrebbero rappresentare un momento di crescita, di responsabilizzazione e di libertà decisionale. In questa ottica la sessualità appare organizzata, istituzionalizzata, caratterizzata dal controllo repressivo delle pulsioni o, al contrario, liberalizzata e ordinata nei codici altrettanto rigidi e condizionanti della inevitabilità dei cosiddetti istinti.

Questo è da considerare soprattutto se ci rivolgiamo, come nel nostro caso, ai giovani e agli adolescenti per quali l’imposizione di regole e comportamenti rischiano di provocare un aumento del fascino del proibito e di enfatizzare il gusto della trasgressione. Pertanto l’unica soluzione pedagogica è l’educazione alla sessualità. Non ci si muoverà da verità precostituite o da modelli prefissati, ma dalla considerazione delle potenzialità da sviluppare, dal momento che la sessualità è parte integrante della più complessa struttura personale. L’educazione alla sessualità si preoccupa affinché possano essere appresi linguaggi, gesti, atteggiamenti, capacità relazionali.

Per la sua specifica attività educativo-formativa, la scuola, soprattutto se collegata nella sua azione alla famiglia, costituisce una sede ideale per interventi che accrescono la capacità di promuovere e difendere la propria salute, aumentando la percezione di quei comportamenti che possono portare a situazioni di disagio non controllato, di emarginazione, di solitudine e isolamento che molto spesso diventano rischiosi per la salute sia fisica che psichica. La scuola assume, attraverso appropriati messaggi, la funzione di mediatrice tra persone, famiglia, operatori sanitari e mezzi di comunicazione di massa per formare una solida e diffusa coscienza della salute e favorirne poi la conversione in modello culturale e habitus comportamentale.

Punto nodale di qualunque rapporto educativo è la prospettiva relazionale, dal momento che educare significa anche entrare in una relazione interpersonale che tenga conto dei diversi punti di vista ai quali si dà senso attraverso i sistemi etici, estetici e le logiche. Il modello di comunicazione circolare che si contrappone a quello lineare è ormai largamente accolto in ambito educativo. Particolare attenzione merita l’aspetto non verbale della comunicazione fatto di gesti, sguardi, posture, tono della voce, sorrisi che si manifesta tanto a livello di feedback quanto a livello di produzione di messaggi da parte dell’educatore.

Coscienti del fatto che la comunicazione non è mai neutra, chi parla si assume la responsabilità e il rischio del proprio discorso, perché si educa per quello che si è, non solo per quello che si sa. Anche se è evidente che il punto di vista preso in considerazione è senz’altro quello più caro a chi lo comunica, ciò non dovrebbe implicare un giudizio sul punto di vista dell’altro. Anzi, un atteggiamento di giudizio dovrebbe sempre essere evitato. Compito dell’educatore è aiutare i ragazzi a trovare il proprio punto di vista attraverso la conoscenza di sé e di sé con gli altri.

La scuola non può esimersi dal fornire spiegazioni alle domande degli studenti sui temi dedotti dall’ambiente culturale, dai vissuti personali, dalla percezione dei problemi emergenti, compresi quelli riguardanti la sfera affettiva. Restando senza risposta e sollecitato dall’ansia o dalla curiosità, il ragazzo potrebbe rivolgersi a fonti non attendibili e subire il condizionamento degli stereotipi, mettendo in tal modo in pericolo il proprio equilibrio cognitivo, affettivo, personale. La scuola, come luogo di partecipazione attiva, può offrire risposte alla solitudine e all’isolamento, dando un forte contributo alla prevenzione di quel disagio che spesso apre la strada ai comportamenti a rischio anche in relazione alla diffusione dell’Aids.

Pertanto, obiettivo dell’educazione alla sessualità sarà anche quello di sviluppare nei ragazzi la capacità di trasformare il sapere di vita appreso a scuola in un "sapere di vita". Ciò vuol dire capacità di acquisire consapevolezza di sé e degli altri attraverso la costruzione di una buona immagine di sé e la capacità di progettarsi. Queste linee teoriche sono alla base di interventi didattici del progetto europeo di educazione alla sessualità denominato "European Network of Health Promoting Schools" (http://www.who.dk/tech) a cui aderiscono scuole delle province di Roma, Cuneo, Grosseto, Lecce e Roma. Per informazioni e suggerimenti e.mail: serted{Sostituisci con chiocciola}tin.it

Serena Tedeschi e Loredana Conte