Index Attualità - Gennaio 1998


Baby criminale, ti condanno alla scuola

E’ raddoppiato negli ultimi anni il numero dei minorenni criminali. Tutti giovani difficili che abbandonano la scuola. E che, dicono, ai banchi preferiscono perfino il carcere. Così Melita Cavallo, presidente del tribunale dei minori di Napoli lancia un’idea: tenere questi ragazzi a scuola il più possibile. Ma senza farli sentire diversi

In soli cinque anni è quasi raddoppiato il numero di minori coinvolti in attività criminali. Il numero di giovani condannati al di sotto dei diciotto anni è passato, infatti, dalle 2306 unità del 1991 alle 4.349 del 1995. Secondo i dati forniti dall’Istat l’aumento sarebbe costante per entrambi i sessi. Se nel 1991 erano 1.980 i maschi a delinquere e 326 le femmine, nel 1995 i piccoli criminali di sesso maschile sono arrivati a superare i 3.500, mentre le ragazze sono diventate circa 825. Lazio, Lombardia, Sicilia e Campania sono - nell’ordine - le regioni con il più alto tasso di criminalità minorile. I reati più diffusi tra i baby-criminali vedono al primo posto il furto, seguito dalla rapina, dalla ricettazione, l’acquisto e lo spaccio di stupefacenti e l’oltraggio a pubblico ufficiale. Ma ora (vedi i ragazzini sicari e vittime nella strage di Cinquefrondi) siamo arrivati all’omicidio.

Per capire quale possa essere la funzione della scuola e del sistema educativo più in generale per fermare questa crescita di criminalità, Nautilus ha intervistato Melita Cavallo, presidente del tribunale dei minori di Napoli, una delle zone della penisola "più calde" per quanto riguarda la questione minorile. Soluzioni? Difficili. Ma un’idea c’è: non cacciare dalla scuola i giovani difficili.

Dottoressa Cavallo, cosa può fare la scuola per mettere in atto una sorta di prevenzione della criminalità minorile?

Prima di tutto non deve abbandonare i ragazzi. Si dice che l’evasione scolastica sia fatta di giovani che lasciano la scuola dell’obbligo. In realtà è la scuola a fare sì che molti ragazzi scappino da essa. I ragazzi "difficili", con problemi comportamentali, che hanno alle spalle situazioni familiari disgregate vengono abbandonati dalla scuola. In base alla mia esperienza è la scuola - nei fatti - ad abbandonare alcuni minori. Ad eccezione di alcuni insegnanti, la scuola come sistema non si fa carico di questi giovani che andrebbero educati, prima ancora che istruiti. Da qui nasce anche il vandalismo che attacca l’edificio scolastico come un nemico che ha rifiutato questi minori. Alle volte mi è capitato di sentirmi dire da alcuni ragazzi che giudicavo "Meglio Nisida (cioè il carcere minorile) che la scuola". Perché è in classe che questi ragazzi sentono il marchio della diversità, dell’ignoranza, dell’inadeguatezza e dell’incapacità. In carcere, invece, si sentono tutti cattivi e tutti rifiutati, quindi non lo temono come accade per il sistema scolastico.

Come dovrebbe attrezzarsi allora la scuola per essere un presidio dello Stato e dell’educazione più in generale nelle periferie degradate di Napoli e di altre città?

La scuola si è dotata di operatori psico-pedagogici, che sono insegnanti di riferimento per l’intero istituto per la consulenza riguardo i cosiddetti "ragazzi difficili". È già qualcosa, ma di certo non risolve nulla. Personalmente credo che dovrebbe venire istituito un ufficio di mediazione scolastica, anche se il passo più importante è un altro ancora. Se da un lato, infatti, noi abbiamo una scuola elementare molto accogliente, nel senso che non "butta fuori" i bambini con problemi ma li trattiene, dall’altro la scuola media non è in grado di trattare con ragazzi che hanno problemi di lettura, di pronuncia e di scrittura che non sono particolarmente dotati o che se sono dotati non hanno avuto alle spalle una famiglia in grado di consentire di sviluppare queste doti. Così in prima media noi registriamo il maggiore abbandono scolastico di questi giovani che mandati dalle famiglie a lavorare, spessissimo entrano nel giro della manovalanza criminale, dallo scippo allo spaccio di droga. Come tribunale abbiamo circa settecento segnalazioni di comportamenti violenti in classe da parte dei presidi che chiedono una sorta di avallo alla sospensione definitiva di questi ragazzi.

L’insegnamento della scuola media è più tradizionalista e anche a causa della deludente riforma del ministro Berlinguer, la classe si sdoppia solo quando ha più di trenta alunni. Ma come fa un insegnante a fronteggiare da solo trenta alunni, tra cui ci sono dei ragazzi difficili? Quando questi vanno via, nessuno li cerca. Se le classi fossero di quindici persone, allora sì che le cose potrebbero cambiare.

È ipotizzabile pensare alla creazione di scuole "specializzate"?

Ci devono essere scuole attrezzate per l’attuale svantaggio dei minori. I ragazzi di oggi non sono come quelli di ieri e ci vogliono - dunque - nuove tecniche di istruzione che consentano di "interessare" e di educare anche questi giovani difficili.

Io ho sempre lottato contro l’idea delle classi differenziali, solo che oggi non abbiamo classi di diversi, perché questi - di fatto - li buttiamo fuori.

In qualità di magistrato come pensa si possa tentare un riavvicinamento delle istituzioni a queste realtà degradate?

Tutti noi magistrati che ci occupiamo di minori andiamo spesso nelle scuole per fare una sorta di educazione alla legalità. Il tribunale deve avere un immagine di protezione dei minori cancellando l’immagine di posto dove i minori vengono "stritolati" e il giudice è una persona che condanna. Il mese scorso abbiamo iniziato un corso rivolto alla prevenzione dell’abuso proprio a Torre Annunziata nella scuola dove sono accaduti quei fatti orribili collegati alla pedofilia. Con la consapevolezza che la scuola è il luogo privilegiato per scoprire l’abuso sessuale sui minori, perché il ragazzo o il bambino non possono non lanciare dei segnali.

Noi abbiamo un ottimo rapporto con la scuola e cerchiamo disperatamente di far passare tramite di essa dei messaggi positivi per una collaborazione continua tra gli istituti e il tribunale.

Quali sono gli strumenti necessari per favorire la prevenzione della baby-criminalità?

Intanto la materna dovrebbe essere obbligatoria: si inizia dai tre anni e si tengono i bambini in classi con non più di 15 alunni l’una. Poi la scuola andrebbe attrezzata per interessare ogni ragazzo senza discriminazione: in questo modo sono certa che la criminalità minorile si ridurrebbe in breve tempo. Consentire anche l’apprendistato lavorativo quando si esce dalla scuola è una strada

per combattere la criminalità. Un ragazzo che prende un diploma di scuola media e poi si trova in mezzo alla strada non può fare altro che cadere in mano della camorra o magari di qualche pedofilo che lo ricopre d’oro. Oggi la televisione bombarda di messaggi pubblicitari che inneggiano a zainetti, occhiali, jeans e così via. Cosa fa un ragazzo di quindici anni allora? Se non ha lavoro può solo guardare...

Marco Spagnoli