Index Cultura - Dicembre 1997

Banzai, tutti a scuola

Una delle chiavi del successo sociale ed economico del Giappone nel dopoguerra è stato l’alto tasso di alfabetizzazione e scolarizzazione. Con un sistema capace di salvaguardare le tradizioni e favorire le innovazioni. Così tra grande selettività e sottile influenza delle aziende private, gli studenti escono dall’università pronti per il lavoro

Molti sono gli stereotipi che noi occidentali usiamo quando si parla del Giappone. Efficienza, dedizione smisurata verso il lavoro, senso dell'onore portato alle estreme conseguenze sono, infatti, soltanto alcuni dei luoghi comuni che riempiono i discorsi sull'impero del Sol Levante. Ma come sia stato possibile che il Giappone si sia ripreso dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale fino a diventare la realtà economica che è attualmente (solo oggi sta affrontando la sua prima grande crisi dal 1945) è un discorso leggermente più complicato perché, oltre ai forti aiuti ricevuti dall'occidente, la società nipponica ha puntato fortemente il suo sviluppo sul fattore culturale.

Infatti, con un tasso di alfabetizzazione elevatissimo sin dal secolo scorso, il Giappone è riuscito non solo a mantenere pressoché intatta la propria identità culturale, ma anche a preparare e formare lavoratori dalle capacità operative sorprendenti. Per parlare, dunque, del miracolo nipponico, abbiamo incontrato, in occasione di un suo giro di conferenze in Italia, Kenichi Tominaga, professore di sociologia all'università di Keio presso Tokyo, che oltre essere un sociologo di fama mondiale è anche uno dei massimi esperti del sistema educazionale giapponese.

Qual è il ruolo svolto dalla scuola nella modernizzazione del Giappone?

Un ruolo molto importante. Infatti già nella prima metà del diciannovesimo secolo in Giappone non c'era più analfabetismo, poiché proprio in quell'epoca l'istruzione elementare fu resa obbligatoria. Quando sono nato, nel 1930, la percentuale di studenti che frequentavano la scuola media inferiore e superiore era intorno al 5% della popolazione, mentre solo l'un per cento frequentava l'università. Dopo la seconda guerra mondiale vi è stata una vera "esplosione" degli studi, fino ad arrivare alle attuali cifre che vedono il 90% dei giovani frequentare le scuole di istruzione intermedia ed il 40% di essi proseguire fino all'università. Da queste cifre credo risulti chiaro che l'enorme crescita economica che il Giappone ha avuto dal 1945 ad oggi vada di pari passo con lo sviluppo del sistema scolastico.

Lei parla di alfabetizzazione della popolazione e di progressivo allargamento del sistema scolastico, ma in che rapporto questo si colloca con il passaggio dalla tradizionale cultura giapponese all'esplosione della tecnologia? In altre parole: la scuola è anche un modo di tramandare la cultura della nazione. Nel vostro caso, invece, la tradizione almeno in apparenza è in netto contrasto con l'attualità…

Nonostante le sue tradizioni molto antiche il Giappone è sempre stato molto affascinato dalle novità. Il desiderio di innovazione nella società giapponese è sempre stato fortissimo. Veicolo di tale rinnovamento sono stati, senza alcun dubbio, la scuola in modo particolare, ma anche tutti gli altri canali attraverso i quali passano l'educazione e la formazione dei giovani. Se noi non fossimo riusciti a superare le tradizioni del nostro paese, avremmo corso il rischio di diventare una specie di colonia del mondo occidentale. Invece siamo riusciti a realizzare una grande trasformazione promuovendo una sintesi perfetta tra nuovo ed antico, rendendoci al tempo stesso simili e diversi rispetto agli occidentali; e imprimendo alla nuova cultura scientifica ed economica la nostra specifica identità giapponese. Nei contenuti della scuola si è cercato di bilanciare, dunque, le differenze tra la cultura moderna e quella più spiccatamente tradizionale. Oggi possiamo dire che l'adattamento dei modelli occidentali alla nostra cultura è stato raggiunto in modo pressoché perfetto.

Quali sono i principali indirizzi culturali del sistema scolastico giapponese e come è articolato il corso di studi?

I nostri programmi scolastici sono universali e non differiscono molto da quelli occidentali. La scuola elementare ha il compito di insegnare a leggere, scrivere, farei conti e dare le prime nozioni scientifiche. Il corso superiore si articola in due trienni, il primo dei quali obbligatorio per tutti. Non ci sono distinzioni

di indirizzo, però gli allievi hanno la possibilità di scegliere le materie di cui intendono approfondire le conoscenze. Una più marcata specializzazione si ha negli ultimi due anni del secondo triennio. Qui, in genere, si studia una seconda lingua straniera - la prima è normalmente l'inglese - si approfondiscono la matematica, le scienze fisiche, economiche e sociali e le dottrine politiche. La scuola superiore si conclude con un esame molto selettivo che consente l'accesso all'università, che è divisa in dieci facoltà diverse.

Ha parlato di accesso all'università . In Giappone, circa il 90% degli studenti che si iscrivono all'università conseguono la laurea, mentre in Italia la percentuale scende al 30%. Perché, a suo giudizio, questa grande differenza? Forse gli studenti giapponesi sono più studiosi di quelli italiani?

No, certamente. Il motivo della nostra altissima percentuale di laureati sta nella selettività della scuola giapponese. La selezione, da noi, viene effettuata prima dell'arrivo all'università. Questo perché si ritiene molto difficile verificare la preparazione di un numero troppo elevato di studenti universitari.

Qual é il rapporto tra la scuola ed il mondo del lavoro?

Molto stretto, direi. Sono le stesse aziende ad andare alla ricerca dei giovani all'interno di scuole ed università. Niente di più facile, perciò, che un giovane venga assunto subito dopo la fine della scuola media superiore o dell'università. Si può dire, dunque, che il mondo dell'istruzione sia una specie di tramite tra i giovani e il lavoro.

Quanto, tale situazione, influenza i programmi didattici? In altri termini, la scuola può venire trasformata in una succursale del mondo imprenditoriale?

Non credo che vi sia alcuna influenza da parte dei futuri datori di lavoro sui programmi della scuola e dell'università. Questo non accade perché le industrie e le aziende si fidano soprattutto della preparazione e della selezione effettuate dai professori di università e di scuole prestigiose. E' ovvio che, poi, chi non venga assunto direttamente durante l'università possa, in seguito, trovare lavoro altrove, magari nell'apparato statale. Ed in tal caso deve sostenere anche un esame, perché la valutazione scolastica ed universitaria non è sufficiente.

Qual è il rapporto tra scuola pubblica e privata in Giappone?

L'istruzione privata in Giappone non riguarda tanto la scuola media, ma l'università. La riforma dell'insegnamento, dopo la seconda guerra mondiale, portò il numero delle università statali a quarantasette, esattamente come il numero delle provincie in cui fu diviso il paese. All'epoca non si pensava ad università private, ma col passare del tempo e soprattutto negli ultimi anni vi fu un boom di questo tipo di istruzione. In seguito a questa diffusione dell'università privata ha seguito anche una notevole diffusione di scuole private soprattutto di stampo religioso.

Molto spesso la scuola giapponese insieme a quella anglosassone è stata criticata per il ricorso alle pene corporali. E' una pratica ancora in uso?

Questa è una domanda che sorprende. E' vero che, alle volte, i giornali riportano notizie relative a casi sporadici nella scuola media inferiore e superiore, ma si tratta per lo più situazioni in cui i professori sono stati costretti a difendersi da studenti intenzionati a vendicarsi di bocciature, di sospensioni o di pessimi voti. Casi in cui l'insegnante abbia punito lo studente con una pena corporale a fini educativi non mi pare di ricordarne.

Quali sono i canali attraverso i quali si accede all'insegnamento?

Per quanto concerne la scuola elementare e la scuola media inferiore esistono dei college che preparano per tale tipo di insegnamento. E' ovvio che anche per un qualsiasi laureato normale esistano delle possibilità di accedere all'insegnamento. Per la scuola media superiore è necessaria la laurea, mentre per l'insegnamento universitario sono richiesti altri cinque anni di specializzazione per conseguire il Ph.D. (Philosophy doctor), dopo il quale si diventa prima assistenti, poi, professori.

Il fenomeno droga è esteso nelle scuole e nelle università così come in Europa, oppure è tenuto sotto controllo?

Per quanto riguarda le università non si può ancora parlarne in termini di problema sociale, lo stesso vale per le scuole medie superiori dove il fenomeno si è manifestato finora in forma abbastanza contenuta.

Marco Spagnoli