Index Primopiano - Novembre 1997


Mister Bean, l’odioso irresistibile

E’ stato fulminato dall’incontro giovanile con Jacques Tati. Così Rowan Sebastian Atkinson, compassato ingegnere plurilaureato a Oxford, è diventato l’esilarante pasticcione quasi muto di decine di gag tv e ora di un film. Un successo che, come racconta in questa intervista lo stesso protagonista, ha un segreto: la crudeltà

Sposato, due figli, quarantadue anni a Natale. Rowan Sebastian Atkinson è un brillante ingegnere plurilaureato a Oxford e Newcastle. Fino qui questo estroso curriculum di un compassato ed elegante gentiluomo britannico non lascerebbe minimamente presagire che l’alter-ego di Atkinson sia una delle figure più famose e importanti dell’immaginario collettivo degli anni Novanta. Ovvero quel Mr. Bean perfido pasticcione che fa sganasciare dalle risate con le sue gag il pubblico di mezzo mondo.

Mr. Atkinson, chi è il suo comico preferito?

Premetto che - seppure alle orecchie di molti potrà sembrare incredibile - non ho visto nulla o quasi di Buster Keaton e non ho visto molti film di Charlie Chaplin. Invece, posso dire di essere stato sempre ispirato da altre due grandi figure della comicità mondiale: Stan Laurel e Jacques Tati. Nei suoi rari momenti di bontà, Mr. Bean assomiglia molto a Stanlio. L’incontro con Tati, all’età di diciassette, mi ha aperto una finestra sul mondo della comicità visuale. È stato un momento davvero importante della mia vita, una vera e propria svolta anche se - poi - ci ho messo più di dieci anni per arrivare a dei livelli accettabili di "umorismo fisico".

Quest’anno ricorre il ventennale della morte di Groucho Marx. Cosa ci dice dell’umorismo dei Fratelli Marx, ne è stato in qualche maniera influenzato ?

Adoro la comicità dei Marx Bros. Mi sono sempre piaciuti tremendamente e soprattutto mi è sempre piaciuta la loro anarchia. Ho sempre considerato Mr. Bean un Natural Born Anarchist, un anarchico nato che assomigliava molto a quegli "anarchici nati" che erano i Fratelli Marx. Tra di essi, però, il mio preferito in assoluto era Harpo che veniva un po’ sottomesso all’ego dominante della comicità verbale di Groucho ed era un po’ troppo sfruttato dagli altri della famiglia. Era davvero un visionario, assolutamente irresistibile.

Che cosa la fa ridere oggi?

Adoro la "commedia della crudeltà" e mi piace molto inserire nei miei personaggi la mancanza di decenza e di discrezione.

Cosa pensa di Mr. Bean ?

Lo considero un individuo "insulare". Un essere egoista e solitario con rari contatti con gli esseri umani. È per questo che per Mr. Bean il rapporto con gli oggetti è davvero importante. Per noi che abbiamo creato il suo personaggio era necessario caratterizzare gli oggetti usati da Mr. Bean come la macchina, il rasoio, l’orsetto perché non essendo la sua una comicità verbale, avevamo davvero bisogno di legare la sua immagine a delle cose.

Si dice che i comici, nella vita di tutti i giorni, siano persone molto tristi...

Io mi definirei ragionevolmente serio e abbastanza tranquillo, ma questo non vuole dire - spero - che io sia triste e noioso. Conosco questo rinomato cliché e in effetti credo che sia una diceria messa in giro proprio dai comici. È raro che qualcuno mi fermi per la strada perché tutti pensano che io sia poi del tutto diverso dal personaggio che interpreto.

Mr. Bean è una figura nuova dell’umorismo, tipicamente "Anni Novanta". Come lo ha "costruito"?

Io sono il prodotto del sistema scolastico privato del Regno Unito. La mia non vuole essere una critica, ma è un dato di fatto che io abbia potuto osservare da un punto di vista privilegiato le miserie umane e la vita in generale. Io mi sono divertito moltissimo a scuola e all’Università, ma fare l’attore era qualcosa che sentivo fortemente dentro di me e che portavo avanti parallelamente agli studi. Per fare l’attore bisogna potere osservare la vita. Non da un punto di vista necessariamente esotico, ma è comunque necessario potere guardare bene le persone che ti circondano. È questo che permette all’attore di essere attore.

Marco Spagnoli