Index POLITICA - Novembre 1997


Un’altra toga per Di Pietro

L’ex magistrato neo-eletto senatore al Mugello e in attesa di incarico nella maggioranza di governo ora gira l’Italia per sostenere i candidati dell’Ulivo. L’abbiamo sentito durante un pranzo a Vicenza, il giorno dopo il fallito attentato di Roma. E lui, tranquillo come se non fosse successo niente, tra un bicchiere di novello e un assaggio di tortino di ricotta, ha parlato di politica, campagna elettorale, Feltri e Ferrara. E delle 317 querele che ha presentato

 

Vicenza. Tranquillo, come se non fosse successo niente. Come se la bomba trovata martedì (cioè la sera prima) a Roma, a due passi da dove stava parlando con D’Alema, fosse stata un petardo. Così durante il pasto beve vino Novello, assaggia l’antipasto di salame di salmone e, a differenza dei silenzi in campagna elettorale quando si negava ai giornali e teneva solo comizi, adesso Antonio Di Pietro è sorridente e disponibile. Senza contare i tre cellulari (uno è del ristorante, tanto che si sbaglia e risponde anche a quello) che ha sul tavolo. Arriva da Venezia, dove l’Ulivo lo ha spedito a sostenere la campagna elettorale del sindaco Massimo Cacciari; passa a Vicenza per fare da "spalla" al candidato locale ulivista Giuseppe Doppio e parte, sempre in giornata, per Varese dove deve comparire accanto a qualche altro candidato.

Allora senatore Di Pietro, questa bomba: è un messaggio politico, l’inizio di una nuova strategia? "Allo stato attuale non si sa chi, non si sa perché l’abbia messa né a chi la bomba fosse destinata. Per cui è inutile inseguire dietrologie. Sarebbe parlare a ruota libera. Una cosa è certa: chi l’ha fatto voleva destabilizzare le istituzioni. E le istituzioni devono continuare con serenità. Non bisogna creare inutili allarmismi ma mantenere i nervi saldi e far funzionare la democrazia, in modo da disinnescare la portata psicologica del gesto". Ma lei e D’Alema stavate parlando a poca distanza: questo non è un segnale? "Anche durante la competizione elettorale di Milano c’è stata una bomba – continua Di Pietro osservando il tortino ricotta e spinaci che gli hanno appena servito - Non sappiamo se qui si tratta di pazzi isolati o di una strategia latente. E poi io non sono uno di quei commentatori ‘a caldo’…".

Senatore, adesso si comincia a parlare dei suoi futuri incarichi nella coalizione di governo: cosa farà il neo eletto Di Pietro? "Ah, finché non avrò definito tutti gli attacchi giudiziari che ho subito, e ce ne sono, non assumerò incarichi istituzionali. Quanto tempo servirà? Non so, ma oramai mi pare che i miei nemici siano arrivati a grattare il fondo del barile". E questo cosa vuol dire? Vuol dire che, ad esempio, hanno appena rinviato a giudizio due marescialli per minacce. Volevano che una giornalista mi accusasse di molestie sessuali. E io ho fatto la controdenuncia per calunnia. Per questo dico che siamo al fondo del barile: se si arriva a cose simili… Comunque attualmente ho in corso 320 cause, di cui 317 come parte lesa, due come indagato e una risolta".

A proposito di cause: come è andata la storia con Feltri, il direttore de Il Giornale? C’è stato un accordo politico per far uscire quella pagina di "scuse" il giorno prima delle elezioni al Mugello? Ferrara era imbestialito… "No, è stata un’operazione senza ragioni politiche – spiega l’ex pm di Mani Pulite annusando una mini-porzione di ravioli al radicchio - Solo ragioni giudiziarie e di rapporti umani. E poi hanno trattato altri". Chi, gli avvocati? "Si, hanno fatto tutto loro. La cifra? Non ne abbiamo mai parlato" (ma si dice che il ritiro delle decine di querele presentate dall’ex magistrato contro il Giornale sia costato all’editore Paolo Berlusconi 400 milioni: ndr). Eppure quella pagina di mea culpa di Feltri è uscita in piena elezione e ha messo in crisi il candidato del Polo: non c’era proprio un accordo politico? "No, solo una questione giudiziaria e, come ho già detto, umana. Insomma si tratta di due problemi diversi".

Durante la campagna elettorale al Mugello lei si è negato ai giornalisti e al confronto con gli altri candidati. Non le pare antidemocratico? "Io non ho rifiutato il confronto diretto: in quei giorni ho parlato con 55 mila persone. Ho rifiutato invece lo scontro disumano con chi voleva condurre una campagna elettorale per delegittimarmi personalmente. Non ho mai rifiutato il confronto politico. Si, il problema era Ferrara, non Curzi. Ma scusate, se uno ti viene a dire a casa tua ‘ti odio, ti odio’, tu cosa fai? Il fatto è che gli elettori sono stanchi di questo modo di fare politica. E infatti hanno preferito la mia proposta politica".

Senatore, ma il suo nome per il Quirinale da dove nasce? E’ stata una sua idea? "Io al Quirinale? - sorride Di Pietro davanti al piatto di baccalà che non ha, dice, "mai assaggiato prima" - Queste sono le cose che nascono dalla voglia di voi giornalisti di dire qualcosa. Il fatto è che come tutte le categorie, dai magistrati agli avvocati, tutti sono responsabili di ciò che fanno. E lo devono essere anche i giornalisti. Tanto adesso scriverete che Di Pietro ha detto che ‘la colpa è dei giornalisti’, anche se non è vero…".

a.m.