Index Cultura - Novembre 1997

Che ridere, vado a scuola

L’ex insegnante Domenico Starnone, in pensione da poco, non ha perso l’abitudine di raccontare il mondo scolastico tra umorismo e ironia. Come da tempo fa con i romanzi ("Ex-cathedra") e articoli sul Corriere della Sera e sul Manifesto. Un riso amaro sui mille problemi della didattica italiana. Incapace di crescere e, soprattutto, di far crescere

Finiamola una volta per tutte con maestrine dalle penne rosse e piccole vedette lombarde, parafrasando Oscar Wilde: "La scuola è una cosa troppo importante per poterne parlare seriamente". Almeno così la pensa Domenico Starnone, napoletano, professore in pensione da pochissimo che ha sempre insegnato nelle scuole della periferia romana, e che unisce oltre all'encomiabile passione per l'insegnamento, l'amore per una scrittura colta ed assai più raffinata di quello che egli stesso vuol fare apparire. I suoi romanzi "Ex-cathedra", "Eccesso di zelo" ma anche gli articoli sul "Corriere della sera", su "Il Manifesto"e su "Cuore" sono perle di umorismo e ironia devastanti.

Professor Starnone, che cosa significa insegnare ?

Qualcuno ha detto che mentre imparare si può, insegnare non si può. È un mestiere duro e difficile, portato avanti con difficoltà e dedizione da un buon trenta per cento del personale docente del nostro paese. Cui bisogna aggiungere un altro buon trenta per cento fatto di persone meno capaci, ma sicuramente assai volenterose. È su queste persone che si basa il sistema educativo di questo paese. Persone sole che non vengono assolutamente appoggiate né dallo Stato, né dalla gente.

Che immagine dà, nei suoi libri e nei film che ne vengono tratti, della scuola ?

I ragazzi passano a scuola dalle cinque alle sette ore al giorno e per loro spesso la scuola coincide con un luogo di sofferenza. Si studia e si insegna in edifici orribili e fatiscenti oppure nuovi e assolutamente non funzionali. In cui fa un freddo gelido da novembre a marzo e un caldo asfissiante da aprile a ottobre. Il problema della scuola è di strutture e personale. Senza riforme radicali e intelligenti non vi è alcuna soluzione. I film e i libri servono a divertire e a far pensare, ma soprattutto a ricordare questi problemi gravissimi.

L'arcinoto aforisma di Oscar Wilde: "Tutti coloro che non sanno imparare si sono messi ad insegnare" è vero? Dai suoi romanzi sembrerebbe proprio di sì...

Ho l'impressione che le cose stiano molto peggio. Temo che l'imparare non basti più da tempo a far fronte al compito di insegnare. L'arretratezza e l'inadeguatezza dell'istituzione vanifica saperi e buone intenzioni. Gli insegnanti che mi sono più cari sono quelli che non riescono a insegnare pur passando la loro vita ad imparare.

Cosa pensa di come i media trattano il mondo della scuola?

Non rientra nella logica dei media che io parli diffusamente, mettiamo, delle difficoltà linguistiche della mia ex-alunna Silvia Murialdi. I media preferiscono parlarne se si impicca nel bagno per una disperazione che non ha trovato al momento giusto le parole. La scuola nota ai media è quella della tragedia che si è compiuta, non dei piccoli mille eventi attraverso cui una mole infinita di problemi extrascolastici si rovescia nelle aule e affiora attraverso il tran tran didattico. Anche i miei interventi sui giornali, per trovare uno spazio e lettori, hanno bisogno continuamente di un "belletto mediale": gradevolezza, ironia, trucchi narrativi.

Professor Starnone, che cos'è l'umorismo per lei?

E' la socializzazione del malumore.

Si dice che l'umorismo sia un fatto di cultura. E' d'accordo?

Se per cultura si intende una buona reattività verbale, sì. Se per cultura si intende una buona conoscenza delle tesi freudiane sul motto di spirito, ne dubito. Conosco gente che non sa nemmeno di che si tratta, ma ha un grande senso dell'umorismo.

I suoi primi romanzi erano incentrati sul mondo della scuola. Perché gli ultimi deviano leggermente da questo tema?

Gli insegnanti sono entrati a scuola a sei anni e non ne sono più usciti; alcuni hanno persino sposato colleghe; quasi tutti sono molto presenti nella vita scolastica dei loro figli. Io, oltre a tutte queste cose, scrivo anche di scuola. Mi si perdonerà se, ogni tanto, caccio un poco il naso fuori.

Come giudica le ridicolizzazioni di situazioni drammatiche come quelle di Marcello D'Orta per la serie dei libri sui bambini della scuola elementare di Arzano?

Il libro di Marcello D'Orta malgrado tutto conservava un'eco dei drammi della scuola al sud. Il peggio è venuto dopo: mi riferisco alla moda editoriale degli scemenzai.

La scuola italiana fa più ridere o piangere?

Si può piangere ridendo. Se lo ricorda "L'uomo che ride" di Victor Hugo? Dietro il riso stampato sulla faccia di chi conosce il male del mondo c'è il dolore. I potenti, invece, non vogliono sentire parlare di sofferenze e ridono solo per ridere, e sembra di chi non ha potere. Per di più lo fanno con bellissimi denti, anche quando non hanno più l'età per avere un bel sorriso. Costa molto la risata dei potenti. Beati i loro dentisti...

m.s.