Index Cultura - Novembre 1997

Napoleone, traditore o realista?

Un confronto fra studiosi su una delle figure più affascinanti e controverse della storia, primo stratega moderno accusato di essere il precursore delle dittature del Novecento ma che ebbe comunque una grande influenza sulle vicende dell’Italia dopo Campoformio

Duecento anni fa, il 17 ottobre 1797, a Campoformio Francia e Austria firmavano un trattato di pace che, tra le altre cose, prevedeva la cessione di Venezia, dell’Istria e della Dalmazia all’Impero asburgico. Era la "consumazione" del sacrificio della patria nostra come scrisse Ugo Foscolo ne Le ultime lettere di Jacopo Ortis, ovvero il crollo della serenissima Repubblica di Venezia, e la fine della fiducia degli intellettuali italiani nel grande generale e futuro Imperatore dei Francesi.

Per capire meglio le conseguenze di quel trattato e per approfondire gli aspetti meno evidenti della figura di Napoleone, nel bicentenario della Campagna d’Italia, abbiamo messo a confronto Luigi Mascilli Migliorini, docente di Storia delle istituzioni sociali e politiche presso l’Università di Napoli Federico II e direttore della Rivista italiana di studi napoleonici; e Ivano Tognarini, docente di Storia moderna all’Università di Siena e direttore della rivista di Studi storici.

Che ripercussioni ebbe il trattato di Campoformio sugli intellettuali italiani?

Migliorini: Con Campoformio c’è uno sconvolgimento della mappa politica italiana. La fine di Venezia significa la scomparsa dell’ultima repubblica indipendente. Finisce così l’Italia dei patriziati locali e si passa da una situazione consolidata di controllo sociale aristocratico senza più futuro, ad una situazione più fluida e aperta al nuovo modello sociale borghese. Lo stesso rimpianto espresso da alcuni intellettuali come Foscolo è, di per se stesso, positivo. Nasce, infatti, la consapevolezza che se si vuole veramente la liberazione e la modernizzazione dell’Italia, non è possibile affidarsi ad una potenza straniera. Campoformio, così, costituisce una sferzata per chi pensava di potere trovare nell’aiuto straniero una soluzione ai problemi italiani

Tognarini: Campoformio per molti versi è l’emblema della politica napoleonica in Italia e del rapporto tra la Francia e la nostra nazione. L’Italia, nonostante l’importazione degli ideali rivoluzionari, è un paese "annesso" alla Francia. Sacrificabile sempre e comunque, quando questo fa comodo. Il nostro paese non ha mai una "pari dignità" con la Francia. Se, per esempio, due attività di carattere economico sono in contrapposizione, quella francese viene favorita a scapito di quella italiana.

L’esperienza napoleonica si rivelerà dannosa anche per le generazioni future che, cresciute nell’ottica del Risorgimento, non potranno mai rifarsi completamente agli ideali libertari napoleonici a causa del loro tradimento da parte di Napoleone stesso. Se è vero che Campoformio segna la presa di coscienza del problema dell’indipendenza è anche vero che costituisce una soluzione di continuità verso un completo abbracciare gli ideali di libertà propugnati da Napoleone e dalla Rivoluzione francese.

M: E’ vero che le esigenze di libertà italiane sono state sempre sacrificate a rapporti strategici più ampi, e considerate come secondarie alle problematiche della Francia. Ed è anche vero che in tal senso vanno viste pagine storiche tragiche quali il crollo della Repubblica Partenopea del 1799, verso cui i Francesi ebbero grandi responsabilità.

Ma come si può giudicare l’azione napoleonica in Italia?

M: Nonostante tutto Napoleone è lo choc di cui un’Italia intorbidita e insonnolita aveva bisogno per riavvicinarsi alla storia europea. L’Italia vista da acuti intellettuali stranieri dell’epoca come Montesquieu o Lamartine è una "terra di morti", cui rimangono solo le glorie e le spoglie del passato. Napoleone la riporta all’interno della storia europea.

T: Napoleone è un grande accentratore, è egocentrico e impregna la sua politica di relazioni personali. I fratelli vengono posti a governare in sua vece molti stati europei, ma in realtà non sono altro che "figure di paglia". Forse questo errore politico non è del tutto attribuibile a lui, forse vi fu costretto, ma è innegabile che il suo nepotismo fosse ispirato a un assolutismo pre-rivoluzionario fatto di centralismo, autoritarismo e mancanza di libertà. In tal senso Napoleone fu un anticipatore di altre figure assolutiste, sebbene, bisogna notarlo, i principi basilari della rivoluzione rimangono intatti.

M: Al di là dell’importazione delle idee rivoluzionarie di uguaglianza e libertà, il maggior pregio della sua politica è l’integrazione della società italiana in un contesto europeo più moderno, grazie all’introduzione del codice civile, alla riforma della giustizia e dell’amministrazione pubblica. Da un certo punto di vista, quello che abbiamo appena detto rappresenta anche un difetto : la logica dello stato centralista, sebbene un po’ stretta, andava bene per uno stato nazionale come la Francia, ma non rispondeva in maniera del tutto adeguata ad una realtà policentrica come quella italiana e alla sua tradizione dei comuni e delle signorie. Dopo l’unità del nostro paese, questo fenomeno si chiamò piemontesizzazione, ovvero il non tenere conto delle singole realtà locali che è stato causa di squilibri, le cui ripercussioni sono presenti ancora ai giorni nostri.

Napoleone è stato accusato di aver affossato la Rivoluzione francese: è proprio così?

T: La rivoluzione francese ha seguito dei processi storici indipendenti. Quando Napoleone entra in gioco il tempo aveva fatto il suo corso: Robespierre era morto da tempo e l’influsso di Napoleone si può considerare davvero minimo. Anche se cronologicamente contigui i due momenti sono molto diversi.

M: Napoleone gode di maggiori simpatie in Italia e in Germania, piuttosto che in Francia dove viene ancora visto come "l’affossatore della rivoluzione." Sono stato poco tempo fa a Nantes per un convegno sulla Campagna di Italia, e appena adesso riesco a percepire una certa problematizzazione del personaggio Napoleone da parte degli storici francesi.

Ma Napoleone non fu il precursore delle dittature del Novecento?

T: Napoleone fu per molti versi un precursore, ma non certo delle dittature di Stalin o Hitler. Bisogna guardare al contesto storico così diverso e complicato per spiegarsi le ragioni di molte delle sue azioni.

M: Dopo vent’anni di studi molto critici della sua figura, che per lungo tempo avevano considerato Napoleone come un precursore dei dittatori del Novecento, il fascino della storia del soldato che diventa Imperatore sembra avere resistito, senza venirne fuori troppo scalfita. Quello che banalmente noi chiamiamo "la vita come romanzo" è incarnata in Napoleone. Egli è il protagonista della prima epopea moderna. Dopo Cesare, Alessandro Magno, Napoleone è il primo e ultimo individuo moderno a vivere un’epopea. Questo aspetto così seducente di Napoleone ispira ancora una grande attenzione ed una grande attrazione verso la sua figura.

T: Indubbiamente Napoleone fu un innovatore delle strategie militari e fu "fortunato" nell’accezione machiavellica di questo termine. Quando, però, la fortuna lo abbandona ecco arrivare la sua fine. Napoleone è il vero grande stratega moderno che capì per primo come andava fatta la guerra.

m.s.