Index Cultura - Novembre 1997

S-consigli per gli acquisti

L’ultima mostra del cinema di Venezia ha rifiutato il suo film perché "fa schifo". Infatti parla di vermi. Ma la pellicola diretta dall’ex pubblicitario Sandro Baldoni li usa per dimostrare l’inquietante potere della pubblicità e dei media, capaci di far assorbire tutto a tutti, vermi compresi. Ma soprattutto, come spiega in questa intervista per Nautilus, le cose inutili…

Il film di Sandro Baldoni Consigli per gli acquisti non è piaciuto a Felice Laudadio che non volendolo selezionare per la cinquantaquattresima mostra di Venezia ha detto : "Questo film fa schifo". Ecco che così è nato il motto del sottotitolo della pellicola, geniale satira corrosiva del mondo della comunicazione non solo pubblicitaria.

Dopo l’esordio con il sorprendente Strane Storie Baldoni torna alla regia dirigendo un gruppo di ottimi attori (Ennio Fantastichini, Ivano Marescotti, Carlo Croccolo, Silvia Cohen) con la mascotte del cane Scott (scusate il gioco di parole) che raccontano al pubblico come la bolognese Caino & Abele, prima società pubblicitaria in Italia, sia alle prese con il lancio di un cibo per cani. Piccolo particolare: la pappa è fatta con carne argentina avariata piena di vermi. Risultato ? Il cibo per cani "Vermito" è un vero successo.

Baldoni, ma la somiglianza di Fantastichini a Prodi, di Marescotti a Gavino Sanna e di molti altri personaggi a tanti volti più o meno noti è davvero solo casuale ?

Sì, proprio sì. I riferimenti di tutti i personaggi sono piuttosto a tutti quegli individui più o meno strani che attraversano trasversalmente il mondo della comunicazione. La pubblicità è solo una scusa.

Ma se addirittura Fantastichini usa per un sottosegretario la stessa espressione che un uomo politico ha utilizzato poco tempo fa per D’Alema: "Tiravamo le molotov assieme"...

Io il film l’ho girato un anno fa, quindi non ho colpe.

Perché ha girato un film del genere ?

Perché volevo descrivere questo "rimestamento del nulla" che tutti noi siamo abituati a subire dai media in generale e che nel mondo della pubblicità è ancora più evidente che in altri settori "post-fordisti".

Il film è pieno di finti spot. Lei è un ex regista e ideatore di pubblicità. La più famosa di tutte le sue campagne di promozione è quella de Il manifesto : "La rivoluzione non russa". Come giudica la strategia pubblicitaria della Caino & Abele ?

Vecchia. Oggi le pubblicità che funzionano sono quelle occulte nei film e nei fatti della vita. Oggi la pubblicità è Michael Jordan che si scambia il cappellino della Nike con Clinton. Oggi l’epica del marchio ha creato una propria mitologia e la Nike non ha addirittura più bisogno di scrivere il suo nome. Basta il logo. In America ci sono gang di ragazzini che si accoltellano perché alcuni sono vestiti Nike e altri Reebok. Questa è la nuova strada della pubblicità. Il resto è assai obsoleto.

Ci permetta di insistere sulle analogie politiche di Consigli per gli acquisti. Il personaggio di Fantastichini, prima di licenziare oltre il 40 % del personale della sua azienda viene inquadrato mentre legge L’Unità. Che cosa significa questa scena ?

Il mondo dei media è "coprofago". Riassorbe quello che produce. Il fatto che i manager siano ex-sessantottini, mangino macrobiotico, vadano in bicicletta, leggano L’Unità non significa che escano fuori dalle linee di tendenza proprie del dirigente di una grande azienda. Tutti coloro che si sono affacciati al mondo dei media negli anni Novanta non solo hanno saputo ingoiare tutto, ma hanno saputo anche metabolizzarlo.

Ci sono decine di capitani di industria come Bill Gates, i cosiddetti manager post-californiani che hanno un aspetto del tutto nuovo. La satira politica si ferma laddove la realtà dei fatti è più complessa di quanto si pensi. Io sono molto lontano dal non giudicarmi. Io mi ci metto dentro. Nelle professioni vicine ai media non fai in tempo a girarti che sei stato già "venduto", visto, assorbito, catalogato ed entrato e - forse - già uscito da questo mondo. Il mondo dei media mangia aria e produce aria in continuazione. Da qualsiasi parte provenga e di qualsiasi cosa questa aria sia fatta.

Bologna è la città di Prodi ed è anche la città dove è ambientato il suo film. Nemmeno qui ci sono analogie politiche?

Il comune di Bologna ci ha sovvenzionato e aiutato. Ecco il motivo.

Il suo film ha come titolo quello slogan utilizzato di continuo da Maurizio Costanzo. Lei andrebbe al suo show ?

Sì se fosse in diretta e ci fosse Oliviero Toscani.

Come definirebbe il suo film ? Un affresco del mondo della comunicazione italiana ?

No, forse più un murales perché non è un’opera completa...

Che cosa le piace del fare i film ?

La possibilità di mettere in discussione me e altri.

Se dovesse spiegare ai lettori di Nautilus i contenuti di Consigli per gli acquisti che cosa direbbe ?

Io racconto del cortocircuito che esiste oggi nel mondo della comunicazione. Noi siamo delle tribù di consumatori e non lo sappiamo. Qualcuno mi ha criticato perché in una scena del mio film si vede una manifestazione di disoccupati con davanti la scritta : "Questa manifestazione vi è stata offerta da XXXX, la scarpa del disoccupato." Ma le persone non sanno che la realtà non è così distante! Quando uno va a protestare con la maglietta di Che-Guevara, deve pensare che quello è un marchio registrato. Il copyright fa costare i manifesti del Che circa 40.000 lire. La realtà di pubblicità totale che racconto non è così lontana a venire. Il logo della Nike di cui parlavo per me ha una valenza vagamente totalitaria perché sembra assomigliare a delle mostrine. Noi siamo tutti degli uomini sandwich.

Come si può evitare allora la pubblicità ?

Non si può e sarebbe stupido. Molte persone guardano solo le pubblicità all’interno dei film, anche perché sono più belle delle pellicole che le contengono. Infatti, io non parlo solo dei pubblicitari, ma anche dei consumatori.

Esistono due tendenze nel cinema: film imbottiti di spot più o meno occulti come nel prossimo James Bond in cui Pierce Brosnam dovrebbe addirittura fare il nome (vero) del suo sarto italiano. Oppure pellicole come il recente L’ultima volta che mi sono suicidato che sembrano assomigliare a dei lunghissimi spot pubblicitari e la storia viene incollata su di essi in maniera maldestra. Come giudica entrambe le situazioni ?

Molto negativamente. Preferisco vedere degli spot che sembrano film piuttosto che viceversa. Credo sia un orientamento pericoloso. Così come assurdo è girare pellicole come Porzus che sembrano una lunga pubblicità della Resistenza e che, in fondo, sono solo delle continuazioni della reclame stessa.

Perché capita questo ? Perché la gente è talmente imbottita di pubblicità dal considerarla non solo una forma d’arte, ma anche una pietra di paragone ?

È un adeguarsi ai tempi. Quando qualcuno non ha niente da dire si adegua ai tempi dicendo alla gente quello che a questa piace sentirsi dire. Pieraccioni è uno di questi.

m.s.