Index MUSICA - Ottobre 1997


L'Elisir d'amore al Teatro
Comunale di Firenze

L' Elisir d’amore è una delle poche opere di Gaetano Donizetti che erano rimaste in repertorio costantemente prima della ormai famosa "Donizetti renassaince". Sulla genesi di quest'opera si hanno scarse notizie da parte del compositore mentre una ricostruzione della nascita della partitura può essere fatta scorrendo la biografia del librettista Felice Romani redatta dalla moglie Emilia Branca.

Nel 1832 al direttore del Teatro alla Cannobiana di Milano era venuta a mancare un'opera nuova promessagli da un altro compositore (e mai realizzata) ed allora si rivolse a Donizetti affinché lo togliesse da questo impiccio.

Donizetti chiamò per la stesura del libretto il fido Felice Romani ed insieme scelsero un argomento che Scribe aveva composto per Daniel Auber ed intitolato "Le philtre", opera che andò in scena con successo all'Opera Comique il 20 giugno 1831. Autore e librettista lavorarono intensamente ed in accordo: Romani approntò il libretto in una settimana e Donizetti musicò l'opera in soli quattordici giorni. L'unico screzio tra i due artisti ebbe per oggetto l'aria che divenne poi la più famosa di tutta l'opera; alla scena ottava del secondo atto Donizetti propose di introdurre una romanza per il tenore. Romani si oppose perché gli sembrava che la cosa raffreddasse l'azione ma Donizetti fu irremovibile e nacque così una delle più belle romanze del melodramma italiano e cioè "Una furtiva lacrima".

L'opera è un capolavoro sia per il brioso libretto e per il perfetto taglio dei personaggi sia per la capacità della musica di passare dal tono burlesco e farsesco a quello idillico-sentimentale ed a quello agreste e semplice dettato dai cori. Donizetti non credeva nella bontà del suo lavoro: dopo l'enorme successo della prima avvenuta al Teatro alla Cannobiana il 12 maggio del 1832 e che sfociò in ben trentadue repliche, egli scriveva al suo maestro Simone Mayr: "La Gazzetta giudica dell'Elisir d'amore e dice troppo bene, troppo, credete a me, troppo!". Giulio Ricordi chiese a Donizetti a chi intendeva dedicare l'opera ed egli rispose galantemente: "Già che a me, per tua gentilezza, lasci la dedica dell'Elisir, io te ne sono gratissimo e questa sia al bel sesso di Milano. Chi più di quello sa distillarlo? Chi meglio di quello dispensarlo?".

L'edizione andata in scena al Teatro Comunale di Firenze aveva come protagonista femminile Eva Mei, voce molto interessante, bene intonata in tutti i registri e con una presenza scenica di primissimo ordine. Nemorino era Vincenzo La Scola le cui qualità sono ben note ed oggi è uno dei migliori tenori attivi sulla scena lirica; ha disegnato assai bene la figura del contadino innamorato anche se in certi momenti non avrebbe nuociuto un fraseggio più delicato e sottile. Ha giustamente riportato un successo personale nella romanza del secondo atto con richiesta di bis non concesso.

Ottimo il Belcore di Roberto Frontali ed il Dulcamara di Giorgio Surjan che ha saputo tenere nei giusti limiti la briosità del personaggio senza debordare in inutili guitterie sia vocali che sceniche.

Maurizio Benini ha diretto senza particolari accensioni la puntuale Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. Ottimo l'apporto del coro diretto da Josè Luis Bros. Le scene erano realizzate da Raffaele Del Savio ispirandosi a quelle classiche di Alessandro Sanquirico. Luciano Alberti ha curato la regia con gusto e misura.

Vivo e meritato successo da parte del pubblico assai folto. Nelle fotografie vediamo i personaggi di Adina e Belcore in una incisione di De Valentini ed il frontespizio dello spartito dell'Elisir d'amore in una edizione dell'ottocento.

Luciano Maggi