Index Primopiano - Settembre 1997


E l’acqua benedetta diventò un ruscello

Raggi di sole usati come fari. Oppure corsi d’acqua che accompagnano i fedeli davanti all’altare. Sono solo alcune delle realizzazioni e dei simboli che contraddistinguono l’opera di Vittorio Gigliotti, l’architetto della Moschea di Roma e delle chiese di San Lorenzo a Caposele e della Sacra Famiglia (con Paolo Portoghesi) a Salerno. Perché, dice, è dietro ai giochi di luce e agli scrosci d’acqua che si può cercare il mistero della divinità

L'incontro di Vittorio Gigliotti con l'architettura sacra è avvenuto in modo casuale, quando nel 1958 decise di intraprendere il restauro di San Felice in Felline, una pieve romanica in rovina nei dintorni di Salerno.

E proprio Salerno, sua città natale, ha visto realizzati negli anni successivi i progetti dei due edifici religiosi che costituiscono un momento fondamentale nell'opera di questo progettista: la chiesa della Sacra Famiglia (progetto Gigliotti-Portoghesi 1968) e San Lorenzo a Caposele (progetto Gigliotti 1986).

Espressione emblematica della ricerca spaziale intrapresa insieme a Paolo Portoghesi in opere precedenti, lo spazio della Sacra Famiglia si articola su un sistema di sei centri geometrici che espandendosi in onde concentriche lo modellano attraverso un movimento fluido di convessità interne. Tre di questi centri, al tempo stesso poli spaziali e luminosi, generano altrettante volte che rappresentano simbolicamente il "Mistero della Trinità".

Nella Sacra Famiglia il carattere fortemente simbolico del concetto religioso viene a coincidere con l'aspetto formale-strutturale, eliminando di conseguenza la decorazione. Il compito di definire e caratterizzare lo spazio viene assolto dalla struttura. L'armatura di cemento si articola così in un unico modulo formale di lastre curve, che muovono la superficie muraria in un ritmo avvolgente e ininterrotto di organismo che cresce e si trasforma plasmato dalla luce.

Ed è proprio la luce a conferire enfasi e unità allo spazio interno: un fascio luminoso scende dal centro della cupola sull’altare, coagulando in questo punto la tensione emotiva e accentrandovi fortemente lo spazio, per poi tornare dal basso a illuminare le volte e dilatarsi sulle superfici plastiche in un movimento che riconduce all'originale significato della luce come manifestazione del divino.

Così come nelle cupole della Moschea di Roma la luce è la guida morale di Dio, parola docente e segno della presenza di Allah; nella chiesa di San Lorenzo a Caposele il Mistero del provvidenziale intervento divino si materializza visivamente in un fascio luminoso che dalla cupola esagonale scende sull'altare, mentre raggi minori provengono dalle piccole cupole in corrispondenza delle cappelle laterali, andando a definire i volumi nitidi dell'interno e la copertura a gradini che disegna le ellissi sul soffitto. E’ l'acqua - però - a costituire il motivo dominante in San Lorenzo: la chiesa, progettata in seguito al terremoto che nel 1980 distrusse il preesistente tempio ottocentesco, è stata edificata sulla sorgente del fiume Sele, e la fonte diventa nell'immaginario poetico dell'autore, il fulcro di questa architettura, dove il dato naturale riesce a fondersi insieme alla costruzione dell'uomo e al simbolo religioso.

Già nella Moschea l'acqua - tradizionale elemento della architettura islamica - viene utilizzata per accogliere il fedele all'ingresso e condurlo fino alla vasca a forma di stella posta di fronte alla sala di preghiera. Ciò rimanda all'uso persiano di far correre l'acqua in canali sotterranei, per poi costringerla a risalire in superficie mediante sofisticati meccanismi idraulici. Nella "Chiesa sulla sorgente" l'acqua, secondo le parole del profeta Ezechiele "scaturisce dal tempio" per portare la vita poiché "dove giungono le acque del santuario tutto rivive e viene risanato". Così a Caposele l'acqua confluisce dalla sorgente nella vasca battesimale per la purificazione e la rinascita. La chiesa di San Lorenzo può essere considerata come una scultura eseguita sul terreno e nella roccia, per la complessa articolazione dei volumi delle cappelle laterali, che si dipanano in una sequenza di corpi semi cilindrici vuoti e pieni.

Il più recente progetto di opera sacra di Vittorio Gigliotti è il Centro Convegni e Museo dei Presepi presso il Santuario di Greccio (1993), dove San Francesco trascorse gli ultimi anni della sua vita. La scelta della grotta come luogo di meditazione e preghiera ed il contesto storico e naturale - il santuario fu costruito nel XIII secolo aggrappato su di una parete rocciosa - che impediva la realizzazione di strutture imponenti in vista sul territorio, hanno portato ad una soluzione sotterranea. L' Auditorium si estende nel sottosuolo lasciando intatta la superficie, rendendo visibili all'esterno solo i parapetti delle tre gradinate in pietra che si addentrano nel terreno, per rievocare la discesa di San Francesco nella profondità della terra, a incontrare il silenzio e l’assoluto. Unico altro elemento visibile dall'esterno è il "pozzo" attraverso il quale la luce naturale penetra all'interno.

Il significato simbolico di questo polo di luce, che unisce esterno e interno in una soluzione dal profondo significato religioso - si discende negli abissi delle tenebre per ritrovare la luce - rimanda inevitabilmente alle precedenti esperienze della Sacra Famiglia e di San Lorenzo, in cui la presenza di poli luminosi conferisce il carattere spirituale ed evocativo.

m.s.