Index Cultura - Settembre 1997

La poesia? Una musica

Sessantatré anni, canadese, ebreo, poeta, cantautore, musicista, romanziere. Ma soprattutto visionario filosofo tormentato da "figure di bellezza". Tutto questo e molto altro è Leonard Cohen , personaggio di spicco della cultura del dopo anni Sessanta, poeta da sempre, musicista per caso e - oggi - stanca rockstar ritiratasi a vivere in un monastero Zen vicino a Los Angeles. Dove continua a lavorare alla sua poesia e alla sua musica dell’anima

Dodici album in quasi trent’anni, numerose tournée mondiali, una decina di libri tra raccolte di poesie e romanzi non sono serviti a renderlo famoso anche in Italia, paese in cui la sua produzione discografica è accolta - di norma - da un misto di indifferenza e distrazione, mentre il suo lavoro poetico e letterario viene del tutto trascurato e ignorato. E’ difficile scrivere di Leonard Cohen senza che un po’ di rabbia faccia capolino.

Entriamo in librerie piene di Bukoswki, Burrough, Kerouac, dei testi di Dylan, Jim Morrison e perfino degli Oasis, ma di Leonard Cohen non v’è traccia o quasi. Solo da pochi anni, grazie a un’illuminata pubblicazione curata da Massimo Cotto per Arcana libri, si e` riempito in qualche maniera un vuoto che assomiglia più a una voragine che a una dimenticanza. Eppure ora che esistono appena tre volumi in italiano dei testi delle canzoni di Mr. Cohen e di alcune sue poesie, ci si sente un po’ meglio rispetto a prima del 1993, quando si doveva sperare in un colpo di fortuna da bancarella per trovare la versione del 1973 di Meravigliosi perdenti, il primo romanzo di Cohen datato 1966.

E - per quanto riguarda i suoi libri - anche all’estero c’è qualche problema. Per racimolare l’intera bibliografia di Leonard Cohen ci vogliono ordinazioni nella migliore libreria di lingua inglese della città e mesi di pazienza prima che il volume arrivi alle volte dalla Gran Bretagna, altre dall’oltre oceano. Un vuoto pericoloso per la cultura italiana l’assenza di questo uomo di mezz’età che con la sua musica e le sue parole ha saputo raggiungere l’intero mondo e farlo danzare insieme a lui. Dice Cohen in un’intervista di qualche anno fa: "Come produciamo lavori che toccano il cuore? Non vogliamo vivere una vita frivola e non ne vogliamo una superficiale. Vogliamo essere seri l’uno con l’altro, con i nostri amici, col nostro lavoro. Questo non significa essere malinconici o tristi, ma la serietà ha un aspetto voluttuoso. E’ qualcosa di cui siamo profondamente affamati, prenderci molto sul serio ed essere capaci di divertirci col nutrimento della serietà stessa.

Ma chi e` Leonard Cohen? Nato da un’agiata famiglia ebrea di Montreal, Cohen perde molto presto suo padre. Frequenta la McGill University eppoi si avvia a New York per frequentare la prestigiosa Columbia University per un corso post laurea, ma come egli stesso dice scappa disgustato dall’ambiente: "Nulla ha un sapore più delittuoso di un seminario universitario: gente seduta intorno a tavoli rotondi con le mani insanguinate dalle virgole..."

Cosi` incomincia a vivere a New York e inizia a scrivere poesie sull’esempio di Federico Garçia Lorca: "All’età di sedici anni sono "inciampato" in un libro di Garcia Lorca. Lo avevo adocchiato in un negozio di libri di seconda mano in quella lucente ‘Gerusalemme del Nord’ che è Montreal, Quebec. Presi in mano quel libro, un libro del destino e lessi:

Voglio vederti passare sotto gli archi di Elvira
per vedere le tue cosce e iniziare a piangere.

Quelle parole sconvolsero la mia vita e compresi che la mia esistenza sarebbe stata uno sforzo continuo per scrivere, un giorno, almeno una volta nella vita, una frase come quella. Righe di fuoco mi bruciavano dinanzi agli occhi e nel cuore, e continuai a leggere. La mia esistenza non e’ stata più la stessa da allora... questo poeta ha "rovinato" la mia vita: era diventato il mio mondo, era diventato il mio orizzonte, era diventato il mio universo e così ho iniziato a chiamarlo "fratello". Mia figlia prende nome da lui: l’ho chiamata Lorca".

L’incontro con Lorca e` determinante per la comprensione dell’opera di Leonard Cohen. Dice ancora il poeta canadese: "I libri di Lorca mi hanno insegnato che la poesia può essere pura e profonda e - al tempo stesso - popolare. Lorca mi ha insegnato che tutta la grande poesia è un suono che viene dal profondo, è stato lui a spingermi a commettere quel grande atto contro natura che è stato il mio coinvolgimento nella poesia. A lui sono stato capace di dare in cambio solo il nome di mia figlia. Incontrare l’opera di Lorca è stato come trovare per strada un lingotto d’oro. Un’inestimabile fortuna fatta di gioia, poesia e felicità".

Nel 1968, sulla scorta della notorieta` grazie alle sue opere letterarie e alla sua amicizia con Judy Collins, Cohen incide il suo primo album di canzoni Songs of Leonard Cohen ed è subito un successo. Suzanne, la canzone di punta del disco è un vero e successo che dura da oltre trent’anni. Nota Leonard Cohen : "Ho sentito cantare Suzanne in posti molto diversi, da gente molto diversa. Non sono più tanto sicuro che quel brano mi appartenga ancora. Amo ascoltare persone che cantano le mie canzoni. Quando sento una mia canzone cantata da qualcun altro rimango assolutamente senza parole e sono entusiasta del fatto che il mio giudizio critico si possa formare in pace. Certo, qualcuno ha detto che nessuno riuscirà a cantare le mie canzoni con una voce come la mia, ma questo accade perché i miei emuli non fumano oltre cinquanta sigarette al giorno. E’ qui che si ferma la loro devozione..".

Così da un trentennio a questa parte, (Cohen a tal proposito scherza e dice che le sue canzoni "sono come le Volvo, durano per trent’anni") il distinto gentiluomo canadese ha raccontato tramite poesia e canzoni le sue ossessioni e le sue ansie fatte di un’estasi mista di religione e sesso: "Non esiste alcun conflitto tra sesso e religione. Essi sono la medesima cosa. L’esperienza estatica che deriva dal sesso è la stessa che si sprigiona dalla religione. E fino a poco tempo fa, nella storia dell’umanità, sesso e religione erano la stessa cosa. Oggi questa visione, che accomuna Dio e il sesso, è diventata troppo pericolosa, e la religione è vista come il regolatore del sesso e dell’esperienza estatica. Il sesso e’ stato l’unica cosa che mi alleviava il dolore. Amo ancora molto le donne e il sesso, ma per ragioni molto differenti."

Raggiungere un successo dopo l’altro ha fatto di Cohen uno dei piu` apprezzati poeti e musicisti del nostro secolo, adorato alla follia ovunque tranne che in Italia dove il suo nome ricorda qualche canzone di successo, magari (come Nancy) cantata da De Andre` o da qualche altro epigono nostrano. Molti hanno voluto trovare in lui dei paragoni con Bob Dylan, ma e` proprio il cantautore a fare dei distinguo: "Sono basso, ho il naso camuso, sono magro, col viso scavato, visibilmente Ebreo...Bob Dylan, no..."

Ma qual e` il messaggio di Leonard Cohen? Egli non ha certezze: "Io non so da dove vengano le mie poesie, i miei romanzi e le mie canzoni. Se lo sapessi, vi andrei assai più spesso. Penso che scrivere poesie trasmetta un tipo di saggezza che non possediamo, ma di cui siamo una specie di strada. Quando penetro nel lento e doloroso scrivere una canzone, ci sono realtà più grandi e migliori che si manifestano, e che io non posso più comandare. Il resto è solo la mia personale, stupida e caotica vita. La poesia è ovunque. La poesia è la musica della parola."

E soprattutto Cohen crede in una sorta di messaggio transnazionale, lontano da retoriche costrizioni religiose o politiche: "Quando incomincio’ la guerra del Vietnam, sebbene nessuno amasse la guerra, compresi che il comunismo non era qualcosa di "felice" e che l’Occidente avrebbe dovuto resistergli. Mia madre era scappata dalla Russia comunista e aveva sofferto molto. Questo e’ il motivo per cui non ho mai retoricamente scritto la parola "America" con la K e non ho mai pensato agli Stati Uniti come a un Paese fascista. Non lo era, ha accolto la mia famiglia in un momento difficile e io ho un grande debito di riconoscenza con questo Paese. Questo è il motivo per il quale sono stato vicino a molti movimenti politici, ma non mi sono mai iscritto a uno di essi".

Cohen è uno dei piu` grandi artisti di questo secolo. Alla sua scrittura, in cui forte e possente è il rigoglio della parola, è paragonabile per costruzione e ricchezza solo la prosa e la poetica di Pier Paolo Pasolini, anche se il poeta stesso dice di se`: "Non ho mai provato, sfortunatamente, il senso dell’abbondanza, della ricchezza di parole, e mi sono dovuto accontentare semmai della ricchezza del verbo. Il destino mi ha sempre fatto avere una sola parola alla volta. Io dovevo arricchirla, riempirla di significato senza farla apparire gonfia o retorica, e poi inserirla nel giusto contesto: in un verso, in una strofa e quindi in una canzone. Immagino che andrà sempre peggio col passare degli anni, anche se mi sembra impossibile che possa andare peggio di così. A volte invidio gli scrittori o gli artisti che scelgono le parole come davanti a un buffet. La mia povertà di parole mi costringe a non avere una strategia, a raschiare ogni volta il fondo del barile, a riciclare me stesso e le mie ossessioni all’infinito."

Eppure Leonard Cohen, ancora oggi che e` tutto compreso nel suo ruolo ritiro in un monastero Zen dove continua a lavorare e a scrivere non ha perso nulla della sua verve e della sua simpatia epidermica: "Il mio maestro Zen non mi ha invitato a diventare un Buddista. Mi ha insegnato come distinguere tra il Rémy Martin e il Courvoisier e come berli con piacere. Per me incarna un certo ideale di amicizia che trovo assai seducente". Così si può permettere di guardare al passato e agli altri con un distacco particolare datogli dal dolore dello scrivere e dell’essere: "Non puoi portare sempre insieme a te il tuo passato. Arrivati a un certo punto devi essere capace di "scartarlo" se vuoi andare avanti. Devi muoverti in maniera leggera, e velocemente. Per esempio, quella cosa che noi chiamiamo ‘Sixties’ e’ durata non più di quindici minuti. Per un battito di ciglia, lo spazio di un istante, si è avuta la sensazione che uno spirito di comune generosità fosse apparso nel mondo per portare, o almeno ricercare, benefici cambiamenti. Questa sensazione e’ stata spezzata molto velocemente. L’hanno distrutta i commercianti, i media. Perfino con i filosofi dei ‘Sixties’, con i teorici del movimento, ho avuto accesissime discussioni. Molte delle posizioni su cui si erano arroccati erano assolutamente prive di legami con la realtà, per nulla attuabili, inasprite da un incomprensibile antagonismo verso la società organizzata, nei cui confronti io sono sempre stato molto rispettoso."

E ora che le sue molte donne lo hanno lasciato in balia di un presente cosi’ difficile Cohen spiega: "Non ha funzionato bene tra gli uomini e le donne, ma nessuno può penetrare il bisogno... nessuno può sopportare il dolore della separazione... tutti si provano a cambiare i patti con l’amore, perché tutti ne abbiamo così tanto bisogno."

E Leonard Cohen non si adagia su se stesso e sui propri ricordi. Il suo nuovo libro di poesie The book of longing e` in corso di pubblicazione e sta già lavorando a un nuovo disco cui seguirà l’immancabile tournée mondiale. Ma, ora che vivere e` diventato tanto complicato per lui Cohen non vuole che non ci siano fraintendimenti: "Scrivere è una disciplina assai dura e ho sempre ammirato le persone che riescono a farlo in fretta e bene. C’è qualcosa di pazzesco e di non molto sano nel momento in cui mi concentro. Ogni parola che scrivo mi fa sudare. E’ una lotta, ma non ho rimpianti. Scribacchio sempre qualcosa. Oggi il mio unico bisogno e’ di riunire tutto ciò che sono. Non mi sento più solo uno scrittore o solo un cantante: io sono ‘la voce di un diario vivente’. La mia mente si chiude quanto sento gli scrittori parlare dei loro metodi di scrittura. La parola scritta è così affascinante che tutti si sentono in dovere di discuterne, di darle voce con la bocca anziché con i libri. Il problema degli scrittori è che non sono capaci di tacere, non sanno scegliere il silenzio. Uno scrittore dovrebbe esprimere il suo amore per l’arte con un maggiore impegno e non con i giochi o i giri di parole".

E ancora: "Nessuno di noi sa dove nasca l’arte e da dove essa ci arrivi. A nessuno è dato conoscere gli intimi e meravigliosi sentieri lungo i quali le parole si fanno canzone, poesia, romanzo, tragedia. Nessuno ha le chiavi d’accesso di ciò che produce. Gli scrittori parlano del mistero dell’arte perché così credono di poter vincere le proprie ansie, esorcizzando le proprie paure...il processo creativo ci resterà sempre ignoto. L’incertezza del domani per qualsiasi artista è un prezzo da pagare. Non mi piace l’autocommiserazione dell’artista famoso che racconta quanto sia duro fare il suo mestiere. È forse meglio lavorare in una miniera in Bolivia ? Perché si parla sempre di sciocchezze quando bisognerebbe ringraziare il Signore di averti dato un bel lavoro ? Certo che è difficile produrre parole per vivere in eterno, ma è molto più facile di chi deve produrre sudore per sopravvivere su questa terra. Quando sento un artista lamentarsi mi viene voglia di aprire il mio cassetto e prendere una pistola. Il grande problema è che noi tutti consideriamo l’arte assai più di quello che effettivamente è. Dovremmo limitarci a produrre lavoro e lasciare che sia il parere e l’amore della gente l’unico giudice. Tutto il resto è autocommiserazione, vanità danzante, egocentrismo, preoccupazioni inutili. L’arte non è religione. Lamentarsi è eccessivo e innaturale".

Insomma Leonard Cohen è un’altra vittima delle incertezze e delle inspiegabili idiosincrasie dell’editoria italiana. Ma egli stesso non si preoccupa nemmeno di questo. La sua distinzione tra il lavoro e la vita è netta: "Tutto il mio lavoro è l’evidenza di una vita e non la vita stessa". Come dire che chi ha fatto della sua poesia e del suo pensiero un misto inscindibile, sa perfettamente che tutto quanto può essere abbandonato e addirittura dimenticato, perché l’arte non coincide mai con la vita stessa, e viceversa.

Marco Spagnoli

LA DISCOGRAFIA E I LIBRI DI LEONARD COHEN