Index LETTURE&SCRITTURE a cura di Giulio Mozzi - Giugno 1997



Letture

Pronto soccorso racconto di Massimo Alberti

"Come si chiama il ragazzo?"

"Pippo Telesca. Ma, per amore del cielo, fate presto; come mai non c’è ancora il medico?"

"Arriva, arriva; intanto noi dobbiamo riempire il modulo. E’ la normale procedura. Pippo è il diminutivo di quale nome?"

"No, no, è Pippo e basta. Lo abbiamo chiamato così in onore di Pippo Baudo. Piace tanto a me e a mio marito. Ma intanto il medico non potrebbe cominciare a visitarlo?"

"Un attimo di pazienza, signora. Abita in Via....?"

"Via Teulada numero 1. Mentre scrive i dati, non può chiamare il medico?"

"Signora, dobbiamo compilare la scheda. Senza il modulo, nessuna visita, ha capito? E poi il bambino non mi sembra che stia così male."

"E’ vero, mamma, non ho male. Da qui vedo colori bellissimi. E’ tutto bellissimo, anche voi siete bellissimi."

"Quanti anni hai?"

"Otto, come il figlio di Bonolis."

"Ah, che bello. E il papà come si chiama?"

"Maurizio, Maurizio come Costanzo. Però lui è magro."

"E la mamma?"

"Maria, Maria come la Venier."

"Maria? Ma non era Mara Venier?"

"No, io la vedo sempre. E’ Maria, Maria Venier."

"Senta, scusi, il bambino non può restare con quella cosa sulla testa. Faccia qualcosa. E’ possibile che questo pronto soccorso non funzioni? In ‘Chicago Hospital’ sono così veloci ad intervenire. Lì non compilano schede, sono sempre di corsa, mentre qui va tutto a rilento."

"Oh, ecco il medico, signora, è arrivato. Ha visto?"

"Buongiorno, sono il dottor Angelo Tortorella. Cos’è successo? Come è finita la testa del ragazzo dentro al televisore?"

"Mamma, mamma, si chiama Tortorella come il mago Zurlì!"

"Buono, sta buono. Dottore, non lo so; sono così agitata. Stavamo guardando ‘Pomequiz’, la trasmissione di quiz del pomeriggio, mi sono allontanata solo un attimo per controllare, sul mio libro di cucina, gli ingredienti della torta che erano da indovinare. Quando sono tornata, l’ho trovato con il televisore incastrato sulla testa. Ho tentato in tutti i modi di sfilarglielo, ma non ci sono riuscita. Dottore, faccia qualcosa, la prego."

"Vediamo un po’, Pippo. Ti chiami Pippo, vero? Dimmi Pippo, il tuo nome sta per...?"

"Pippo, solo Pippo, Pippo e basta. Ma tu sei parente del mago Zurlì? Seguo sempre lo Zecchino d’oro, se vuoi ti canto una canzone di Cristina D’avena, sono bravo, sai?"

"No, come ti viene in mente. Dimmi, Pippo, hai difficoltà a respirare?"

"No, respiro bene. E ci vedo ancora meglio. Sento e vedo benissimo. Anzi i colori sono più belli che nella realtà. Mi sembra di vedervi tutti come in un telefilm. E’ fantastico. Ma sei sicuro di non essere parente del mago Zurlì? Secondo me gli assomigli."

"Dottore, non gli dia retta. Cosa ne pensa, è grave? La prego, lo liberi in modo che possiamo andare a casa. Mio marito torna sempre all’ora di ‘Indovinelli a cena’ e non vorrei che si preoccupasse se non ci trova."

"Signora, sto facendo il possibile. Qui forse ci vorrebbe un elettricista invece di un medico, invece del bisturi sarebbe meglio il cacciavite. Senti, piccolo, ti fa male da qualche parte?"

"No, sto benissimo. E’ come vivere dentro a un telefilm della serie e.r. medici in prima linea."

"Prova a tossire. Dì trentatré. Sì, così, bravo. Ora, fai un bel respiro lungo. Signora, la pressione è normale. Febbre ne ha?"

"Non lo so dottore, non gli ho misurato la febbre. Ho pensato che con il calore della televisione, in ogni caso, la temperatura sarebbe venuta sbagliata."

"Piccolo, ora sintonizzati bene sulla mia mano e segui con le telecamere, ah, scusa, volevo dire, segui bene con gli occhi il mio dito indice mentre io lo sposto. Ora, dimmi, quante dita sono queste?"

"Tre, sono tre come i canali della rai."

"Ora spegni gli occhi e tendi le mani verso di me con il palmo rivolto verso l’alto. Bene, così. Adesso accavalla le gambe e io ti darò dei colpetti con questo martelletto per provare i tuoi riflessi."

"Ah, che bello: sembra il martello del giudice Santilicheri di Forum."

"Ora, da bravo, spegni di nuovo gli occhi, allarga le braccia come fossero due antenne, poi avvicinale lentamente tra di loro e toccati le punte degli indici, così come faccio io. Adesso alzati in piedi, sempre a video spento; accidenti, volevo dire ad occhi spenti ed alza un piede alla volta. Bravissimo, ora fammi sentire il cuore."

"Ma, dottore, il bambino non ha mai avuto male al cuore. Ha solo il televisore incastrato sulla testa."

"Signora, per favore, non mi faccia fretta. Il quadro clinico si presenta singolare e deve essere studiato con cura. Faccia conto che siamo a ‘Check up’, lì discutono per un’ora e nessuno si permette di sollecitare il medico. Dimmi, Pippo, come hai fatto ad entrare là dentro?"

"Non lo so. Stavo seguendo il quiz sui dolci, quello che bisogna indovinare gli ingredienti e che se indovini ti invitano a mangiarlo in diretta con Magalli. Per vedere meglio mi sono avvicinato al video."

"E poi che cosa è successo?"

"E poi, non lo so. Improvvisamente mi sono trovato dentro alla tv, ma il programma lo potevo seguire lo stesso. Anzi meglio, mi sembrava di essere assieme a Magalli; era come avere vinto il primo premio. La mamma non lo sa, ma io l’ho potuto vedere fino alla fine e l’unico ingrediente che mancava era la cannella."

"Ma allora il televisore funziona ancora, anche sulla testa del ragazzo?"

"Sì, dottore, funziona eccome. Basta inserire la spina."

"E lui non prende la scossa? E non avverte disturbi?"

"No, dottore, niente di niente. Anzi è molto contento. Quando l’ho trovato così, lui era felice come una Pasqua. Mi diceva che gli sembrava di stare nello studio della televisione, vicino ad Ambra che è la sua passione."

"Ma non era Magalli?"

"Sì, Pomequiz lo conduce Magalli, ma Ambra gli fa da valletta. Sapesse com’è carina e simpatica. Non ha paura di niente e all’improvviso, quando meno te lo aspetti, se ne esce con certe battute incredibili. E pensare che non ha neppure vent’anni. Anche lui però, Magalli, è bravo e intelligente. Peccato solo che sia un po’ bassino. Però, siccome anche lei non è tanto alta, fanno davvero una bella coppia. Noi non ce li perdiamo mai."

"E mi dica, signora, il ragazzo funziona anche col telecomando?"

"Sì, certamente."

"E prende bene anche le reti Mediaset?"

"Tutte, indistintamente. Anzi, da quando ce l’ha sulla testa, si vede bene anche tmc, che prima era molto disturbata."

"E con l’antenna parabolica potrebbe prendere la cnn?"

"Non lo so, dottore, noi l’antenna parabolica non ce l’abbiamo. Lei ce la consiglia?"

"Beh, è molto comoda. Avrebbe potuto seguire in diretta i bombardamenti di Baghdad e anche le partite della nba. E, mi dica signora, il ragazzo potrebbe funzionare anche qui?"

"Credo proprio di sì, basta una presa di corrente. Ma il volume non disturberebbe gli altri ammalati?"

"Sì, mamma, proviamo ad accendere ancora! Teniamo il volume basso."

"No, piccolo, la mamma ha ragione. E’ meglio di no, disturberemmo i pazienti in attesa di ricovero. E’ meglio che ti lasciamo spento, anche se a quest’ora ci sarebbero le prove della Formula uno... Ah, eccolo, è arrivato il neurologo. Signora le presento il dottor Cragnone."

"Dunque, datemi subito la scheda. Vediamo: otto anni, maschio, celibe, ovviamente, nome Pippo. Pippo diminutivo di che cosa?"

"No, Sandro, Pippo e basta. In onore di Pippo Baudo."

"Diagnosi preliminare: scatola di plastica attorno alla scatola cranica. Ma come c’è finito dentro?"

"Non è chiaro. Non è stato ancora possibile appurare le modalità esatte dell’incidente."

"Bene, bene, ma dimmi, Angelo, che disturbi accusa il ragazzo?"

"Nessuno, sta benone. Tutti i valori sono nella norma. Gli ho già fatto la prova di pronazione e di respirazione. Ha risposto bene anche alla manovra di Romberg. Anche l’esame obiettivo è normale."

"Come mai gli hai fatto tu la manovra di Romberg e anche la adiadococinesia?"

"Beh, non ti vedevo arrivare e ho pensato che fosse utile intanto fargliela, senza perdere tempo."

"Senti Angelo, io sono venuto appena ho potuto e comunque non sei autorizzato ad invadere le competenze altrui. Lo sai che la direzione sanitaria su questo punto non transige e, a quanto ho sentito dire, molti colleghi si sono già lamentati per le tue continue interferenze. Io ti ho difeso ma, visto che sei un amico te lo devo dire, anche a me dà molto fastidio che tu prenda certe licenze. Se tutti facessero come te, sai che caos succederebbe. L’ospedale diventerebbe un casino infernale. Lo specializzato in neurologia sono io, fino a prova contraria. Comunque, fammi dare un’occhiata. La scatola cranica tocca il processo spinoso della terza vertebra cervicale. Il ragazzo accusa nausea o vertigini? Ha vomito? La sensibilità è normale. Anche quella dolorifica e termica sono nella norma. La sensibilità alla pressione è regolare."

"Allora, Sandro, cosa ne pensi?"

"Allora, in buona sostanza, ritengo di dovere modificare solo in parte la vostra diagnosi preliminare in: scatola di plastica e vetro su scatola cranica, non traumatica. Sic stantibus rebus, gli farei un elettroencefalogramma."

"Ma, come arriviamo a sistemargli gli elettrodi sulla testa? E poi, non c’è il rischio di un corto circuito?"

"Come fissare gli elettrodi? Vedi cosa vuole dire la specializzazione? Un neurologo saprebbe sempre come rispondere ad una domanda del genere. Allora, invece dell’elettroencefalogramma, per rendervi le cose più facili, gli facciamo una tac. Ci vorrà del tempo, forse due o tre settimane, ma in questo caso, visto che il ragazzo sta bene, è un tempo che si può attendere con tranquillità."

"Con la tac, cosa pensi di vedere?"

"Non lo so, se lo sapessi in anticipo non gliela farei, non ti pare? Magari ci vediamo una bella partita alla tv. Ad ogni modo, gliela facciamo. Intanto lo mettiamo sotto osservazione per qualche giorno. Nel frattempo gli diamo un po’ di sedativo, un cucchiaio al giorno di Atarax sciroppo. Io torno in reparto, che ho un mucchio di lavoro. Signora, la saluto, stia tranquilla che è tutto sotto controllo."

"Grazie, professore, ma scusi perché deve prendere lo sciroppo? Il bambino è già tranquillo. Se fosse per lui da lì non uscirebbe più."

"Signora, lei non può discutere la prescrizione che, lo ripeto, è di un cucchiaio di Atarax al dì. Ora devo proprio scappare. Ciao Angelo."

"Signora, ha sentito il dottor Cragnone? Problemi neurologici non ce ne sono; tutti i canali funzionano a meraviglia."

"Mamma, attacca la spina che tra cinque minuti comincia ‘Bevi un tè assieme a me’. Io qui mi annoio."

"Zitto tu. Smettila perché altrimenti ti rifilo una sberla. Sul televisore o sulla testa, fa lo stesso. Dottore faccia qualcosa."

"E fino ad ora cosa ho fatto? E del resto io sono un chirurgo e non un elettricista. Intanto gli facciamo un esame urine completo, poi emocromo, glicemia, azotemia, ves, tas, rast, got, gpt, gammagt, ra test, assetto lipidico, proteinemia frazionata e raggi x al torace. Inoltre, gli facciamo un esame audiometrico."

"Dottore, di che esame si tratta, è doloroso?"

"No, assolutamente, serve a verificare se l’audio è a posto, insomma se il ragazzo ci sente bene. E’ un esame molto preciso."

"Mamma, io non voglio fare l’esame. E poi ci sento benissimo."

"Dottore, non gli dia retta. Piuttosto, ora che ci penso, una volta, in un episodio di ‘e.r. medici in prima linea’, un dottore giovane era riuscito ad estrarre sano e salvo un bambino da sotto un trattore. Era messo peggio del mio Pippo, aveva la testa incastrata tra la ruota e il motore e il medico, con lo stratagemma della schiuma da barba lo aveva tirato fuori. Lei non può fare lo stesso?"

"Signora, mi stia bene a sentire. Io la schiuma da barba non saprei dove trovarla: qui siamo all’usl e non in un’officina o in un negozio di hi-fi. Non dobbiamo mettere a rischio la salute del ragazzo. Potremmo procurargli una paralisi cervicale. E poi io quell’episodio non me lo ricordo. E’ sicura che si trattasse proprio di ‘e.r.’? Io li ho visti tutti e quello proprio non me lo ricordo."

"Dottore, mi scusi, ma il tempo passa e si avvicina l’ora di ‘Indovinelli a cena’. Cosa penserà mio marito se non ci trova a casa?"

"Signora, facciamo così. Lei se ne va tranquillamente a casa con il bambino e io le prescrivo delle medicine che la mettono al riparo da ogni complicazione. Va bene? Dunque, prende Zimox compresse da 500 milligrammi due al dì, prende Mucosolvan sciroppo tre cucchiai da minestra al dì, prende Tachipirina supposte in caso di febbre, prende Localyn spray nasale al bisogno, prende Cebion masticabile due al dì, prende Feldene pomata e gliela spalma sulla nuca tre volte al dì, prende Lactofer un flaconcino al dì, glielo può sciogliere anche in un po’ di acqua o latte, prende Fluimucil per aerosol, infila la cannula inalante sotto il video, e infine prende Planten in granuli, una bustina la sera dopo cena."

"Grazie, dottore, grazie tante. Ma Planten in granuli non è un lassativo? Serve ad andare di corpo, vero?"

"Sì, certo. E’ bene che teniamo il tubo catodico del ragazzo ben pulito."

"Ma come? Il tubo catodico?"

"Ah, mi scusi signora, ma questo caso è complesso. Insomma, anche lei deve capire. Ovviamente volevo dire che dobbiamo tenere il tubo digerente del ragazzo ben pulito. D’accordo? Intanto le consegno questa garza elastica e, quando il bambino va a dormire, lei gli fasci bene il televisore, anzi la testa, in modo che non possa prendere colpi se cade dal letto. Me lo riporti tra una settimana esatta e vediamo come va."

"Come dice lei, dottore. Andando a casa, passerò in farmacia a prendere le medicine. Poi, prima di rientrare, farò anche un salto al negozio di hi-fi a comprare un televisore nuovo."

"Ma no signora, non spenda soldi inutilmente. Intanto, per questa settimana, guardatevi il ragazzo. Poi vediamo che cosa succede."

"Dottore, e con la scuola come facciamo?"

"Lo tenga a casa per qualche giorno, almeno fino a quando non ritorna per il controllo. Magari, per non fargli perdere troppe lezioni, lo colleghi qualche ora al giorno al videoregistratore. Non credo che gli possa fare male. Io le procuro delle videocassette di ‘scuola a domicilio’, un corso per le elementari che mi hanno regalato quelli della Sandoz e che è fatto davvero bene. I bambini imparano e si divertono."

"Hai sentito Pippo com’è gentile il dottore, ti manda a casa e ti regala anche delle cassette istruttive e divertenti. Ora andiamo via di corsa perché si è fatto buio e tra poco il papà è di ritorno per il suo programma preferito. Girati bene la sciarpa attorno al televisore perché fa freddo."

"Ah, signora, un’ultima avvertenza. Se fa temporale, tenga il bambino spento, non corriamo il rischio che faccia cortocircuito per qualche fulmine. Qui valvole di ricambio non ne abbiamo."

Massimo Alberti

[su]

Il piccolo Ramesse illustrato di Fabio Fracas

A volte esistono le coincidenze. Non parlo di cose incredibili, di congiunzioni planetarie rarissime e neanche di sconvolgimenti epocali, parlo di piccole coincidenze di tutti i giorni, di minuscoli tasselli di mosaico che s’incastrano uno dopo l’altro quasi per caso ma che costituiscono tutti assieme un qualcosa, un disegno, di cui a volte ci rendiamo conto solo a posteriori. Molto a posteriori.

La prima tessera di questa mia personale opera musiva, credo sia stata di cornalina o di giada. Di sicuro ricordo che era un libro per ragazzi che mio padre, appassionato di storia e d’archeologia, mi regalò prima dei dieci anni. Su quel libro c’erano foto e disegni di colossi di pietra, di strane strutture piramidali, di esseri metà uomo e metà animale, ma soprattutto c’era la testimonianza di una cultura e di una civiltà che affascinava e inquietava il mio giovane immaginario così come, scoprii poi, quello di molte altre persone più o meno giovani di tutto il mondo. A quel primo libro molti altri ne sono seguiti e grazie ad essi il mio iniziale stupore si è via via trasformato in un vero interesse e in una sincera ammirazione verso quegli uomini che già millenni prima di Cristo avevano creato opere entrate nella storia.

Una coincidenza, quel regalo, che mi ha permesso di scoprire un intero universo di mistero, magia e storia nel quale molto spesso mi immergo alla ricerca di informazioni o ispirazioni per giochi, racconti o avventure. Esattamente come stavo facendo qualche giorno fa grazie ad un simpatico trattato sui geroglifici proprio quando un’altra coincidenza, un altro tassello, si è aggiunto ai precedenti. Al telefono, la voce dell’amico Giulio Mozzi mi ha chiesto di scrivere qualche riga di presentazione su un libro da poco uscito in Italia Ramses: il figlio della luce di Christian Jacq (Mondadori, pp. 409, L. 16.900), lo stesso autore di cui stavo, appunto, tenendo tra le mani una precedente opera!

Forse anche per Jacq la passione per l’Antico Egitto è nata casualmente, magari proprio con un regalo, ma è certo che, a tutt’oggi, sono ben poche le persone che possono dimostrare di possedere una tale specificità di conoscenze unita ad un’eguale capacità e semplicità di esposizione. Nato a Parigi nel 1947, docente di Egittologia e direttore dell’Istituto Ramsès, Christian Jacq conduce una doppia carriera di egittologo e di romanziere. Insignito dall’Académie Française per le sue importanti ricerche e pubblicazioni storiche ha vinto anche una serie di prestigiosi premi grazie ai suoi numerosi romanzi di ambientazione storica diventati, tra l’altro, veri e propri bestseller. Ramses, prima pubblicazione nel 1995, è sicuramente destinato ad un analogo successo sia per l’interesse che l’argomento suscita in questi anni di fine millennio (e non è un caso!) sia per l’intelligente promozione pubblicitaria della Mondadori che, oltre agli spot pubblicitari diffusi sulle principali reti nazionali, ha adottato anche una politica economica vincente mettendolo in commercio al modico prezzo di 16.900 lire.

Ma il caso, il fato, accompagna da sempre il cammino dell’uomo; e così anche la vita del giovane Ramses (il nostro antico protagonista) che sembrava pianificata dalla sua condizione di figlio secondogenito di Sethi, è invece un susseguirsi di strane circostanze, di casualità irrisolte e misteriose che solo dopo anni di ricerca e meditazione verranno svelate. Il mosaico del principe è ricco di tessere apparentemente incompatibili tra loro eppure, proprio per questo motivo, è ancora più stimolante la ricerca del disegno unificatore finale. La "prova del toro", i lunghi viaggi sul Nilo verso le grandi cave di gres del Gebel Silsileh o i piccoli villaggi dei pescatori, la campagna contro i Nubiani (premessa storica di quella che poi sarà la grande guerra contro gli Ittiti), i rituali delle offerte al Nilo, l’enigma delle mattonelle d’inchiostro e dell’attentato durante la caccia; tutto concorre affinché il futuro di Ramses appaia non come frutto di scelte e di decisioni ponderate ma come risultato caotico di forze superiori sia all’uomo che ai suoi stessi desideri: "Contrariamente a quanto aveva creduto, [Ramses] non disponeva di nessuna libertà: era il destino a segnare la strada, e Sethi vigilava per evitare che se ne discostasse" (p. 125).

Il destino, allora, non da solo ma integrato all’interno di un grande affresco storico di cui noi, diretti discendenti, sappiamo già valutare l’importanza e la complessità. Tutti i personaggi di Jacq si muovono, quindi, in una doppia dimensione sia storica che sociale e la narrazione degli eventi non fa altro che mescolare elementi dell’una dentro l’altra permettendoci, grazie anche alle grandi conoscenze dell’autore, di sentirci completamente a nostro agio fra riti e modi di vita e di pensiero che in realtà appartengono ad un mondo completamente scomparso. Date le premesse sembrerebbe indubbio che la ricostruzione storica compiuta da Christian Jacq fosse completamente coerente, ma così non è. Non dimentichiamoci, infatti, che si tratta pur sempre di un romanzo anzi, per la precisione, di una saga formata da più volumi. Se da un punto di vista puramente archeologico sono descritte cerimonie e rituali, anche quotidiani, la cui bellezza ed evocatività traspaiono fedelmente dalle pagine scritte (così come appaiono agli occhi di chi ha avuto la fortuna di poter rimirare dal vero gli stupendi disegni che li rappresentano, all’interno delle tombe e dei templi egizi), dal punto di vista narrativo sono invece molte le concessioni che sono state fatte.

"Le dodici danzatrici avevano deciso di esibirsi sul bordo del vasto specchio d’acqua su cui si aprivano fiori di loto bianchi e azzurri; la scena era illuminata da torce collocate in cima ad alte aste.

"Vestite di una reticella di perle sotto una corta tunica, in testa una parrucca a tre file di trecce, ornate di ampie collane e di bracciali di lapislazzuli, le fanciulle abbozzarono gesti lascivi; agili, ben sintonizzate, si chinarono verso terra, tesero le braccia verso invisibili amanti, li abbracciarono: movimenti di una lentezza deliziosa, e ciascun spettatore trattenne il fiato.

"All’improvviso, le danzatrici si tolsero parrucca, tunica e reticella di perle; i capelli raccolti in crocchia, i seni nudi, coperte appena da un corto cingilobi, batterono il suolo col piede destro poi, in un perfetto insieme, eseguirono un salto all’indietro, una capriola che provocò esclamazioni di meraviglia. Curvandosi, inchinandosi con grazia, fecero altre acrobazie non meno spettacolose" (p. 45).

"In quel diciannovesimo giorno del mese della stagione dell’inondazione, una gran folla si era radunata nei pressi del tempio di Karnak. Quando venne aperta la grande porta di legno dorato per lasciare passare la processione guidata dal re e da suo figlio, ci fu un’esplosione di gioia: gli dei erano presenti in terra e dunque l’anno sarebbe stato felice.

"Due le processioni che si formarono: una avrebbe preso la via di terra, seguendo il viale delle sfingi che portava da Karnak a Luxor, l’altra sarebbe passata sul Nilo, dall’imbarcadero del primo tempio a quello del secondo. Sul fiume, la barca reale attirava tutti gli sguardi; ricoperta dell’oro dei deserti e delle pietre preziose, splendeva sotto il sole. Sethi i persona guidava la flottiglia mentre Ramses seguiva la strada bordata di sfingi protettrici.

"Trombe, flauti, tamburelli, sistri e liuti accompagnavano acrobati e danzatrici. Sulle rive del Nilo, dei mercanti vendevano cibarie appetitose e birra fresca, oltre ai pezzi di pollo alla griglia, ai dolci e ai frutti" (p. 263).

È difficile non rimanere colpiti davanti a queste descrizioni in cui elementi attinti dall’iconografia classica (basti pensare a quella meraviglia che è l’affresco detto "della danzatrice") si mescolano a stralci di vita vissuta desunti da steli o papiri riguardanti i fasti del Nuovo Regno; ma è altrettanto difficile non rimanere perplessi davanti ad alcuni comportamenti puramente romanzeschi del nostro giovane eroe.

"Un barrito ruppe il silenzio della savana; Ramses ordinò l’alt, balzò a terra e seguì gli esploratori.

"Un animale mostruoso, munito di proboscide, urlava la sua sofferenza; aveva una zagaglia infitta all’estremità di quel suo incredibile naso e si dibatteva nel tentativo di sbarazzarsi di quello strale che lo rendeva folle di dolore. […]

"Mentre uno degli esploratori correva ad avvertire il re, Ramses si diresse verso l’elefante, fermandosi ad una ventina di metri dal mostro. Ne cercò lo sguardo. La bestia ferita cessò di agitarsi e stette ad osservare la minuscola creatura.

"Ramses gli mostrò le mani vuote, e il gigantesco maschio sollevò la proboscide, come se comprendesse gli intenti pacifici del bipede. Il principe avanzò lentissimamente. […]

"Il principe alzò le braccia, il gigante abbassò la proboscide.

"– Ti farò del male – annunciò Ramses. – Ma è necessario.

"Il principe impugnò l’asta della zagaglia.

"– Ci stai?

"Le grandi orecchie ondeggiarono quasi che l’elefante si dicesse d’accordo.

"Il principe tirò con violenza, svellendo d’un colpo solo il ferro; il gigante barrì, sollevato. Stupefatti, gli esploratori credettero di aver assistito ad un miracolo e che Ramses non sarebbe sopravvissuto al suo gesto; la proboscide insanguinata gli si avvolse attorno alla vita. [..]

"La voce allegra del principe li fermò; si voltarono e lo videro appollaiato sulla testa del gigante, là dove, con infinita delicatezza, la proboscide l’aveva deposto" (pp. 220-221).

Analoghe scene, come intento narrativo, sono riproposte nell’ordine anche con un cane di nome Guardiano, con un toro e, infine, con un leone. Inoltre, almeno da un punto di vista storico, spicca fra le altre, la scelta di Christian Jacq di voler collocare fra gli amici intimi di Ramses, anzi come suo miglior amico, lo stesso Mosè di biblica memoria.

"[Mosè] "– Sono parole degne di un capo, ne convengo, ma è questa la strada giusta?

"[Ramses] – Non ne esistono altre per preservare l’integrità del nostro territorio e permettere agli dei di risiedere su questa terra.

"– Gli dei… Ma gli dei esistono?

"– Che vuoi dire? […]

"– Io non ne so un bel nulla. Strani pensieri mi passano per la mente e mi tormentano. Finché non riuscirò a penetrarne il mistero, non avrò pace" (pp. 161, 164).

È vero che attualmente alcuni storici cercano di collocare temporalmente l’esodo nel xiii sec. a.C. (Ramses regnò dal 1279 al 1212 a.C.) ma si tratta perlopiù di supposizioni non confortate da prove certe. Stesso discorso vale anche per l’incontro con Omero (non dimentichiamoci che l’Iliade e l’Odissea vengono datate attorno al ix sec. a.C.) e per quello con Menelao, re di Sparta, vittoriosamente di ritorno dalla guerra di Troia (datata, invece, agli inizi del xii sec. a.C.).

Naturalmente tutto ciò non inficia minimamente la grande rappresentazione dell’impero egiziano, dei suoi abitanti e delle sue divinità, che troviamo in Ramses: il figlio della luce anzi, se vogliamo, ha il pregio di rendere più interessante e coinvolgente tutta una serie di eventi e di dati che, presentati in altra maniera, sarebbero potuti diventare quasi indigeribili per un lettore "normale" non adeguatamente supportato da una specifica passione. D’altronde un intento identico è ritrovabile anche in quel trattato sulla scrittura a cui facevo riferimento all’inizio e il cui titolo in italiano, Il segreto dei geroglifici non rende minimamente giustizia alla vena intelligentemente umoristica che lo pervade. Il giovane Champollion illustrato (questo il titolo originale) è infatti letteralmente infarcito di dotti riferimenti destinati però ad un pubblico il più vasto ed eterogeneo possibile e la bravura di Jacq sta appunto nel saper coniugare queste due differenti esigenze in un unico scritto le cui parti sono divise fra loro da titoli che, da soli, meriterebbero lo sforzo dell’acquisto: "L’insegnamento è una buona stella", "Che la parola sia un nodo magico!", "Bisogna farsi i capelli!", "Una morte piena di vita", ecc.

Senza timore d’errore si può quindi concludere che Ramses: il figlio della luce è stato volutamente costruito come un grande romanzo popolare in cui le splendide descrizioni e costruzioni scenografiche non fanno solo da contorno alla vicenda narrata ma diventano esse stesse le vere protagoniste di un’ulteriore opera di diffusione culturale voluta dall’autore. Un’opera nell’opera destinata a far crescere nel lettore una curiosità costruttiva sia verso i protagonisti fittizi della realtà romanzata sia verso i protagonisti reali della storia antica dell’Egitto. Un’insieme di tessere di cornalina e di giada che si spera possano ricomporsi nel piccolo mosaico quotidiano di ognuno di noi per regalarci qualche ora di svago e di riflessione all’interno di un mondo di 3.000 anni fa. (Fabio Fracas)

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