Index LETTURE&SCRITTURE a cura di Giulio Mozzi - Giugno 1997



Non solo libri

Recensioni, schede e notizie

AVVISO AI NAVIGANTI. Gli editori che volessero proporre volumi o riviste per recensione devono inviarli al seguente indirizzo: Nautilus, Ashmultimedia, via Fra' Paolo Sarpi 16, 36100 Vicenza, all'attenzione di Giulio Mozzi.

Dal Giappone. Kenzaburô Ôe, Gli anni della nostalgia, trad. Emanuele Ciccarella, Garzanti, pp. 504, L. 36.000

Grande intrattenimento. John Le Carré, Il sarto di Panama, trad. Luigi Schenoni e Raul Montanari, Feltrinelli, pp. 366, L. 33.000

Per gli amici. Pier Vittorio Tondelli, Biglietti agli amici, a c. di Fulvio Panzeri, Bompiani, pp. 144, L. 16.000

Poesia musicata. Interensemble, Poesia e musica dell’oggi, cd Rivoalto/Electa, crr 9511, durata 54’ 50", L. 25.000

Poesia musicata. Giovanna Marini, Partenze: vent’anni dopo la morte di Pier Paolo Pasolini, cd Silex y-225065, durata 63" 6’, L. 34.500

Poesia musicata. Nicola Campogrande, Capela imperfeitas, diciotto canzoni senza tetto su testi di Dario Voltolini, durata 60" 46’, cd ddt 19701, L. 32.000

Poesia recitata. Giorgio Caproni, Biglietto lasciato prima di non andar via, letto da Ugo De Vita, cassetta Audiobook Rugginenti, durata 41’, L. 18.000

Poesia d’autore. Poesie di Edoardo Sanguineti lette dall’autore, cd Fonit Cetra cdle 1023, durata 33’ 40", L. 19.000

[riga][su]

Dal Giappone. Kenzaburô Ôe, Gli anni della nostalgia, trad. Emanuele Ciccarella, Garzanti, pp. 504, L. 36.000

Non è un bel modo di cominciare una recensione, tuttavia non possiamo cominciare che protestando per la quantità assurda di refusi e di errori che ci sono in questo libro. Sembra che le bozze siano state corrette con il solo correttore automatico. C’è una quantità di congiuntivi e di tempi verbali che non tornano. Non è possibile che uno dei maggiori scrittori del nostro tempo (premio Nobel, tra l’altro) venga trattato così. E non è possibile che venga trattato così un lettore che investe 36 mila lire, ossia 71,5 lire a pagina. Speriamo che ciò non sia dovuto al cambio di traduttore: Insegnaci a superare la nostra pazzia, Il grido silenzioso e Un’esperienza personale, ossia i tre libri già disponibili in italiano di Kenzaburô Ôe, tutti pure editi da Garzanti ma tradotti da Nicoletta Spadavecchia, ci erano parsi molto più curati (Spadavecchia ha ricevuto nel 1995 il Premio per traduttori di pubblicazioni sul Giappone assegnato dal Club d’amicizia Italia-Giappone). Diciamo questo, sia chiaro, da semplici lettori e non da esperti di lingua e cose giapponesi.

Ciò detto, Gli anni della nostalgia (pubblicato in Giappone nel 1987) è uno splendido romanzo e, forse, potrebbe essere un buon punto di partenza per chi non conosce ancora Kenzaburô Ôe. Non vi è, infatti, quel clima di violenza (sociale, culturale, anche fisica) estrema che riempie gli altri tre libri a noi noti. La violenza c’è ma, in questo romanzo che sembra una delle tante versioni dell’autobiografia di Ôe, è stilisticamente tenuta a distanza.

Raccontare la trama non è facile. Diciamo che Gli anni della nostalgia è quasi una biografia di Gii (pr. Ghìi), amico d’infanzia (benché maggiore di cinque anni) di Key (che è il narratore, ed è esplicitamente lo stesso Kenzaburô Ôe). Gii e Key sono nati in una valle boscosa; Gii è figlio di ricchi proprietari terrieri, Key appartiene alla classe media. Entrambi studiano. Entrambi si sentono molto legati alla valle. Key tuttavia la abbandonerà, per vivere a Tokyo la vita dello scrittore; Gii si radicherà sempre più nella valle, prima tutelandola dai mutamenti ambientali, poi cercando di avviare grandi progetti di rilancio economico, poi tentando di farvi girare un film, infine (questa storia è accennata all’inizio, e prende tutte le ultime pagine del libro) costruendo un piccolo lago artificiale senza alcuna utilità pratica ma destinato a trasformare un certo luogo in vero e proprio luogo sacro. La storia dell’amicizia tra Gii e Key è raccontata attraverso lunghe lettere, conversazioni di persona, conversazioni al telefono, racconti di ciò che Gii combina che Asa, la sorella di Key rimasta nella valle, fa a Key, e così via: il movimento narrativo sembra lentissimo, e tuttavia il romanzo (se è un romanzo) è pieno di avvenimenti. Gii appare sempre a Key come un maestro, una specie di santo: benché la vita di Gii sia tutto sommato poco edificante (almeno per gli standard occidentali): un grande disordine sessuale, facilità alla violenza, eccessiva fiducia nelle proprie capacità "divinatorie", e infine un vero e proprio assassinio marcano la vita di Gii. E al lettore resta il dubbio che il laghetto artificiale non servisse in realtà ad allagare il villaggio...

Gii, dicevamo, è un maestro. Introduce Key ad alcune letture fondamentali: Yeats e, soprattutto, Dante. Dante è la grande passione di Gii, sia Gii sia Key sono in grado di citarlo a memoria ad ogni occasione buona. Tanto che, da un certo punto in poi, si ha l’impressione che Gii cerchi di costruire la sua vita (della quale, grazie alla ricchezza, è pienamente padrone) come un calco sul viaggio di Dante attraverso inferno, purgatorio e paradiso: solo che la vita di Gii sembra un alternarsi di improvvisi inferni e paradisi, e solo nelle pagine finali, quando Gii è ormai morto, assassinato, sembra aprirsi per i superstiti la possibilità di una residenza purgatoriale, sull’isoletta al centro del laghetto artificiale identificato con le acque che circondano il purgatorio dantesco. Queste acque costituiscono il "cerchio eterno degli anni della nostalgia", scrive Ôe (p. 497).

Si potrebbe anche dire: Gii è l’uomo che cerca di costruire la propria vita attorno a un sogno. Questo sogno è il rifiorire della valle, assediata fisicamente dalle espansioni urbane e spiritualmente dal mutare dei costumi. Gii non pensa che alla valle, e per tre quarti di libro cerca di convincere Key a lasciare Tokyo e risiedere nella valle: a questo scopo gli appronta addirittura un intero villaggetto edenico in uno dei luoghi più suggestivi della valle (quello che poi sarà sommerso per costruire il lago). Key, benché attratto sia da Gii sia dalla valle, e benché disgustato dalla carriera di scrittore (per gli aspetti fatui e mondani, per alcune leggerezze compiute che gli costeranno care, per la propria incertezza tra desiderio di successo e desiderio di autenticità ecc.), ostinatamente si rifiuta, salvo tornarci ogni tanto per sentirsi ormai estraneo.

Gli anni della nostalgia è molto bello e commovente. Chi abbia già letto Un’esperienza personale, sarà felice di leggere, soprattutto nei primi capitoli, alcune felicissime pagine dedicate a Hikari, il figlio minorato di Kenzaburô Ôe.


[riga][su]

Un bell’esordio. Matteo Galiazzo, Una particolare forma di anestesia chiamata morte, Einaudi, pp. 135, L. 16.000

Rischiano di farsi ricordare come il miglior libro d’esordio del 1997 questi racconti di Matteo Galiazzo, genovese, classe 1970, già presente (con il miglior pezzo, a nostro avviso) nell’antologia Gioventù cannibale (Nautilus, ottobre 1996) nonché redattore del Maltese [una delle più interessanti riviste di narrativa, sospesa tra under e overground, che si producano in Italia (Nautilus, agosto 1996); di Galiazzo i lettori di Nautilus hanno già potuto leggere il racconto «Acqua», pubblicato nel numero di dicembre 1996.]

Rischia di farsi ricordare come il miglior libro d’esordio dell’anno, questo Una particolare..., per due ragioni: uno, per la varietà e la felicità dell’invenzione narrativa; due, per la qualità della lingua. Una lingua che ad alcuni è sembrata «di plastica» ed effettivamente, se vogliamo come d’uso girare la critica in complimento, di plastica è: è una lingua alla quale non viene affidata nessuna missione salvifica (non come fanno certi odierni difensori della letteratura ad ogni costo), né viene mai usata espressionisticamente (ed è per questo che in realtà Galiazzo, con i cosiddetti cannibali, c’entra come i cavoli a merenda). Potremmo chiamarla una lingua inespressionista, o più esattamente una lingua che si dà fin dall’inizio come falsa e tuttavia, essendo l’unica lingua che abbiamo, non viene ridotta al puro gioco combinatorio ma viene agita come possibilità (per quanto ardua) di comunicazione. E se consideriamo che nell’anno Domini 1997 e in Italia i pericoli maggiori per chi scrive sono le trappole dell’iperletterarietà, del generazionalismo e del filosofeggiamento, ci rendiamo conto che una lingua con queste caratteristiche in queste trappole non ci cadrà mai. E non sarà un caso se l’ultimo dei racconti, «Apocalisse di Calimero», forse il più bello (mentre «Tempo» è l’unico che non ci convince), raccontando dell’invenzione delle parole da parte di Adamo, mette in mostra proprio la falsità e vacuità della lingua. «Un giorno Dio [...] disse [a Adamo] di trovare un nome a tutte le cose che vedeva, e Adamo cominciò tutto contento. Questi li chiamerò sassi, disse Adamo. Bravo, bravo il mio Adamo, sassi, sì, bene, gli disse Dio, continua. [...] Anche quando le cose erano finite e non c’erano più nomi da trovare, [Adamo] aveva preso gusto a questo gioco e continuava, continuava. Nella sua mente si affacciavano nomi sempre nuovi, nomi a cui però non corrispondeva nessun oggetto, nomi come: tristezza, prestigio, carattere mite, prepotenza, relazione adulterina, odio, eleganza, stupro, correttezza, lungimiranza, inventiva, bellezza, invisibilità, gelosia, patria potestà, diritto di voto, comfort, sicurezza, contabilità, deficit, Bot, ragione sociale, processo dialettico, storia, gloria, supremazia, codice fiscale, contraddizioni dello stato occidentale, taylorismo, propensione al suicidio, asimmetria nell’informazione, depressione, narratologia, lucidità mentale, decoro, politica, masticazione inversa, morale, pentimento, amore» (pp. 117 s.); tuttavia il libro si chiude a p. 133, così come si apre nella dedica, nel nome di Simo/Simona, «che porta la felicità e la bellezza». Parole alle quali, quindi, un senso umanamente condivisibile sarà stato trovato.


[riga][su]

Per gli amici. Pier Vittorio Tondelli, Biglietti agli amici, a c. di Fulvio Panzeri, Bompiani, pp. 144, L. 16.000

Pier Vittorio Tondelli è una pietra di scandalo: oggi più di quand’era vivo. Se da parte di alcuni è oggetto di un vero e proprio culto (con tutte le degradazioni del caso), da parte di altri è disprezzato come scrittore irrimediabilmente generazionale, fracassone, minore. Se molti nuovi narratori italiani non possono (pur nella diversità di crescite e percorsi) non dichiararsi tondelliani, tuttavia c’è chi ripudia questa "fraternazione" (coniamo un neologismo sullo stampo di "filiazione") come un peso eccessivo da portare o come un equivoco sulla propria identità (alcuni ex "under 25" che hanno pubblicato libri hanno scelto nomi diversi da quelli impiegati nelle antologie curate da Tondelli). Se Camere separate è considerato da alcuni un libro da rilettura continua, da altri un libro inesorabilmente melenso, da altri ancora il libro più sopravvalutato degli ultimi vent’anni, ci sarà una ragione. Tondelli ha posto dei problemi a chi assegna alla letteratura un posto nella propria vita: li ha posti perché è continuamente entrato e uscito dalla letteratura, ha fatto un uso anomalo (perché "emotivo") della letteratura nella propria vita. Oggi che troppi vivono il "diventare scrittori" come l’accedere a una casta privilegiata e gloriosa, oggi che furoreggiano più che mai gli estetismi di ritorno, oggi che c’è chi in tutta serietà sostiene che il mondo esiste per dar luogo a un libro (e che stavolta il libro sia trash non toglie né aggiunge nulla alla stupidità originaria della frase di Mallarmé): ecco, oggi è pietra di scandalo una persona per la quale lo scrivere è stato essenzialmente un’esperienza morale, e quindi un’esperienza insieme di solitudine e di mondanità, di razionalità e di sentimento, di aggressione e di amicizia, di curiosità per il mondo e di dedizione a sé stesso.

Il popolo dei tondelliani sarà felice della ripubblicazione, presso Bompiani e per le amorevoli cure di Fulvio Panzeri, di Biglietti agli amici, il libro più introvabile di Tondelli. Pubblicato sul finire del 1986 dall’editore Baskerville (di Bologna), in ventiquattro copie destinate effettivamente a ventiquattro amici e in una tiratura normale (ma comunque ridotta: tutte le copie erano autografate da Tondelli) per le librerie, il libro era andato presto esaurito e, probabilmente, ce n’erano in circolazione più fotocopie (la mia è di terza mano) che copie originali. Biglietti agli amici è un libro piccolo, che può essere letto tutto in piedi alla Feltrinelli, ma che è conveniente acquistare e meditare. Sono ventiquattro brevi scritti intimi, mezze paginette, dedicati a persone delle quali noi conosciamo solo le iniziali. Noi ci siamo fermati sull’ultima riga dell’ultimo biglietto: "Ora, a pochi minuti dal ritorno, si chiede se ha viaggiato per qualcosa" (p. 105). E ci hanno tolto il fiato alcune righe del diario d’ospedale, del 7 od 8 settembre 1991, riportate da Fulvio Panzeri nella "Nota al testo" finale: "Io ho sempre pensato che la scrittura avrebbe potuto con gli anni e col lavoro ‘salvare’ la storia miserrima... (la mia) un canto epico... (...epos). E forse così sarei riuscito a... Ma non sarà così. La letteratura non salva mai tanto meno l’innocente. L’unica cosa che salva è Amore, la fede e la ricaduta nella Grazia" (p. 141).

[riga][su]

Poesia musicata. Interensemble, Poesia e musica dell’oggi, cd Rivoalto/Electa, crr 9511, t.t. 54’ 50", L. 25.000

E’ interessante questo cd (prodotto nell’ambito dell’iniziativa Musica e Musei con il contributo della Regione Veneto) nel quale un gruppo di giovani compositori (l’età media è sui trentacinque) si confronta con testi poetici di autori della propria e della precedente generazione. Tutti i pezzi, alcuni dei quali prevedono anche live electronics, hanno una dimensione cameristica e sono eseguiti dai musicisti dell’Interensemble, un complesso (guidato da Bernardino Beggio) la cui attività è tutta consacrata alla musica contemporanea, con particolare attenzione ai musicisti italiani e alle nuove tecnologie. L’approccio al testo è risolto dai compositori in una varietà di modi: Diego Dall’Osto tratta elettronicamente la voce e la trasforma in un borborigmo gorgogliante, Michele Biasutti la deforma e moltiplica (con un effetto più teatrale-espressionista che materico), Giovanni Bonato porta alla luce fonemi isolati, Riccardo Piacentini realizza una melodia soave (e il suo pezzo, su testo di Arnaldo Ederle, è forse il migliore), Roberto Rusconi esalta il finto arcaismo del testo di Maurizia Rossella impiegando per il canto un’intavolatura del trovatore Rusbert de Venise (secondo Quattrocento) e per l’accompagnamento chitarra elettrica e suoni elettronici.

I musicisti e i poeti. Bernardino Beggio, Lancista, testo di Silvio Ramat; Gioranni Bonato, Ben disposti silenzi, testo di Andrea Zanzotto; Michele Biasutti, Black Angels, testo di Ferruccio Brugnaro; Matteo Segafreddo, Stelle, testo di Giuseppe Ungaretti; Andrea Cavallari, This is a short story, testo di Marilla Battilana; Roberto Rusconi, Contrafacta, testo di Maurizia Rossella; Riccardo Piacentini, Ci riesci a vederli i gabbiani?, testo di Arnaldo Ederle; Diego Dall’Osto, Chiusi nel sogno, testo di Paolo Ruffilli; Massimo Munaro, Tre falistre, testo di Marco Munaro. Produzione Rivoalto, via don Minzoni 4, 31030 Casier (Tv).


[riga][su]

Poesia musicata. Giovanna Marini, Partenze: vent’anni dopo la morte di Pier Paolo Pasolini, cd Silex y-225065, durata 63" 6’, L. 34.500

Il cd (pubblicato in Francia) accoglie la registrazione dal vivo di uno spettacolo prodotto dal Théâtre de Vidy, a Losanna (Svizzera), nel dicembre 1995: sul palco il quartetto vocale (guidato da Giovanna Marini, e con Patrizia Bovi, Francesca Breschi, Patrizia Nasini); a volte una chitarra d’accompagnamento. Lo spettacolo vuole, spiega Giovanna Marini, "raccontare cose di questi tempi, le azioni folli di gente normale che d’un tratto si ritrova in una situazione anormale, quella del benessere a tutti costi"; situazione che Pasolini aveva prevista, dicendo che "quell’omologazione culturale che il fascismo, in vent’anni, non aveva ottenuto, l’ha ottenuta la civiltà el consumo, in pochi anni". La pratica musicale di Giovanna Marini, che mescola tradizione popolare recente, polifonia e canto espressionista, si incrocia naturalmente con l’immaginario "contadino" di Pasolini, quel Pasolini che invocava in piena industrializzazione spinta il ritorno a contenuti e valori antichi, gli unici capaci (secondo lui) di evitare appunto l’omologazione culturale del popolo. La cantata-spettacolo di Giovanna Marini alterna canti della tradizione, canzoni originali, e poesie friulane di Pasolini (Amòur me amòur, Dansa di Narcìs, Pauli, Madonuta, El dì de la mè muàrt, Lied). Tra le canzoni nuove è molto bella e forte Mi pesa andar lontano; teatralmente impressionante il finale Lamento per la morte di Pier Paolo Pasolini, scritto in quartine di stile semplice, che inizia sommesso e finisce in urlo: "Persi le forze mie, persi l’ingegno / che la morte m’ha venuta a visitare / e leva le gambe tue da questo regno / persi le forze mie, persi l’ingegno. (...) Ma quella notte volevo parlare / la pioggia e il fango e l’auto per scappare / solo a morire lì vicino al marte / Mezzanotte volevo parlare. // E non può non può più parlare può più parlare".

Pasolini su Nautilus: vedi nel numero di febbraio 1997 la segnalazione di un cd di poesie lette dall’autore: Pier Paolo Pasolini, Rca/Bmg, cd 74321-27043-2, L. 32.000


[riga][su]

Poesia musicata. Nicola Campogrande, Capela imperfeitas, diciotto canzoni senza tetto su testi di Dario Voltolini, durata 60" 46’, cd ddt 19701, L. 32.000

Anche questo lavoro di Campogrande e Voltolini, come il precedente Mosorrofa, è ben fatto eppure lascia una certa insoddisfazione. I testi di Voltolini sono generalmente belli e si fanno apprezzare per la limpida semplicità, nonché per la continua disponibilità alla filastrocca ("Quattro mani bianche / quattro mani grosse / quattro mani stanche / tra le foglie rosse / quattro mani finte / quattro mani vere / quattro mani spinte / tra le foglie nere", in Acqua; "Nel primo armadio tengo / le cose controvento / i capi a cui non tengo / che quando vado al nord // Nel terzo armadio tengo / le scarpe contro il fango / le suole che ritengo / mi servano per l’est", in Armadi). Le musiche di Campogrande sono, per carità, ineccepibili: ma alla fin fine si ha l’impressione di una certa freddezza. Mentre l’eclettismo (anche narrativo) di Voltolini sembra essere il risultato della disponibilità a usare qualunque mezzo per ottenere il risultato immaginato, l’eclettismo di Campogrande sembra essere una cosa più deliberata, dandystica, al limite fatua. Con il risultato che quando queste canzoni (per quattro voci femminili e percussioni) mimano coltamente le forme della musica popolare (canzonetta ecc.) finiscono col sembrare delle canzonette ingessate e depotenziate. Nel libretto allegato c’è una nota di Alessandro Baricco: queste canzoni "stanno in disparte, nel senso che se pensi "musica leggera" non pensi tutto quel che sono: se pensi "musica colta" non pensi niente di quel che sono. Vagamente apolidi: accennate, esatte ma provvisorie, rifinite nei minimi particolari ma sostanzialmente inusabili". Si può senz’altro sottoscrivere questa definizione, pur senza condividerne del tutto l’andamento elogiativo. D’altra parte, ciò che si può dire della musica di Nicola Campogrande (che è giovanissimo: è nato nel 1969) si può dire anche della musica di Azio Corghi, di Ludovico Einaudi e di tutta una nuova generazione di compositori che ha operato un sostanziale rifiuto di tutta la musica successiva a Rossini - accettando però, nel contempo, la sfida con la musica effettivamente ascoltata nel nostro tempo, ossia quella che i musicisti colti definiscono musica leggera (per una illustrazione e difesa di questa "linea" musicale, vedi: Alessandro Baricco, L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin, Garzanti).

Notizie. Quartetto vocale Vocinblu, composto da Luisa Cottifogli, Frida Forlani, Paola Lorenzi, Silvia Testoni. Percussionisti Danilo Grassi e Paolo Pasqualin. Distribuzione. Sound and Music, via Mazzarosa 105, 55100 Lucca, tel. 0583-581327, fax 0583-419115. La ddt ha sede in via Cosmo 11, 10131 Torino. Campogrande e Voltolini su Nautilus. Vedi nel numero di agosto 1996 la segnalazione del cd di Nicola Campogrande, Mosorrofa o dell’ottimismo, libretto di Dario Voltolini, ddt 19301, durata 1h 10’, s.i.p.; e nel numero di gennaio 1997 l’articolo Che cosa sono io per Voltolini, e che cosa è lui per me?, di Roberta Schiavon (recensione al volume Forme d’onda, Feltrinelli, pp. 150, L. 20.000).


[riga][su]

Poesia recitata. Giorgio Caproni, Biglietto lasciato prima di non andar via, letto da Ugo De Vita, musiche di C. A. Landini, cassetta Audiobook Rugginenti, durata 41’, L. 18.000

E’ ovviamente benemerita una nuova collana di poesia italiana su cassetta, e in questi Audiobook (ideati da Sergio Scorzillo) l’editore Rugginenti ci propone, oltre a questo Caproni, anche un estratto dal Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini di Mario Luzi (lettura di Alessandro Haber e di Ugo De Vita), un Paradiso dantesco (De Vita), i Canti orfici di Dino Campana (Valentina Cortese, De Vita), un Leopardi letto da Franco Branciaroli; e, con dignitosissima scelta commerciale, una raccolta di Poesie d’amore e un Canto di Natale di Dickens. Il Caproni letto da Ugo De Vita è piuttosto bello, nonostante (qui si tocca una vecchia contesa tra poeti e fini dicitori) qualche eccesso di "teatralizzazione": con innalzamenti e abbassamenti di voce, enfatizzazioni, accelerazioni e rallentamenti e così via. Bella l’idea di accostare alla Genova di Caproni la Genova di Dino Campana (con il testo "Batte botte"). Ottimo il suono: la lettura è stata registrata al Teatro Belli di Roma, e "si sente" il teatro. Ininfluenti e riempitive le musiche di Landini. Ingannevole la dicitura all’esterno della confezione: "Contiene libretto con introduzione di Fabio Pierangeli": il lettore si aspetta i testi di Caproni, invece trova solo i titoli e una noterella critica di dubbia utilità.

Dove e come. Gli Audiobook si trovano nelle migliori librerie; eventualmente rivolgersi a: Rugginenti editore, via Cuore Immacolato di Maria 4, 20141 Milano.


[riga][su]

Poesia d’autore. Poesie di Edoardo Sanguineti lette dall’autore, cd Fonit Cetra cdle 1023, durata 33’ 40", L. 19.000

Prosegue a spron battuto la ristampa in cd, nella collana "Letture", della già gloriosa collana "Documento" curata da Folco Portinari. Il numero 23 è dedicato a Edoardo Sanguineti e ne documenta l’attività poetica dall’esordio di Laborintus (1956) alle mature Postkarten (1978). La lettura di Sanguineti è splendida; il libretto riporta tutti i testi e due interventi di Folco Portinari e Mirella Serri. Dispiace che la Fonit Cetra non abbia pensato di integrare il cd con la lettura di qualche testo posteriore all’edizione su vinile; così come è un po’ triste dover leggere i due pezzi di Portinari e Serri tenendo a mente che il loro "oggi" è vent’anni fa. Oltretutto non è che Sanguineti, dal ‘78 ad oggi, abbia scritto poco (per quantità e qualità). E infine sarebbe interessante anche una proposta del Sanguineti più eplicitamente "comico", quello degli acrostici, dei poemetti allitterativi ecc. Tuttavia, con l’aria che tira per la poesia in Italia, teniamoci buono questo. Ribadiamo il giudizio sulla confezione del cd: tanto è elegante il libretto, altrettanto è orribile la copertina.

Dove e come. La collana "Letture" della Fonit Cetra si trova nei migliori negozi di dischi (di solito vicino ai cd di cori di montagna), mentre non è distribuita nelle librerie. Sanguineti su Nautilus. Abbiamo segnalato nel numero di marzo 1997: Andrea Liberovici, Rap. Testo di Edoardo Sanguineti, cd Fonit Cetra, nfcd 2044, durata 51 minuti, L. 22.000


[riga][su]