Index Cultura - Agosto 1997


E Otello strangolò mamma Desdemona

Studiata fin dai tempi di aristotele, la gelosia è rimasta un sentimento ancora misterioso. Sicuramente innata nell’uomo, ha forme diverse a seconda dei Paesi e delle tradizioni. Ma esiste anche tra le tribù che offrono le mogli agli ospiti o tra chi pratica lo scambio di coppia. Motivo: nasce dall’insicurezza di sé e dalle paure infantili di non essere amati dalla madre in modo esclusivo. Insomma non è mai colpa del troppo amore per qualcuno, ma di quello sbagliato per sé stessi

Uno dei temi maggiormente presenti nel melodramma italiano, come d’altra parte nel verismo di un Giovanni Verga, è senza dubbio quello della gelosia. Anche se il personaggio che ne è divenuto l’emblema, sembra essere l’Otello shakespeariano, in ogni epoca, e all’interno di ogni forma artistica si è sempre cercato di rappresentare e di narrare della gelosia.

Ritornando ad Otello, si tratta, mi si perdoni la semplificazione, della storia di un uomo che nella sua vita riesce a vincere i nemici in battaglia e in politica per poi cadere ai piedi di quel terribile avversario che è la gelosia. Nella stessa opera troviamo anche una sorta di definizione della gelosia, quando Emilia, rispondendo alle rassicurazioni di Desdemona di non aver mai tradito il marito esclama:

"Non son queste risposte per l’anima gelosa; / non si è gelosi per causa giusta o ingiusta / ma gelosi per pura gelosia /: un mostro / che da se stesso nasce, di se stesso si nutre". (Otello, atto III, scena 4)

Fin dai tempi di Aristotele si è cercato di trovare una spiegazione univoca di questo sentimento, senza giungere a nessuna formulazione universalmente accettata. Tra il molto che si è scritto in proposito, appare interessante la tesi di Margaret Mead, la nota antropologa inglese, che sosteneva che quanto più incerta è la stima di sé, tanto più si è vulnerabili ai morsi della gelosia. Per l’autrice la gelosia non può essere intesa come un’unità di misura dell’amore, bensì come un sentimento negativo, che avrebbe le sue origini nel senso d'insicurezza e d'inferiorità.

Sostanzialmente in accordo con lei sono Davis e Gotteschalk, per i quali la gelosia è in realtà la paura di perdere il proprio possesso. Davis asserisce: "In ogni caso essa (la gelosia) è palesemente una paura ... o una reazione rabbiosa a una minaccia di appropriazione del proprio possesso o di quello che è desiderato come tale". Appare molto interessante il fatto che Davis si riferisca al "desiderare" di possedere, come a dire che la gelosia può trarre linfa anche dalla fantasia e non solamente dal reale possesso.

Certamente si può rimanere perplessi a fronte di affermazioni così decise, ed una delle prime obbiezioni riguarda il fatto che anche la gelosia dovrebbe, ad esempio, risentire dell’evoluzione dei costumi della società, e di quelli sessuali in particolare. Molte cose sono cambiate: l’antico diritto di pretendere l’esclusività sessuale del partner non è più tanto solido, anche se poi i delitti d’onore continuano ad affacciarsi di quando in quando. Indipendentemente dal giudizio che se ne può dare, nella cultura sta prendendo piede un certo costume di permissività sessuale concordata, e gli esempi potrebbero continuare. Ciò nonostante la gelosia è ben lungi dallo scomparire, tutt’al più cambiano le situazioni che generano gelosia e mutano i "segnali" in grado di scatenarla.

Illuminanti sono in proposito gli studi condotti da Robert e Margaret Blood sui cosiddetti "swingers" (negli Stati Uniti così sono chiamati mariti e mogli che si scambiano i partner nei rapporti sessuali) che mostrano come tra loro queste coppie abbiano elaborato un codice interno, la rottura del quale provoca furiose gelosie: ad esempio se è infranto il divieto di innamorarsi a vicenda.

Gli stessi studi antropologici ci mostrano che anche presso quelle civiltà in cui l’offrire la propria donna all’ospite è espressione di potenza e di grandezza o in cui lo jus primae noctis è ben consolidato, le manifestazioni di gelosia sono ben lungi dallo scomparire.

Che cos’è dunque che fa diventare la gelosia un sentimento presente in tutte le epoche e sotto tutte le latitudini?

Comunque la vogliamo vedere appare chiaro che la gelosia è un’emozione fortemente connaturata all’uomo, in tutte le sue espressioni culturali. Ben diverso è il discorso che si può fare a carico delle reazioni, dei comportamenti che possono essere scatenati dalla gelosia. Forse, esasperando un tantino il concetto, potremmo dire che nessuno può essere chiamato a rispondere del sentimento di gelosia che prova, infatti possiamo fare ben poco per bloccare qualche cosa che sorge spontaneo e vive di vita propria. Mentre appartiene alla nostra piena libertà individuale il decidere se e come tradurre quest'emozione in comportamenti.

Per restare nel campo delle emozioni, che mi è più conosciuto, vorrei ricordare, con Freud, che la gelosia non appare come innata ma certamente è inevitabile. Tanto più se la si considera come una reazione di difesa di fronte ad una possibile perdita. Essa trae origine, per ciascuno di noi, dalle prime esperienze infantili come conseguenza della grande battaglia tra il principio del piacere, che ricerca la gratificazione dei propri desideri senza preoccuparsi molto delle conseguenze, e il principio della realtà che chiede la rinuncia o lo spostamento della loro realizzazione in altri tempi o su altri obbiettivi.

Momenti significativi di questa "battaglia" ve ne sono parecchi. Uno è certamente l’esperienza dello svezzamento: per il bambino essa non è certo piacevole, preferirebbe infatti continuare ad essere allattato al seno. Ancora, la presenza di un fratello che lo costringe a dividere quell’amore dei genitori che vorrebbe tutto per se. Infine, ma gli esempi potrebbero continuare, ogni bambino, per quanto desideri conquistare l’amore esclusivo della madre, si deve ben presto rassegnare al fatto che questa gli preferisce il padre.

Ora queste comuni esperienze, di privazione e di rivalità, seppure sono dimenticate nella loro forma reale, sono rivissute ogni qual volta la persona si trova di fronte al il timore di perdere un oggetto d’amore.

Con questo non voglio dire che le esperienze infantili siano la causa diretta di quelle successive, ma certamente esse sono rievocate e contribuiscono a creare il modo e l’intensità con cui rispondiamo alle tensioni della vita adulta. In tutti noi persiste, ad un certo livello, il bambino che eravamo, così come esiste l’adulto che presumiamo di essere diventati: i ricordi e i sentimenti molti intensi persistono. Continuiamo a rispondere emotivamente con modalità spesso esagerate e inappropriate alle situazioni che incontriamo: in tutti noi si manifesta ancora la possessività indiscriminata, l’anelito ad un amore assoluto, certo ed esclusivo tipico del bambino, per il quale amare significa in primo luogo "ricevere amore".

Tutto questo è la molla del sentimento di gelosia e delle sue manifestazioni. Così come diceva La Rochefoucauld: "Nella gelosia c’è molto più amor proprio che amore per l’altro".

Antonio Zuliani ,psicologo