Index SPORT - Giugno 1997


Una Ferrari made in Veneto

Padovano, ex pilota di Formula 3000 poi fondatore di una scuderia in provincia di Venezia, Ivone Pinton sta per realizzare il sogno di portare una sua macchina in Formula 1 chiedendo i 25 miliardi necessari per una stagione ad imprenditori del Triveneto. Progettata dall’ex disegnatore Ferrari e Williams, Enrique Scalabroni, con motore Zytek o forse giapponese, gomme Bridgestone e magari un pilota italiano, già quest’anno la "Durango" potrebbe inziare le prove. Per l’esordio accanto a Hill e Schumacher nel ’98

Gli inglesi la chiamerebbero "factory", ovvero la casa-laboratorio dove si studiano le segrete alchimie capaci di dare quei due decimi in piu' al giro che fanno vincere le gare. Anche a cavallo di Padova e Venezia, a Mellaredo di Pianiga ce n'è una, che riproduce esattamente l'ambiente dei grandi team. Entrando nel grande cubo si incrociano sensazioni da pista: meccanici curvi sul telaio di una monoposto, il rumore straziante di un motore in prova, i mezzi da trasporto, camion e pullmann con la scritta "Durango Equipe".

Ed è proprio, qui in terra Veneta, che sta prendendo forma un sogno cullato da anni di lavoro, sbarcare in Formula 1, confrontarsi con i grandi team. Costi proibitivi? Tecnologia raffinata? Organizzazione al top? Non sono un problema, almeno non per Ivone Pinton, 44 anni, profondi occhi scuri, che è l'anima di questa scuderia. Da quando ha smesso tuta e casco ed è diventato team manager in Formula 3000 non ha avuto che un solo pensiero. Ed ora finalmente, dopo undici anni, ha la possibilità che si realizzi. Lo abbiamo incontrato nel suo "regno".

Pinton, prima di tutto ci deve dire dove ha trovato i finanziamenti...

«Gli imprenditori del triveneto amano molto chi come noi dimostra passione per il proprio lavoro, venendo qui anche il sabato e la domenica se necessario. Contiamo molto su di loro perchè ci stanno seguendo da vicino. Abbiamo calcolato che non ci vorranno meno di venti, venticinque miliardi a stagione e naturalmente per questo dovranno entrare altri soci. La squadra passerà a circa una trentina di persone assunte a tempo pieno. Per i primi tre anni però faremmo solo da assemblatori, gestendo il team come la Formula 3000. Poi, se va bene, diventeremo anche costruttori totali, ma in questo caso dovremmo arrivare a 150, e mandarne alle corse almeno 80».

In secondo luogo occorre un progetto tecnico all'altezza..

«Qui siamo fortunati perchè siamo entrati in contatto con uno dei maggiori progettisti della Formula 1, l'argentino Enrique Scalabroni (ex Ferrari e Williams, per intenderci). E' lui il nostro consulente per lo sviluppo del telaio che abbiamo già costruito in Francia, dove nascono i telai

Ligier. Stiamo trattando il suo arrivo a tempo pieno nella nostra squadra. Certamente all'inizio non potremmo disporre di tutte le soluzioni innovative come i grandi team, ma quando avremo i cinque o sei miliardi che occorrono per queste saremo al top».

Motore e gomme?

«Abbiamo una trattativa in fase avanzata con un motorista e un'altra legata al nostro progettista che ci porterebbe a usare un propulsore giapponese aprendoci addirittura una prospettiva ancora migliore. La prima si riferisce a John Judd, il preparatore inglese che sotto la sigla Zytek ci ha fornito i motori fino a questo momento, sviluppati da propulsori Yamaha. Della seconda non possono ancora dire nulla. Di sicuro non voglio avere un motore con così pochi cavalli da farci fare l'ultima fila. Per le gomme la Bridgestone potrebbe darci una mano e approfittando del fatto che sta entrando in Formula 1, farcele pagare meno della Good Year».

Come le è nata la passione?

«Io correvo in macchina nell'84, quindi la passione l'ho sempre avuta. Poi ho conosciuto Enrico Bertaggia, un giovane pilota che è venuto a vedere le mie ultime cinque corse. Gli ho dato la mia macchina e sul circuito di Misano è partito in prima fila. La soddisfazione è stata

tale per me che era come se dentro la macchina ci fossi io. Così ho capito che potevo ricavare così la stessa soddisfazione che correre».

Quando vedremo la Durango in pista?

«Veramente noi vorremmo cominciare a provare già quest'anno. Ma non voglio ritrovarmi con un progetto vecchio che prende cinque secondi al giro. Aspetterò di avere una vettura curata nei particolari. Sfrutterò i circuiti italiani per sgrossare la macchina».

Ci sono nomi per i piloti? In zona abbiamo "personale altamente qualificato"... «Se si riferisce a Patrese e Luca Baoder, magari riuscissi ad averli. Ma Riccardo ha già avuto il massimo, non so se vorrebbe sedersi su una vettura che non ha tutto quel potenziale. Ma i piloti per noi non sono un grosso problema, ce ne sono tanti di bravi sui cui scegliere. Certo mi piacerebbe un italiano come prima guida. Ci capiamo meglio sia tecnicamente che economicamente. Lo straniero che arriva e porta soldi pretende, quello che non li ha si comporta freddamente».

Uno sguardo verso Benetton?

«Farci aiutare da loro sarebbe il massimo. Ma prima voglio dare dei risultati. E' la mia migliore garanzia».

Mauro Giacon